Il cinema di genere ci ha abituati ormai da tempo alla figura del bambino prodigio in grado di vedere o interagire con il soprannaturale. Personaggi come Danny Torrence (Shining) e Cole Sear (Il Sesto Senso) sono stati consacrati nell’immaginario collettivo come pure il più recente Samuel di Babadook. Stando alla sinossi di Somnia, il piccolo Cody – interpretato da Jacob Tremblay, già star di Room –  sembrava poter eguagliare cotali predecessori, quando invece è più plausibile che cada nel dimenticatoio.

 

Senza dimenticare l’immenso debito verso Nightmare di Wes Craven, apripista di un certo cinema di ambito onirico, il già sopracitato (e ottimo) Babadook ci aveva mostrato come gli incubi dei bambini possano rivelarsi reali. E quindi pericolosi. Eppure in Somnia questo concetto, così profondo e ricco di spunti fruibili, non viene del tutto eviscerato.

Così se inizialmente assistiamo alla manifestazione positiva dei sogni di Cody, la successiva introduzione degli incubi fattisi realtà e incarnatisi in una mostruosa figura, non viene sufficientemente messa in risalto come invece ci si aspetterebbe. Piuttosto lo script sembra preferire soffermarsi sulla tormentata figura di Jessie, madre adottiva e vittima di un trauma mai sopito.

La resa del dramma psicologico funziona, restituendoci una figura di genitrice distrutta da una colpa autoinflittasi e pronta a tutto pur di riabbracciare il figlioletto deceduto accidentalmente.

Ma la suspense richiesta per una pellicola del genere è poca; l’attinenza al reale invece troppa, contravvenendo di fatto a quel criterio di Perturbante (Das Unheimliche) che Freud per primo individuava nel non-detto, quella sorta di spaventoso che emerge quando il subconscio fa mostra di sé.

Le numerose risposte del finale scontato contribuiscono al dissipamento di quell’alone di mistero che invece sarebbe richiesto in questi casi. La presa di coscienza finale, così forzatamente ancorata ad una spiegazione realistica, non lascia spazio ad un vero approfondimento sulle paure racchiuse nell’inconscio infantile come in quello adulto. E il  baubau che popola i sogni di Cody assomiglia davvero troppo ai fantocci di “burtoniana” memoria.

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RASSEGNA PANORAMICA
Giulia Anastasi
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somnia-di-mike-flanaganLe numerose risposte del finale scontato contribuiscono al dissipamento di quell’alone di mistero che invece sarebbe richiesto in questi casi. La presa di coscienza finale, così forzatamente ancorata ad una spiegazione realistica, non lascia spazio ad un vero approfondimento sulle paure racchiuse nell’inconscio infantile come in quello adulto.