Ben Affleck Roma ARGO conferenza stampa roma
Ben Affleck a Roma - Foto di Francesco Madeo © Cinefilos.it

Proprio come l’uomo pipistrello Batman, anche la sua ultima incarnazione cinematografica interpretata dall’attore statunitense Ben Affleck sembra vivere una doppia vita: “di giorno”, divo hollywoodiano dalla faccia non particolarmente espressiva e dalla carriera costeggiata da blockbuster e gossip; “di notte”, sorprendente autore capace di destreggiarsi- con maestria –tra film e sceneggiature complesse ed intellettuali, firmate da lui stesso o da registi di culto.

 

Possiamo azzardarci a definire questo attore californiano di nascita, ma bostoniano nell’anima, come un complesso cubo di Rubick, un intricato rompicapo dalla forma geometrica, stabile, ma dalla risoluzione incerta, che richiede tempo per decriptare il segreto del suo mistero.

Forse è proprio questo l’aspetto più interessante di questo attore che-come già accennato in precedenza- non brilla per le sue indimenticabili performance sul grande schermo, ingabbiato in una presenza imponente ed esteticamente d’impatto, con quel volto da bravo ragazzo americano: dietro questo aspetto c’è una carriera in bilico tra successo ed insuccesso, rovinose cadute e trionfi luminosi, estremi vissuti sembra in bilico sul filo dell’eccesso, sia in ambito professionale che sentimentale. Poche le costanti stabili che hanno segnato la vita di Ben Affleck, sicuramente due non sono trascurabili: la passione per la Musa dell’Arte e l’amicizia, storica ed inossidabile, con Matt Damon, compagno di giochi, confidenze, sogni, bevute e progetti fin dall’età di otto anni.

Il vero “talento” nascosto di quest’attore è proprio la sua capacità sottile di viaggiare sempre nel grigio, in quel “non luogo” misterioso che si trova tra le valli pirotecniche del bianco e del nero, del trionfo e dell’insuccesso; una capacità che gli ha permesso di vivere infinite vite bipolari nonostante i suoi quaranta tre anni.

Dopo aver affrontato il divorzio dei genitori ad undici anni ed i primi approcci con la recitazione (un programma messicano per bambini girato a soli sette anni), capisce che la sua strada è quella della recitazione, dello spettacolo, e non quella dell’insegnamento che la madre avrebbe preferito per lui. Una passione, quella per l’Arte, che scorreva nel suo sangue e che aspettava solo di irrompere con fragore: anche suo padre, a sua volta attore, negli anni ’60 aveva condiviso il palco con Dustin Hoffman, Robert Duvall, Blythe Danner, Jon Voight e James Woods.

Mentre frequentava la Cambridge Rindge and Latin High School passava tutto il suo tempo libero con l’amico Damon, discutendo- tra un pranzo e l’altro- su come concretizzare il loro sogno di diventare attori; spinti dal loro insegnante di recitazione Gerry Speca si recavano regolarmente a New York per provini ed audizioni, nella speranza di riuscire a salire sul treno giusto dei vincitori; treno che comunque tardava ad arrivare, nonostante qualche ruolo saltuario collezionato dai due al cinema. Proprio perché insoddisfatti dalle sceneggiature che leggevano, i due amici decisero di scriverne una a quattro mani: la storia di un ragazzo, genio della matematica, ma talmente turbolento da essere impossibile da gestire e incapace di relazionarsi con l’esterno, nonostante il suo enorme talento. Quella sceneggiatura si chiama-fin dalla prima stesura- Good Will Hunting (Will Hunting Genio Ribelle) e fu ridicolizzata da uno degli insegnanti di scrittura creativa di Affleck ai tempi dell’università.

Chissà se, dopo il Premio Oscar ricevuto proprio nel 1997 per quella sceneggiatura, che fu inoltre uno dei successi commerciali al botteghino dello stesso anno, proprio quel docente ha ripensato a quel ragazzo un po’ irrequieto al quale aveva stroncato un sogno, con un paio di parole assestate bene (e, per fortuna, senza riuscirci).

Prima di vincere l’Oscar in coppia con Matt Damon, Ben Affleck aveva comunque già collezionato una serie interessante di ruoli e film, alcuni divenuti nel corso degli anni anche oggetti di culto: parliamo di Dazed and Confused (1993, regia di Richard Linklater), Glory Daze (1995), Chasing Amy (1997, diretto dall’amico Kevin Smith col quale tornerà a collaborare molto spesso nel corso degli anni); nel frattempo continuò a collezionare lusinghiere recensioni sulle sue performance anche dopo l’uscita del drama Going All the Way (1997). Ma il 1997 fu l’anno in cui il suo successo esplose grazie ad un film handmade dai due amici di sempre Damon-Affleck: quel Good Will Hunting scritto per la prima volta nel 1992 dal primo, che doveva consegnare quaranta pagine di elaborato per il corso di scrittura. Successivamente, quando si trasferì nell’appartamento di Affleck, cominciarono a mettere “nero su bianco” quelle idee nate durante le improvvisazioni, dando loro una solida struttura e inserendo una serie di aneddoti legati alle loro esperienze di vita a Cambridge, la loro cittadina dove decisero di ambientare il film.

Nel 1994 vendettero la sceneggiatura alla casa di produzione Castle Rock, quando Affleck aveva ventidue anni; nel corso degli anni ricevettero note da parte di registi come Ron Reiner, William Goldman e Terence Malick, ma nessuno di loro era interessato ad adattare la loro sceneggiatura: dopo una lunga disputa con la Castle Rock cercarono di persuadere la Miramax a produrre il “loro” film, e ci riuscirono, coinvolgendo Gus Van Sant alla regia e il compianto Robin Williams (che, a sua volta, vinse un Oscar per questo ruolo) accanto a Damon e Affleck stessi. Solo dopo aver vinto sia il Golden Globes che l’Oscar per la miglior Sceneggiatura Originale i due si sentirono realizzati, sulla vetta del mondo e pronti a vivere il loro sogno.

In tal modo Affleck ebbe accesso immediato- e dalla porta principale- alla Mecca del Cinema hollywoodiano: negli anni successivi- alle soglie del 2000- colleziona una serie di ruoli mainstream che gli permettono di assurgere al ruolo di protagonista in pellicole importanti, famose e “fracassone”: Armaggeddon (1998, Michael Bay), Shakespeare in Love (1998) accanto alla fidanzata del periodo Gwyneth Paltrow insieme ad una reunion con gli storici amici Smith e Damon sul set di Dogma (1999), Forces of Nature (stesso anno, accanto a Sandra Bullock), 200 Cigarettes (con Courtney Love), Reindeer Games (2000, con Charlize Theron), Boiler Room (2000),  Bounce (2000, per l’ultima volta accanto alla ormai ex Paltrow), Pearl Harbor (2001, sempre di Bay),  Jay and Silent Bob Strike Back (2001, sempre un’altra opera di Smith), Changing Lines e The Sum of All Fears, due ottimi action nei quali divide la scena con Samuel L. Jackson e Morgan Freeman. Ma, come in ogni (quasi) fiaba moderna che si rispetti, questa catena infinita- e crescente- di successi doveva incontrare, prima o poi, lungo il suo percorso, un ostacolo, che ha portato la carriera di Affleck ad una lieve e costante inflessione che rischiava di parlo scivolare nel dimenticatoio delle “ex” stelle brillanti del firmamento hollywoodiano: sarà stato per via del clamore mediatico della sua turbolenta love-story con Jennifer Lopez, con la quale ha condiviso (oltre alle copertine dei tabloid) le scene in pellicole (dimenticabili) come Gigli (2003) e Jersey Girl (2004), girato ancora da Smith dopo la separazione della coppia. Altre recensioni negative e critiche lo investirono per via delle sue performance in pellicole come Daredevil (2003, sul set del quale ritrovò- dopo Pearl Harbor– la sua attuale ex- moglie Jennifer Garner, lasciata dopo dieci anni di matrimonio e tre figli); lo sci-fi Paycheck (2003, accanto ad Uma Thurman), la commedia natalizia del 2004 Surviving Christmas: tutti ruoli che sembravano ormai aver sancito l’oblio della sua luminosa stella, tanto da spingerlo a prendersi una pausa dai set per cercare di ritrovare un minimo di controllo sulla sua vita e sulla sua carriera, destinata altrimenti a peggiorare.

La vita di Ben Affleck, da sempre in precario equilibrio sull’indeterminatezza, sembrava aver definitivo “invaso” una delle due valli che costeggiano quel grigio non luogo nel mezzo: ma il 2006 è stato l’anno che ha riconfermato questa abilità dell’attore californiano di sapersi reinventare, un po’ come un gatto dalle sette vite. Durante l’anno gira due piccoli film come Man About Town e Smokin’ Aces prima di balzare di nuovo sotto l’occhio sgranato dei riflettori con la sua interpretazione del primo Superman della storia, il compianto attore George Reeves nel Noir Hollywoodland: per la sua performance vince una Coppa Volpi a Venezia e rilancia la sua carriera, tornando a collaborare per l’ultima volta anche con Kevin Smith per il suo Clerks II. Dal 2007, oltre a compiere scelte professionali più interessanti sul versante attoriale, sceglie di affiancare alla recitazione la regia, che da sempre lo affascinava; proprio allo stesso anno risale il suo debutto con il thriller Gone Baby Gone nel quale recita il fratello Casey. Nel 2009 torna a mostrare le sue doti brillanti nella commedia He’s Just Not That Into You (La Verità è che non Gli Piaci Abbastanza) con un cast all-star che si rivela essere un vero e proprio successo al botteghino; seguono State of Play, remake di una miniserie tv britannica, a fianco a Russel Crowe e Rachel McAdams, Extract, The Company Men (2010)  che ricevono ottime critiche, prima di tornare dietro la macchina da presa nello stesso anno con un nuovo thriller teso e drammatico, The Town, con Jon Hamm, Jeremy Renner, Chris Cooper and Blake Lively: un Heist-Movie che- al contrario del precedente Gone Girl- ha un buon successo al botteghino e riceve ottime critiche, che fanno da apripista al successo clamoroso della sua terza regia, quell’Argo che sbancò alla notte degli Oscar facendogli vincere un altro premio per il Miglior Film dell’anno, ma senza fargli ottenere nessuna candidatura come regista. Dopo aver interpretato il protagonista della fatica di Terence Malick To the Wonder (2013), dove riceve ancora ottime critiche, come pure per la sua performance in un film trascurabile come Runner Runner, citato proprio per via della sua curiosa e vivida interpretazione di un ricco criminale appassionato di poker. Le successive ottime scelte di Affleck, che lo hanno portato fino al 2016 e all’uscita in sala di Batman Vs. Superman, sono state rappresentate dal thriller di David Fincher Gone Girl (2014), dal suo ritorno alla regia con Live By Night con protagoniste (per adesso) Zoe Saldana, Sienna Miller ed Elle Fanning e del nuovo film di Gavin O’Connor The Accountant.

Tutto questo, mentre il 23 Marzo si avvicina il “giorno del giudizio” che potrebbe avere un effetto dirompente sulla sua carriera: si prepara ad affrontare il peso iconografico di un ruolo da supereroe, in particolare quel Batman già incarnato da altre grandi star e che stavolta, nella pellicola di Zack Snyder Batman Vs Superman- Dawn of Justice vede il volto di Ben Affleck coincidere con il personaggio del misantropo miliardario Bruce Wayne, di notte salvatore del popolo di Gotham.

Riuscirà Affleck a rilanciare la sua carriera su vasta scala ancora una volta, con un cinecomic tanto atteso, che potrebbe farlo tornare ai fasti del ’97, fin sulla vetta del mondo? In fondo, la valle del grigio non è ancora stata esplorata fino in fondo, e Ben Affleck– da buon supereroe- potrebbe riservare ancora qualche sorpresa al pubblico.

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