Quando Xavier Dolan passa sulla Croisette, l’evento sicuramente non passa inosservato: alla proiezione stampa di ieri sera c’è stato bisogno di almeno due ore di fila per entrare, con accredito blu perché i gialli neppure si sono affacciati, questa mattina alle 11:00 un nuovo bagno di folla, che ha visto solo inviti e nessun posto per i giornalisti, questa sera si prevede ancora caos per il gala ufficiale. Insomma tutti pazzi per l’enfant prodige, che ha scatenato un panico finora mai visto al Festival di Cannes 2016, nonostante ci si avvii placidamente alla fine. Certo non è tutto rose e fiori, visto che Juste la fin du monde (qui la nostra recensione) non ha messo d’accordo tutti, anzi: c’è chi ha provato a capirlo, chi ha rinunciato subito, chi istericamente ha detto “ma non è come Mommy!!”, e per fortuna aggiungeremmo, nel senso che non si può sempre rifare lo stesso film. Dolan al contrario, incredibilmente, si reinventa ogni volta, nonostante i suoi 27 anni sembra maturo come ne avesse almeno 20 di più e dirige in modo a tratti sublime: “Siamo a Cannes, è quasi normale dividere la critica, ci sono passato con Laurence Anyways, con Les Amours Imaginaires, anche con J’ai tué ma mère. Non sono propriamente inquieto, ho letto anche delle belle critiche, ci vorrà del tempo perché il film si posi nella vita della gente, perché lo sentano oltre a guardarlo. Io personalmente sono molto contento, sono convinto sia il mio miglior film sinora, com’è giusto che sia. Si producono nuovi lavori per migliorare, non per fare dei passi indietro, mettendoci tutta la passione e l’amore possibile.”

 

Xavier Dolan cannes 2016

Cannes 2016: Juste la fin du monde recensione del film di Xavier Dolan

Il film, recitato da un cast superbo (Marion Cotillard, Vincent Cassel, Gaspard Ulliel, Léa Seydoux e Nathalie Baye), si ispira a piene mani a un’opera teatrale di Jean-Luc Lagarce, all’interno della quale un ragazzo cerca di dire alla famiglia – che non vede da 12 anni – che sta per morire. “Nell’opera ci sono cose non dette attraverso il linguaggio, al contrario vivono attraverso gli sguardi, gli occhi dei protagonisti, i loro silenzi. La gente nella vita piange, ride, si arrabbia, mente, usa qualsiasi escamotage per entrare nella vita dei propri cari. Grazie a un’occasione del genere ho voluto anche lavorare con degli attori che stimo tremendamente.” Attori inquadrati per la maggior parte del tempo in primissimo piano, come a voler escludere costantemente il contesto: “In sala di montaggio è stata particolarmente difficile, l’operazione di rimettere insieme le immagini. Ho dovuto aggrapparmi a ogni singolo dettaglio per far quadrare le scene, cercare ogni piccolo momento che rispecchiasse il risultato che intendevo ottenere. La sceneggiatura era davvero breve, solo 80 pagine, la maggior parte del lavoro è venuta fuori sul set e montare tutto è stato difficilissimo. Alla fine però ogni scena ha avuto ragione di esistere.”

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