Lolita: recensione del film di Stanley Kubrick

Lolita film

Lolita è il film del 1962 di Stanley Kubrick con protagonisti nel cast James Mason (Prof. Humbert), Shelley Winters (Charlotte Haze), Sue Lyon (Lolita) e Peter Sellers (Clare Quilty)

 

Trama del flm Lolita: Il professore Humbert, cinquantenne divorziato, lascia l’Europa e si trasferisce in America per tenere una serie di conferenze. Va a pensione presso la signora Haze, petulante vedova che presto cerca di sedurlo.

La donna ha una figlia adolescente, Dolores, detta Lolita: Humbert se ne invaghisce morbosamente, e arriva a sposare la vedova per restare in America e non staccarsi dalla ragazza. Dopo pochi mesi di matrimonio, la signora Haze viene investita mortalmente: si realizza così un ferale progetto già accarezzato, e per poco non messo in atto, dal professore, che può dedicarsi al suo malato sogno d’amore e possesso per Lolita. Tra i due nasce una torbida e intermittente liason, su cui gravano i sensi di colpa del protagonista, gli occhi indiscreti della folla e un ambiguo e astuto scrittore, Clare Quilty, ben deciso a far sua Lolita.

Lolita, l’analisi

Lolita, tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, è il sesto lungometraggio di Stanley Kubrick, penultimo in bianco e nero. Il cineasta affida a Nabokov la sceneggiatura e sfrutta il romanzo del russo (che gli offre ottime sponde) per raccontare l’asfissiante storia del desiderio del professor Humbert per l’adolescente Lolita. Un pervasivo mix di ironia e di grottesco,  fedeli militi kubrickiani, preserva salutarmente il film da baratri melodrammatici.

Il racconto è diviso in due macroblocchi dalla morte della signora Haze; nel primo, si stringe attorno al protagonista Humbert una prigione fatta di convenzioni sociali, avances indesiderate e lotta (persa in partenza) col desiderio; nel secondo, il personaggio di James Mason è attanagliato dal sentimento morboso per Lolita, fino ad esserne logorato. La gabbia è continua, crudele, una persecuzione opprimente: se ne scappa colo con rimedi e gesti estremi.

Lolita, il capolavoro di Stanley Kubricl

Come accade nel romanzo, anche nel film l’erotismo e lo scandalo sono costruiti per sottrazione, dicendo e mostrando poco: la sessualità cade sotto i colpi delle ellissi o si fa parola sussurrata in un a parte a spese dello spettatore; e la sensualità di Lolita è tutta nel di lei piede che ingombra lo schermo mentre scorrono i titoli d’apertura.

Giova all’intero film l’incipit con un fatto di sangue che si verifica alla fine della storia, permettendo allo spettatore di concentrarsi sull’evoluzione del rapporto Humbert-Lolita e sulle viscide scorribande di Clare Quilty, personaggio che con le sue trovate e i suoi travestimenti di dimostra attore (fingendo dentro la finzione) in gamba almeno quanto quel grande Peter Sellers che gli dà vita, e che con il suo estro improvvisato – è cosa nota – ha modellato la scrittura del film.

Sottile l’utilizzo della voce narrante: è Humbert che parla, racconta, con interventi utili all’organizzazione del racconto. Si tratta di una voce di natura misteriosa: a fine film, fatti alla mano, allo spettatore più attento verrà da chiedersi da quale “luogo narrativo” il professore si esprima.

C’è un Kubrick sottile e meno adatto alle t-shirt, tutto da scoprire (senza rinnegare i ragionevoli culti di Arancia Meccanica e simili): Lolita ne è un’assolata e imperdibile creatura.

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