Nascita di una Nazione di David Wark Griffith compie 100 anni

Nascita di una nazione

In più di un’occasione il cinema ha mostrato sui propri schermi i conflitti e le sanguinose battaglie di edificazione che hanno contribuito a formare imperi e nazioni, miscelando storia e finzione con lo scopo di mantenere vivo il sentimento di fedeltà e di unificazione fra i popoli e le proprie origini. Era il lontano 1915 quando il regista americano David Wark Griffith, uno dei grandi padri del cinema narrativo e vero e proprio rivoluzionario del linguaggio filmico delle origini, dopo essere rimasto colpito dal kolossal storico-mitologico italiano Cabiria di Giovanni Pastrone, decise di realizzare un altrettanto maestoso e potente affresco per immagini con cui narrare l’edificazione della nazione americana attraverso la terribile vicenda della Guerra di Secessione, mutuando dal capolavoro italiano del 1914 la struttura narrativa in cui raccontare una grande storia attraverso tante piccole vicende intime ed isolate.

 

Godendo della piena libertà offertagli dalla casa produttrice Mutual e attingendo a piene mani da alcune grandi opere storico-letterarie come History of American People di Willson e grandi romanzi nazionali del calibro di The Clansman e The Leopard’s Spots di Thomas F. Dixon Jr., Griffith riuscì nella titanica impresa di realizzare Nascita di una nazione, una pellicola innovativa e spettacolare dal punto di vista tecnico, narrativo e scenografico, in cui il regista americano racconta in ben 190 minuti le vicende di due famiglie americane, gli Stoneman sudisti e i Cameron nordisti, il cui amore condiviso da parte dei rispettivi figli viene travolto e messo a dura prova dalle catastrofiche conseguente della Guerra Civile, in un arco di tempo che dal 1860 al 1877 vede le piccole storie di affetti e struggimenti muoversi sullo sfondo di alcuni grandi eventi storici, come l’assassinio del presidente Licoln (rappresentato con la solennità e il rispetto di un quadro) e l’avvento dell’abolizionismo per la schiavitù dei neri americani, a cui fa seguito una tremenda rivolta da parte del neonato Ku Klux Klan.

All’interno di questa complessa epopea di celluloide, Griffith ebbe modo di formalizzare e consolidare tutta una serie di espedienti tecnico-narrativi sviluppatisi già all’inizio degli anni ’10 e che diventeranno di li in poi le basi del cinema istituzionale, con una particolare attenzione per l’uso dei raccordi di movimento e direzione (la coerenza negli spostamenti dei personaggi da un’inquadratura all’altra), un uso intensivo dei primi piani poetici per comunicare emozioni e una complessa articolazione negli attacchi fra le inquadrature, soprattutto tramite numerosi montaggi alternati simultanei (sequenze che sivolgono nello stesso momento ma in luoghi diversi), fino a sfociare con quella che diventerà la sua cifra stilistica più innovativa, il last-minute rescue (letteralmente “salvataggio all’ultimo minuto”).

Da un punto di vista narrativo Griffith decise di seguire la sua ormai consolidata poetica, secondo la quale il racconto filmico doveva avere principalmente lo scopo di educare storicamente e moralmente attraverso il mito e la storia, e per questo decise di unire fra loro eventi storici realmente accaduti con puri espedienti di finzione e libere interpretazione, soprattutto nel modo di affrontare il tema dell’abolizione della schiavitù e della libertà della popolazione di colore nel sud. Il regista infatti, facendo trapelare più che chiaramente le sue solide origini sudiste e conservatrici, dipinse i neri come una popolazione di zoticoni e delinquenti, dediti all’alcolismo e mossi dall’ambizione di conquistare il potere politico nel Congresso con l’intento di schiavizzare a loro volta gli abilitanti del Sud, prima di essere fermati in tempo e repressi dal “salvifico” e “provvidenziale” intervento dei membri del Ku Klux Klan, rappresentati come veri eroi della nazione.

A causa di questo più che lampante sostrato razzista e xenofobo, dopo la prima proiezione pubblica americana dell’8 febbraio 1915, Nascita di una nazione venne pesantemente criticato e condannato non solo dai gruppi per il rispetto della dignità delle minoranze etniche, ma soprattutto dal grande pubblico, il quale non approvò per nulla lo sfoggio di retorica conservatrice del regista americano. A questo punto Griffith, per smentire le tremende voci nei suoi confronti, decise di realizzare nel 1916 Intollerance, una nuova epopea cinematografica questa volta chiaramente polarizzata verso l’aperta condanna contro ogni forma di intolleranza e sopruso esercitato nel corso della storia. Malgrado tutte le controversie e le speculazioni che hanno attraversato il film e il suo regista, Nascita di una nazione rimane sempre e comunque uno dei grandi capolavori del cinema americano e internazionale delle origini, un’opera complessa e magnifica nel linguaggio e nelle tematiche, giunta orgogliosamente quest’anno a spegnere le sue 100 candeline, dimostrando una freschezza e una forza che le hanno permesso di arrivare indenne al secolo di vita, testimonianza storica della meraviglia che il cinema è stato in grado di creare e di come esso sia in grado di trasmette ancora oggi i suoi pallidi riflessi.

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