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Un uomo mediorientale attraversa il confine del Vermont dichiarando di essere lì per affari. Presto i nostri dubbi sono confermati e sappiamo che si tratta di Majid Javadi (Shaun Toub), arrivato negli USA per incontrare Carrie Mathison (Claire Danes).

Saul (Mandy Patinkin) informa Quinn (Rupert Friend) dell’operazione segreta, chiedendogli di controllare Carrie durante la sua assenza. Infatti, Saul deve partire per partecipare a una caccia alle anatre organizzata da Higgins (William Sadler), il Capo di Stato Maggiore della Casa Bianca; durante l’evento sarà presentato il nuovo Direttore della CIA. Tra gli invitati c’è anche il senatore Lockhart (Tracy Letts). Nel frattempo, poiché Dana (Morgan Saylor) è ancora in fuga con il suo ragazzo, Jessica (Morena Baccarin) si rivolge a Carrie pregandola di aiutarla. Mettendo a rischio l’operazione, l’agente trova il modo di riportare Dana a casa, con l’aiuto di Max (Maury Sterling), Virgil (David Marciano) e Quinn. Quando sembra che la copertura di Carrie e l’incontro con Javadi siano saltati, due uomini entrano in casa dell’agente e la rapiscono.

– Siamo tornati in gioco.

– È da sola, Saul.

– È sempre stata da sola.

homeland_ss (2)Queste sono le battute finali tra Quinn e Saul, poco dopo aver scoperto il rapimento di Carrie da parte degli uomini di Javadi. La tensione accumulata in questi cinque episodi svanisce, o meglio, si trasforma in suspense e paura nel minuto conclusivo di The Yoga Play, quando Carrie si trova di fronte a Javadi nel suo nascondiglio. Dopo esserci scervellati a lungo per capire in quale momento collocare l’inizio della messinscena tra mentore e discepola, è lo stesso Saul a rivelarcelo: fin dal principio. Ciò dimostra la cura con cui Howard Gordon e Alex Gansa hanno pianificato il coinvolgimento del pubblico: prima lo hanno distratto con la finta faida tra Saul e Carrie e i possibili danni collaterali e poi, quando è stato reso partecipe dell’inganno, gli hanno suggerito il fallimento di quell’operazione così articolata e pericolosa. Questo è sempre stato il punto forte di Homeland: chi è dietro allo show non si è mai dimenticato di chi c’è davanti, di chi lo segue e vuole sentirsi sulle spine, vuole decifrare l’enigma.

Lo sceneggiatore Patrick Harbinson (24, Law & Order: Special Victims Unit) struttura l’episodio nell’arco di un giorno e intorno alla vicenda principale di Carrie, alla quale si legano la secondaria di Saul e le due subordinate di Dana e Javadi. Carrie interagisce con almeno un personaggio di questi diversi episodi narrativi, creando multipli poli d’attenzione tra i quali lo spettatore si muove, mentre tiene costantemente d’occhio il filone principale. Da non sottovalutare è l’evoluzione del rapporto tra Carrie e Quinn, che potrebbe fornire qualche nuovo spunto drammatico con il ritorno di Brody a Washington, se mai ritornerà. Infatti, dopo la sua prima apparizione nel terzo episodio, l’ex-marine è ancora assente (ingiustificato).

homeland_ss (3)Torna a dirigere per la seconda volta in questa stagione Clark Johnson (The Shield, Copper). Grazie a inquadrature strette e sporche, per incorniciare dialoghi privati (Carrie e Quinn, Saul e Lockhart), e la camera a mano, per sottolineare i turbamenti emotivi e psicologici di Dana, la regia risulta semplice ed efficace. Aiutato da una fotografia quasi del tutto priva di luce verso il finale, Johnson mostra con chiarezza la strada tortuosa che porta al climax drammatico.

Le guest star d’onore sono William Sadler (The Pacific, Roswell) e Shaun Toub (Iron man, Castle). Il cast continua a essere impeccabile e a Danes e Patinkin basta pochissimo per soggiogare lo spettatore fino alla sigla finale. Tuttavia, quando l’episodio si conclude, ci chiediamo sempre la stessa cosa: dov’è Brody?

Il prossimo episodio, Still Positive, andrà in onda il 3 novembre su Showtime e l’11 novembre su Fox.

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