“Il potere è sempre pericoloso; attrae i peggiori e corrompe i migliori”: le parole di Re Ragnar a Bjorn sembrano essere sagge, ma guardando alla lunga scalata al potere che ha visto un semplice agricoltore trasformarsi in un sovrano nel giro di 2 stagioni il dubbio che il suo monito non sia del tutto sincero inizia a farsi sentire; comincia così la terza stagione di Vikings, la serie scritta da Michael Hirst che fondendo storia, leggenda e mitologia ci ha permesso di respirare a pieni polmoni la magnetica atmosfera che da sempre avvolge il popolo favorito da Odino.
L’impegno per la riconquista della Mercia in cambio di terre non è stato dimenticato da Re Ecbert, che sollecita l’intervento di Ragnar in favore dell’impresa dell’audace principessa Kwentrith: alla corte del Wessex, le forze dei vichinghi e degli Inglesi banchettano alla stessa tavola dandoci l’opportunità di sentire duellare le differenti inflessioni linguistiche dei due gruppi, senza soffrire la semplificazione solitamente operata con l’inglese per maggiore praticità e immediatezza.
Prima di intraprendere la missione, Ragnar lascia indietro una regina Aslaug spenta e intristita dall’indifferenza del marito verso di lei e soprattutto verso il piccolo Ivar, affetto da una deformità che minerebbe i sogni di gloria di qualunque guerriero; la scintilla che aveva cambiato le carte in tavola alla fine della prima stagione sembra dunque sul punto di affievolirsi e sarà interessante scoprire quali sorprese attendano il nostro protagonista, incline a lasciarsi condizionare incautamente dal cuore in più di un’ occasione.
Scene di battaglia girate splendidamente, assoluta devozione alla ricostruzione del periodo storico e personaggi complessi e mai scontati: Vikings è tornato in gran forma, deciso a condurci ancora una volta nel mondo lontano di sogni, ambizioni e vendette che ha plasmato la leggenda di Ragnar Lothbrok.