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Los Angeles, fine anni ’70 e inizio anni ’80, sesso droga e rock’n roll, tutto immerso nelle atmosfere peccaminose e violente della città degli angeli. Questa è Wicked City e a raccontarla al Roma Fiction Fest è arrivata Erika Christensen, che nello show interpreta Betty Beaumontaine.

 
 

“Quello che mi interessava di più di Betty è che cambia molto nell’arco della serie. All’inizio la conosciamo come una mamma single che però poi incontra questo personaggio e si evolve”.

-Che rapporto c’è con la città di Los Angeles nella serie?

“È una buona domanda. Los Angeles era negli anni ’70 e ’80 la capitale d’America per gli omicidi, ma era anche una fervida culla per a musica. Una grande parte della storia è ambientata sui boulevard della città, il creatore e scrittore, Steven Baigelman, si è lasciato molto ispirare da quel contesto. C’è tanta vita, la musica, la cultura del ‘sesso droga e rock’n roll’, Los Angeles è come un altro personaggio e volevamo che fosse molto presente e che si scoprisse il tessuto di questa realtà ora così lontana”.

-I fan ti amano per il tuo personaggio di Parenthood. hai mai avuto esitazione a scegliere un ruolo così diverso rispetto al precedente?

“In realtà per me è stato molto divertente, soprattutto dopo sei anni che interpreti lo stesso ruolo. Si tratta di un lungo periodo per un attore. Da una parte ero eccitata per questa novità, ma volevo anche che i fan fossero consapevoli, avvertiti che si trattava di una cosa diversa. Non potevano certo guardare la tv con i loro figli come in precedenza”.

-Che rapporto hai con la cultura degli anni ’80, così importante nella serie?

“La amo molto, e mi sono divertita a interpretare questa donna così diversa da me, dagli abiti, al trucco fino ai capelli. Soprattutto la musica degli anni ’80 mi ha molto divertita, perché tutto è stato concentrato in un solo posto. Tutto mi ha aiutato a entrare nel personaggio di Betty”.

-Quali sono stati i tuoi riferimenti reali per costruire il personaggio?

“Ci sono e ci sono state diverse donne realmente esistite che hanno avuto rapporti con uomini del crimine. Ad esempio Bonnie di Bonnie e Clyde è una buona fonte di ispirazione, ma se per lei era la fama ad attrarla verso questo criminale, per il mio personaggio si tratta più di potere, di eccitazione nel fare qualcosa di sbagliato. E poi la cosa che mi piace molto di lei è la storia che si porta dietro, la vita durissima che ha alle spalle. È una persona profondamente ferita. In termini tradizionali è un personaggio negativo, ma è influenzata da qualcuno che è più forte di lei e resta comunque una buona madre. Diciamo che le persone la amano come personaggio, ma allo stesso tempo hanno paura di lei”.

-Stiamo vivendo nella golden age della tv, lei preferirebbe tornare in tv o lavorare al cinema?

“La cosa positiva è che non devo scegliere, posso fare entrambe le cose, si tratta di due lavori diversi. Sicuramente mi chiedo cosa i miei fan vorrebbero da me e rimane l’idea di lavorare in tv, ma non escludo un passaggio al cinema, visto che è da li che vengo”.

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