Julie Delpy

Chi ama le commedie romantiche certamente la ricorda come protagonista di una saga cinematografica sull’amore piuttosto sui generis, che l’ha portata al grande successo ed ha raccolto grande consenso di pubblico, tanto che oggi giunge al suo terzo capitolo: Before midnight di Richard Linklater. Nato come piccolo esperimento di cinema indipendente con Prima dell’alba – Before sunrise (1995), americano ma senza gli stilemi del blockbuster hollywoodiano, anzi con un’anima europea, che lo connette in maniera intelligente a certo cinema francese, il progetto ha saputo fidelizzare il pubblico e nutrire di dense aspettative i lunghi anni di attesa (nel 2004 esce Prima del tramonto – Before sunset e ora appunto, dopo altri nove anni, eccoci al terzo momento). E la protagonista non poteva essere che lei: eterea bellezza d’oltralpe, doppiamente figlia d’arte, approdata presto negli Usa, dove ha portato la sua semplicità e si è fatta apprezzare per quell’“esotica” aria parigina, scevra però da snobismo e altezzosità. Un’attrice maturata artisticamente negli anni, proprio come la trilogia cui ci si riferiva. Chi l’ha seguita fin dalla sua prima fase, quella europea, ne ricorderà gli inizi con partecipazioni nelle pellicole di Godard, o il ruolo da protagonista in Tre colori: Film Bianco di Kieslowski (1994). La nostra attrice è stata però diretta anche da Carlos Saura (La notte oscura, 1989), Mika Kaurismäki (Los Angeles senza meta, 1998) e Agnieszka Holland (Europa Europa, 1990). È anche regista, sceneggiatrice e produttrice, oltre che cantante.

 

Stiamo parlando di Julie Delpy, nata a Parigi il 21 dicembre del 1969, figlia del regista teatrale Albert Delpy e dell’attrice Marie Pillet. I genitori le fanno frequentare fin da bambina il mondo del teatro e conoscere l’arte in tutte le sue forme, cui la bambina presto si appassiona.

È appena un’adolescente quando viene scoperta da Jean-Luc Godard, che le dà una piccola parte in Détective (1985). Due anni dopo si guadagna la nomination al César come attrice più promettente, grazie alla sua partecipazione a Quarto comandamento di Bertrand Tavernier: cupa storia di ambientazione medievale, in cui Julie Delpy interpreta la giovane Beatrice De Cortemart, che uccide il padre dopo esserne stata violentata. In quello stesso periodo, l’attrice fa il suo primo viaggio a New York, dove poi studierà regia alla New York University’s Tisch School of Arts. La prima vera occasione di notorietà arriva con il ruolo della giovane Leni in Europa Europa di Agnieszka Holland, per cui impara anche il tedesco. Il film, tratto dalle memorie di Salomon Perel, vince il Golden Globe come miglior pellicola straniera.

Un’importante evoluzione nella carriera della Delpy è rappresentata senz’altro dal lavoro fatto sotto la direzione di Kieslowski per la trilogia legata alla Francia e ispirata ai colori della sua bandiera. Il personaggio interpretato dall’attrice, Dominique, è marginale sia nel Film Blu (1993)  che nel Film Rosso (1994), ma è protagonista nel Film Bianco (1994), il secondo della trilogia, l’unica commedia, sebbene dai toni non troppo leggeri e anzi caratterizzata dagli estremi: amore, ma anche dolore, crudeltà e vendetta. Kieslowski è premiato con l’Orso d’Argento a Berlino.

Il 1995 è un anno di svolta. Delpy passa alla regia col cortometraggio Blah, blah, blah e inaugura il fortunato sodalizio con il regista Richard Linklater che la vuole accanto a Etahn Hawke per una commedia romantica indipendente dal sapore anglo europeo: Prima dell’alba. Non ha ambizioni smodate, e forse anche per questo si rivela un piccolo capolavoro nel suo genere, tra i più apprezzati della decade. È quello che ha il merito di dare alla Delpy e a Hawke la grande popolarità internazionale. Julie Delpy ha affermato di essersi occupata anche della scrittura di molti dei dialoghi del suo personaggio: la studentessa parigina Celine, che incontra per caso sul treno il giovane Jesse/Hawke e si fa convincere a scendere con lui a Vienna e passare la serata insieme fino all’indomani mattina, in attesa della coincidenza che il ragazzo deve prendere per tornare in America. È una proposta bislacca, un’avventura e sarà l’occasione per conoscersi, parlare di tutto e innamorarsi. Delpy e Hawke, oltre che giovani e belli, sono spontanei e naturali, nonostante il film sia molto “scritto”. Portano infatti interamente sulle loro spalle un film fatto di fitti dialoghi, in cui Vienna resta sullo sfondo per lasciare spazio all’incontro di due  anime gemelle. A proposito della costruzione, di per sé un po’ rigida, del film la protagonista ha dichiarato: “L’obbiettivo era di rendere il film abbastanza entusiasmante, anche se ha una struttura limitata – due persone che parlano per un’ora e mezza”. Il finale aperto, poi, crea i presupposti per i capitoli che seguiranno, diventando un caso e un successo clamoroso. Anche se su questo Delpy sembra muoversi con cautela: “Non ha incassato milioni di dollari in sala, ma abbastanza perché potessimo farne un secondo”. E non era per nulla scontato che dopo nove anni il pubblico ricordasse la vicenda e fosse tanto legato al film da voler assistere al sequel, cosa che invece si è puntualmente verificata. Così come non lo era il fatto che il regista scegliesse di puntare sulla stessa coppia dopo nove anni e poi ancora dopo altri nove. Non era neppure detto che il pubblico, specie quello americano, rimanesse legato a una commedia come questa, che si prende i suoi tempi e i suoi ritmi, molto più simili a quelli della realtà, che non all’incedere incalzante della commedia romantica scoppiettante all’americana. La critica accoglie il lavoro molto positivamente, accostandolo al cinema francese più che alla sensibilità della commedia sentimentale made in Usa. Linklater vince l’Orso d’Oro a Berlino.

Ormai lanciata nel panorama internazionale, nel 1998 Julie Delpy è chiamata da Mika Kaurismäki per una parte in Los Angeles senza meta. La vediamo poi in vari altri progetti tra Europa e America, compresi alcuni episodi della serie tv E.R. – Medici in prima linea (2001). Prosegue la sua carriera da regista nel 2002 con il suo primo lungometraggio, da lei anche scritto e prodotto, Looking for Jimmy. Ormai vive stabilmente a Los Angeles e ha ottenuto la cittadinanza americana, pur conservando anche quella francese.

Nel 2004, a nove anni di distanza dal fortunato predecessore, Delpy veste di nuovo i panni di Celine e Hawke quelli di Jesse per Befor sunset. Nove anni sono passati non solo per gli attori, ma anche per i due personaggi da loro interpretati nel film, che si ritrovano e ancora una volta, sembrano avere poco tempo a disposizione per vivere un’altra manciata di momenti indimenticabili insieme e trarre un primo bilancio delle loro esistenze. Jesse è diventato uno scrittore di successo, proprio raccontando la singolare storia del suo incontro con Celine, che ora scrive canzoni e ha un rapporto assai complicato con l’amore. Come sempre i dialoghi hanno il peso maggiore, ma se nel primo capitolo riflettevano la spensieratezza e certa ingenuità giovanile, oltre al desiderio di aprirsi all’altro e conoscersi, qui c’è il confronto tra due diversi stili di vita, due strade, che ciascuno ha intrapreso senza l’altro, ma entrambe profondamente legate a quella breve esperienza comune. L’inevitabile interrogativo è: cosa sarebbe successo se …? Cosa può ancora succedere? C’è posto per rimpianti e recriminazioni, ma anche per scoprire che i sentimenti sono intatti e che il tempo sembra non essere passato. Tutt’altro che stanco, questo seguito ha una sua anima pulsante, diversa, ma ugualmente forte rispetto a quella del precedente. È agrodolce, romantico e amaro al tempo stesso e trova ancora una volta nei suoi due protagonisti le colonne portanti su cui reggersi. Due attori ormai perfettamente a loro agio in questi ruoli, cui sanno dare spessore e consistenza. Delpy collabora alla sceneggiatura e per questo ottiene anche una nomination all’Academy. Inoltre, fa entrare anche tre suoi brani musicali nel film – nel frattempo, infatti, l’attrice ha esordito anche come cantante. Altro grande successo, dunque, per quello che ormai con ogni evidenza ha oltrepassato i confini del piccolo film indipendente.

Il 2005 la vede partecipare a Broken Flowers di Jim Jarmush, protagonista Bill Murray. Nel 2007, invece, prosegue e intensifica il suo lavoro da regista uscendo con 2 giorni a Parigi, da lei anche scritto, prodotto e montato. Qui Delpy è Marion e recita accanto ad Adam Goldberg/Jack. Sempre alle prese con le difficoltà di coppia, con un amore europeo-americano e con poco tempo a disposizione per trovarsi o ritrovarsi o allontanarsi definitivamente. La pellicola sarà seguìta nel 2012 da 2 days in New York. Nel 2009 nasce suo figlio dall’unione con il compositore tedesco di colonne sonore Mark Streitenfeld.

Presto la vedremo vestire di nuovo i panni del suo personaggio più fortunato, Celine, accanto a Ethan Hawke, in Before Midnight, sempre per la direzione di Linklater. Il film è stato presentato per la prima volta al Sundance Festival il 20 gennaio scorso, mentre la premiere internazionale ha avuto luogo in febbraio al Festival di Berlino, dove il film ha partecipato fuori concorso. Linklater afferma di non aver cambiato nulla nello stile della pellicola. Mentre entrambi i protagonisti sottolineano l’unitarietà del progetto. Hawke lo vede come “Un unico film durato 18 anni”, e Delpy gli fa eco così: “Il film si è evoluto con noi. Riflette anche le nostre vite in qualche modo”. Tutti e tre poi concordano nel sottolineare l’importanza del particolare processo creativo che dà vita alle pellicole: Delpy e Hawke infatti partecipano attivamente alla scrittura della sceneggiatura. Delpy: “È un processo creativo molto intenso, ma grandioso. È pura creatività, e ci divertiamo anche, il che è una buona cosa”. Altro aspetto importante nel quale gli attori individuano il segreto del successo della trilogia è la veridicità, l’onestà dei dialoghi, che l’attrice spiega così: “Quando scriviamo, cerchiamo di mettere più verità possibile.

Quando ho scritto il primo film, ricordo di aver inserito cose che erano molto significative per me a quell’epoca”. Non dialoghi vuoti o banali dunque, ma uno scambio d’idee che rifletteva il più possibile le reali convinzioni e i punti di vista dei due attori. Perché, ribadisce la Delpy: “Se fai qualcosa che è veritiero e reale per te, penso diventi un po’ universale”, perché chi guarda, apprezza quest’autenticità e può riconoscervisi. Altro aspetto importante per la Delpy sceneggiatrice è dare una multidimensionalità ai personaggi, e Celine è forse quello che nel corso degli anni si è evoluto in maniera più complessa: “Quando scrivo cerco di dare diversi lati ai personaggi, in modo che non siano unidimensionali. Più dimensioni hanno, meglio è”. Questo, dice, è un aspetto che l’ha sempre colpita, anche da spettatrice. Riguardo poi alle anticipazioni sulla trama, l’attrice non vuole rivelare nulla se non: “Vedrete come si evolvono realmente le persone nelle storie d’amore; che non è tutto roseo, ma tanto reale quanto sentivamo che fosse giusto”.

Attendiamo dunque l’uscita nel nostro paese per verificare se ancora una volta il team conferma di saper affrontare la tematica amorosa senza retorica e con sempre nuova freschezza.

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