Cannes 2015: “Riley è in realtà mia figlia” Pete Docter presenta il suo Inside Out

Arrivati al sesto giorno di Festival, a Cannes si respira un’aria del tutto diversa rispetto alla scorsa settimana. Sulla Croisette è infatti il turno della Pixar e del genio di Pete Docter, già regista di Up e Monsters & Co. Il nuovo attesissimo film dello studio, Inside Out (qui la nostra recensione), è stato infatti presentato alla stampa generando un fenomeno inaspettato. Il lavoro è assolutamente sorprendente, educativo e poetico, ha emozionato tutti indistintamente, apparendo subito come il miglior prodotto visto sinora al Festival. John Lasseter e lo stesso Docter sono raggianti in conferenza stampa, una conferenza estremamente interessante durante la quale gli autori ci hanno raccontato com’è nato il progetto e come è stato costruito. Ma procediamo per gradi.

 

Guardando il film, quando uscirà nelle sale italiane a settembre, vi innamorerete pressoché subito della piccola Riley, che impareremo a conoscere grazie ai cinque personaggi all’interno della sua testa: Rabbia, Gioia, Disgusto, Paura e Tristezza. Ma com’è nata l’idea di analizinsideout2zare dall’interno le emozioni di un bambino? “Riley è in realtà mia figlia – ha confessato Docter – ho avuto l’idea proprio guardandola, ho notato che in un periodo particolare della sua vita aveva perso le energie, mi sono detto ‘Chissà cosa le passa per la mente’. In passato abbiamo realizzato film su mostri, su macchine parlanti, ma un film sulle nostre esperienze di vita è un’idea grandiosa, mi è sembrato interessante.” “Anch’io ho capito subito si trattasse di qualcosa di speciale – ha aggiunto Lasseter – nonostante fosse difficilissimo da realizzare. Abbiamo svolto un lavoro di ricerca incredibili, coinvolgendo anche psicologi esperti che ci aiutassero a ricostruire alla perfezione il funzionamento della nostra mente, del nostro reparto emozionale, dei ricordi. Abbiamo fatto una cosa simile anche per Toy Story, lo abbiamo rifatto in modo approfondito per Inside Out. La vera sfida è stata semplificare tutto per gli adulti, che i bambini sicuramente avrebbero capito in ogni caso. Bisognava ricreare il funzionamento della mente umana, il meccanismo della memoria a breve termine che si rigenera durante la notte, vi assicuriamo che si tratta una ricostruzione molto fedele.”

Ma come viene costruito un film Pixar? Lasseter ha spiegato che prima si mettono insieme tutti gli storyboards del film per vedere una versione dello scheletro, poi ogni 12 settimana si monta e rivede tutto il materiale per capire dove si può migliorare il tutto. Per arrivare alla versione della sala cinematografica possono esserci 9 o 10 cuts preliminari. Una grande mole di lavoro che però porta a risultati minsideout1aestosi, per più di un giornalista il miglior film visto sinora a Cannes. La domanda sorge infatti spontanea: perché film d’animazione di questo calibro non vengono considerati dal Concorso ufficiale ma presentati Fuori Concorso? “In realtà siamo felicissimi anche solo per essere nella selezione ufficiale, quando ho iniziato la mia carriera nel settore dell’animazione – ha continuato Lasseter – si viaggiava su un settore morto. Si pensava che l’animazione fosse destinata esclusivamente ai bambini, così molti studi chiudevano i battenti. Noi in vent’anni di attività siamo tornati spesso qui a Cannes, il Festival più importante del mondo, e siamo felici così. Inoltre quest’anno c’è anche mio figlio che presenta un cortometraggio, sono particolamente felice.” Ebbene si, la Pixar festeggia 20 anni di attività, gli anni che ormai ha un film iconico come Toy Story capace di cambiare un’intera epoca. “La nostra forza è aver cambiato radicalmente il settore dell’animazione. Abbiamo iniziato a indirizzare i nostri film agli adulti, più che ai bambini, è l’unico aspetto che non è cambiato dalla nostra fondazione. Ci sono stati cambiamenti anche nella tecnologia, ma il nostro focus è sempre sulle storie. La tecnologia serve a poco, se non se ne fa un buon uso. Toy Story, se non avesse emozionato il pubblico, sarebbe morto insieme alla sua tecnologia innovativa e nessuno avrebbe prodotto altri film disegnandoli al computer.”

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