Buongiorno-presidente-claudio-bisio-filmQuesta mattina presso il cinema Adriano in Roma, è stato presentato alla stampa il film “Benvenuto Presidente!” per la regia di Riccardo Milani, oltre al regista era presente il cast: Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Giuseppe Fiorello, Remo Girone, Cesare Bocci, Omero Antonutti, Patrizio Rispo, Gianni Cavina e Piera degli Esposti.

 

Mi ha colpito nel finale il dimettersi dalla furbizia,mette di fronte alle responsabilità gli italiani

Riccardo Milani: Io credo da cittadino italiano che la politica spesso serve a coprire delle responsabilità che sono personali credo che molto spesso e per molti anni… io l’anti-politica la respiro da quando sono bambino, sento parlare di governi incapaci, forse in parte è così, però penso che questo sia un paese diviso in due, c’è chi fa politica in maniera più nobile e penso che la politica sia una cosa importante, una conquista intanto, il parlamento è una conquista e va difesa. E quando sento parlare di “ventata di legalità” sono molto contento. Quando sento di partiti tutti uguali penso che sia una cosa non vera, che non corrisponda alla storia e alle storie dei partiti stessi.

Il film, nella prima parte è fortemente grillino, o influenzato da grillinismo, questo sentimento come è venuto fuori?

RM: Questo tipo di argomenti li sento da sempre,(…) mi pare sbagliato confondere la storia di questo paese, e penso che non tutto il marcio sta nel parlamento ma anche fuori, nei meccanismi economici ma anche nella vita quotidiana delle persone che non sono abituate a rispettare le regole, penso che questo sia un problema etico di questo paese. Il film è una commedia leggera come una piuma, molto semplice e anche in qualche modo surreale come la storia di questo paese, in questo passaggio

Fabio Bonifacci:  (fa una premessa su come il soggetto iniziale sia stato di  Nicola Giuliano e lo ringrazia pubblicamente n.d.a.)

Sul Grillismo è un caso, questa sceneggiatura è cresciuta insieme al movimento di Grillo, abbiamo cominciato tre anni fa e lui aveva qualche consigliere comunale, la cosa che ho cercato di raccontare è una cosa che ho visto nella realtà. Cresceva la protesta contro i partiti, vivo in provincia e sto nel mio quartiere e la gente cominciava a parlar male e a contestare. (…) Mi ricordo la prima volta in palestra un gruppetto di ragazzi, quelli che hanno solo tre argomenti: il calcio, cosa fare la sera e le ragazze, hanno iniziato a parlare male dei partiti e lì ho detto “sta cambiando qualcosa”, come ha detto Riccardo (Milani n.d.a) sin da bambini le lamentele verso i partiti erano abbastanza ristretti a club intellettuali, non ai famosi 5 o 6 milioni di persone che leggono i giornali, persone che si informano e sono attente a tutto. La cosa che si vedeva era che questa protesta si stava allargando a strati molto più grandi di popolazione a gente comune. E quello che abbiamo cercato di raccontare, in accordo con gli altri, è stato un lavoro molto collettivo come sempre al cinema, era raccontare questa cosa che montava, poi raccontare la politica e scrivere questa sceneggiatura negli ultimi due anni e mezzo è stato difficilissimo, come descrivere le nuvole, nel momento in cui le fissavi in una giornata di vento erano già cambiante, però alla fine siamo arrivati ad essere abbastanza attuali, ma non stavamo descrivendo oggi ma stavamo raccontando una spinta che c’era e poi ha preso determinate strade.

 Claudio anche tu nell’elaborazione della storia hai avuto un ruolo, un peso.

Claudio Bisio: Io si, confermo quello che ha detto Fabio, per la prima volta me ne parlarono Nicola e Fabio tre anni fa e inutile che vi racconti com’era l’Italia allora. Monti era un professore dell’università, era stato un commissario europeo, Berlusconi aveva la maggioranza al parlamento, Napolitano era un anziano presidente correttissimo, Ratzinger era da pochi anni eletto a papa, giovane e in salute, Grillo era un collega. Quindi quando accettai anch’io con un po’ di paura perché a prescindere dall’attualità fare un presidente, pur di fantasia o pure in una farsa, era sempre una responsabilità, mi hanno convito, l’età c’era perché pare che basti avere più di cinquant’anni per essere eletti presidente e io ahimè fra pochi giorni ne faccio 56 per cui c’ero già tre anni fa. Detto questo ho accettato con quello spirito lì, di fare una farsa e una commedia, sapendo che avrebbe toccato quei temi lì, in particolare l’istituzione, non tanto la politica. Noi un po’ irriverenti toccavamo il quirinale, la più grande istituzione, non necessariamente politica in senso stretto, ma è la più grande istituzione italiana, ci sta in una farsa ma mi faceva paura dal lato della credibilità. (..) Mi ricordo un momento in cui Fabio mi ha telefonato e mi ha detto “lo sai che questo film non si fa più”, ed è stato quando Napolitano dimissionò Berlusconi per nominare Monti. E mi disse, “Napolitano sta facendo quello che avremmo voluto facesse in nostro Peppino”, il nostro presidente sta prendendo in mano la situazione, forse ci ha superato la realtà, no?! (…) Quindi è un film che nasceva ed è nato come una farsa e senza che lo volessimo è diventato un film iperrealistico.

La battuta sul papa, è stata aggiunta dopo le dimissioni? Claudio Bisio i grillini sono diventati più popolari, ti sei ispirato a loro o è frutto solo della fantasia?
RM: Quella scena era stata girata nei primi di Novembre quindi non è stata aggiunta dopo.

CB: Io ho visto con curiosità le immagini dal telegiornale le facce nuove che sono entrate a Montecitorio per la prima volta e ho visto e letto con curiosità le loro biografie: l’infermiere, l’insegnante, l’ingegnere il precario, adesso non voglio essere supponente, non mi sono ispirato a loro perché non esistevano, quando abbiamo girato noi c’erano solo i consiglieri e neanche loro si sono ispirati a noi perché non hanno ancora visto il film, è la casualità. Tra l’altro la cosa buffa, e che molti di voi hanno detto “è un film sul grillismo” altri hanno detto “è un film contro l’anti-politica” quindi decidete voi, il film è questo.

Ci vorrebbe in questo momento un Peppino al quinale? Non è un film satirico ma si prende in giro la politica (i tre politici del film), questo è un modo di fare la satira in maniera più generale? 

CB: Per me, Peppino lì c’è già, Napolitano fa il presidente e anche se ha quasi finito, molti gli chiedono di restare. Per la Satira, io adoro questo tre politici, grande merito su tutto il film, anche se Riccardo (Milani n.d.a.) non ha voluto firmare la sceneggiatura, ha fatto un lavoro bellissimo e difficilissimo, ha tenuto la barra a dritta. Poteva prendere una piega farsesca quasi esagerata quasi da burla, oppure poteva prendere una piega troppo retorica. E sui politici in particolare, c’era il pericolo di farne o delle macchiette esagerate o di fare un discorso ideologico alla “Tutti a casa” non per autocitarmi, ma quando ho visto il film, mi è venuto in mente il monologo che ho fatto io a Sanremo un mese fa, che a pensarci oggi può sembrare un teaser del film ma giuro che non era così, però sono contento che i temi fossero gli stessi perché sono cose in cui credo tanto.(…) I politici del film sono della commedia dell’arte ma del terzo millennio.

RM: Io penso che la commedia all’italiana sia un libro di storia, un  modo per conoscere bene il paese e penso che il cinema debba raccontare il paese e le commedie non devono nascondere i vizi e le lacerazioni.

Giuseppe Fiorello: Mi sono divertito, innanzitutto, non mi sono ispirato a nessuno, l’ho immaginato è stato un personaggio di fantasia. Molto fisico, che prende e da schiaffi a destra e sinistra. È stato un bel gioco e molto divertente.

Cesare Bocci: La satira prima era più sbilanciata da una parte,ora c’è da colpire a destra e sinistra, se questo la fa sembrare meno incisiva non è colpa della satira, perché va a passo con i tempi, adesso c’è da colpire tutti. La valenza del film e del cinema italiano in genere e che vive al passo con i tempi interpretando un sentimento che c’è in noi. È brutto il cinema che non vive nella realtà in cui siamo. I personaggi c’erano ed erano già scritti, non c’era uno che ci ha ispirato, rappresentando tutti senza indirizzi.

A chi è venuto in mente di mettere Pupi Avati e Lina Wertmuller ai “poteri forti”?

RM:È stata un idea mia, come Gianni Rondolino e della Casa. Un senso di riconoscenza verso alcuni registi e alcune persone del cinema, sono cresciuto con i loro film.

Come è stato passare racchiudendo nello stesso personaggio, una donna ferrea ligia al protocolla alla donna che canta l’inno a Che Guevara?
Kasia Smutniak: Perché sono psicopatica! Quando sono sul set spesso mi capita di non sapere neanche le battute che dovrò dire. Ma la cosa bella di questo lavoro è di lasciarsi andare dialogando con gli attori che sono bravi, che fanno sì che accade quel qualcosa di magico e vivi la storia e ti scordi della troupe, della telecamera e dei limiti che ci da il cinema e ti scordi per due o tre secondi e succede quel qualcosa che è il motivo per cui faccio questo lavoro e onestamente non ho pensato al come e perché.

Il cinema ha ignorato la politica da decenni e volerlo raccontare così, in maniera surreale, da cosa nasce?

RM: Credo che questo film faccia lo sforzo di uscire dal parlamento, le famiglie che osservano la politica sono quello che caratterizza il film, cioè c’è un occhio sugli italiani, su alcune banalità e luoghi comune su cui spesso ci si rifugia. Il marcio non è dentro ma fuori dal parlamento. Molta della responsabilità della caduta dell’etica e morale appartengono a chi deve dare l’esempio ed è anche una responsabilità ma anche nella vita comune, in tutti quegli atteggiamenti che ci portano a quella Furbizia di cui siamo un po’ orgogliosi e un po’ ci gratifica e spacca eticamente il paese in due. C’è molta gente per bene e c’è molta gente che nella corruzione sta bene e ci vive.

Nel film quello che unisce tutti è la protezione verso chi ti è caro. Volevo sapere, siamo davvero un paese il cui collante è tenere sempre famiglia? Quante delle mazzate tra te e Kasia erano vere?

CB: Per la prima è Si e per la seconda le mazzate erano vere, mi ha messo un dito nell’occhio e abbiamo interrotto la lavorazione perché avevo l’uveite.

KS: Noi in realtà abbiamo un rapporto violento anche fuori dal set ci siamo fatti male, sai come quelle persone che si incontrano e si danno la capocciata perché non sanno da che parte baciarsi. Ci siamo dati tante botte, lui senza occhio e io tanti lividi.

Che ne pensate di questa esperienza?

Patrizio Rispo:  Alla chiamata di Riccardo senza leggere il copione io vado comunque e poi far parte di una squadra così aristocratica, un film che mi ricorda i film degli anni ’40 e ’50, in cui anche la figurazione speciale era fatta da gente che questo mestiere lo faceva da anni e ora è territorio di tutti. Il fatto di essere chiamato ancora a nel fare l’autorità, Riccardo mi vedi solo tu in questo ruolo quando in realtà sono la bontà fatta persona! E dovevo dare con la mia fisicità che non è così imponente o cattiva, un’autorità allo staff dirigenziale. Credo che al di là di Grillo, si è istituita la commedia come era una volta con termini giocosi e divertenti ma con il tessuto del momento. La voglia è di raccontare le nostre esigenze in maniera divertente.

Piera degli Esposti: Io ho visto la grande apertura dell’inizio, questa libertà e la grande costrizione del chiuso e questo è l’elemento emblematico del film con una forza iniziale che poi prosegue. Riccardo Milani è il mio pigmalione, mi ha fatto ballare Beyoncé, essere Barbie e adesso fumare le canne, quindi mi aspetto altre sorprese!

Gianni Cavina: Non centra niente Grillo nel film e poi io mi sono ispirato a Lavitola.

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