Leones – recensione

Anno: 2012

 

Regia: Jazmin Lopez

Analisi: Jazmin Lopez, nata nel 1984 in Argentina, è regista, sceneggiatrice e pure coproduttrice del suo film d’esordio Leones, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti. Cinque adolescenti (tre maschi, due femmine) s’inoltrano in un bosco. Subito, lo spettatore pensa che loro abbiano una meta precisa. Questa potrebbe essere una casa, ascoltando i dialoghi fra i ragazzi. Nel proseguimento della narrazione, sembra che loro si perdano. Una casa effettivamente è raggiunta, ma essa ha le porte sbarrate. Allora, i ragazzi troveranno nell’acqua un nuovo punto di riferimento: sia guardando a se stessi (con l’ambiente lacustre che si percepisce sempre astrattamente), sia assumendo una responsabilità sociale (in riva al mare, dove la qualità sublime dell’orizzonte limita il nostro sguardo e ci sprona ad agire, con la metafora delle onde). All’inizio del film, la macchina da presa insegue gli escursionisti, da dietro. I volti non si vedono molto, tranne che nel loro profilo, quando vogliono parlarsi. La regista ama il piano-sequenza: i ragazzi entrano un po’ alla volta in scena, comparendo da destra e da sinistra. E’ come se anche noi dovessimo districarli, nella loro caratterizzazione, aprendoci un varco narrativo, sulla ramificazione scenografica. Nel film di Rob Reiner Stand by me, i giovani escursionisti alla fine dovranno maturare, imparando che si vive avendo una consapevolezza sociale. Ciò accadrà persino tramite la forza, nell’episodio d’una minaccia con la pistola.

Nel film di Jazmin Lopez, la macchina da presa invece tende ad abbandonare i ragazzi. Astrattamente, essa inquadra il cielo oltre i rami, che, mossi dal vento, si percepiranno nell’antropomorfismo uditivo d’una loro respirazione. Se l’inquadratura si rende più documentaristica, quando la macchina da presa ci descrive qualcosa lentamente ed a 360°, è solo per meccanizzare la vegetazione. Il filo di un walkman corre sopra un tronco, conferendogli paradossalmente una linfa inorganica. La carrozzeria sfasciata dell’automobile si percepisce partendo dalla corteccia lignea: la prima può drammatizzare (col rinvio all’incidente stradale) la malinconia della seconda (che perde una parte di se stessa, nel suo rinnovo stagionale). Dunque, sembra che la vegetazione boschiva eviti di rendere idilliaca la vitalità dei ragazzi, aventi le prime esperienze sentimentali. Il walkman permette d’ascoltarne il dialogo, quando essi stavano in automobile, dovendo raggiungere il punto di partenza per l’escursione. Inevitabilmente, cresce la suggestione che i ragazzi abbiano avuto un incidente stradale. L’inoltrarsi ed il perdersi nel bosco diventerebbero quasi punitivi (come accadeva nel film Amanti criminali, di Ozon). La comparsa in scena della pistola è forse eloquente. Sembra che i ragazzi possano usarla da un momento all’altro, soprattutto fra i tre maschi (che si contendono l’affetto femminile). La protagonista del film diventa Isabel. A differenza degli altri, lei ammetterebbe la sua inquietudine esistenziale. Sin dall’inizio, Isabel non vorrebbe proseguire l’escursione. Lei ha pensieri sociali (comunitari), ad esempio lamentandosi che noi conosciamo poco e male gli dei (le credenze degli altri). La regia sceglierà d’inquadrare Isabel lontano sia dai quattro compagni sia dal bosco, camminando nella duna sabbiosa, che positivamente porti alla freschezza del mare.

Nel film di Jazmin Lopez, l’elemento dell’acqua ci pare esteticamente importante. Quando i ragazzi nuotano in apnea, i loro corpi si ramificano visivamente, per il loro ondeggiamento. Tornati a riva, essi giocano a pallavolo, ma solo virtualmente. Ci ricordiamo qualcosa di simile nel film Blow-Up di Antonioni, col tennis. La macchina da presa segue la traiettoria solo virtuale del pallone, in aria, narrando una ramificazione fra i corpi che, forse, ondeggeranno nei sentimenti: ogni adolescente ha avuto un carattere volubile! Per questo, piace la scena di Isabel, che sceglie d’andare incontro al mare. E’ il momento in cui l’adolescente maturando non s’aggrappa alla sua vita, in quanto crea l’aggrapparsi degli altri su se stesso.

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