Rompicapo a New York: incontro con il regista Cédric Klapisch

Rompicapo a New YorkIl film Rompicapo a New York uscirà il prossimo 12 Giugno in circa 40 copie. Alla Conferenza stampa di presentazione del film era presente il regista Cédric Klapisch, nominato più volte ai premi Cesar (9 nominations) vincendone uno per la miglior sceneggiatura non originale per Aria di Casa. Tutti però lo ricordano per la “Trilogia di Xavier”, cominciata ad inizio anni 2000 con il film L’appartamento spagnolo (2002) e Bambole Russe (2005) per poi tornare alla regia con Rompicapo a New York, ultimo pezzo finale del puzzle.

 

Klapish ha fatto passare parecchio tempo tra il secondo film e quest’ultimo perché, in primis, non pensava di realizzare un sequel del film precedente, finché non ha pensato che sarebbe stato bello- sia per lui che per gli attori e gli sviluppi della storia- aspettare più tempo, quasi una decina d’anni, per realizzarlo.

La prima domanda ruota intorno allo sfondo dell’America cosmopolita delle frontiere aperte: un panorama discordante rispetto all’odierna situazione francese (la vittoria dell’estrema destra). Per Klapish, la situazione francese- non isolata- è un caso anomalo, forse legato al fatto che la gente crede che una chiusura nazionalista, una chiusura, possa essere un modo per migliorare la situazione odierna.

In realtà, il mondo cosmopolita gira in favore della globalizzazione spaventando molte persone, e portando a tali conseguenze. Quando ha iniziato a lavorare su L’Appartamento Spagnolo c’erano grandi speranza nei confronti dell’Europa Unita, finalmente unica e in grado di allontanare qualunque tipo di conflitto. Oggi, purtroppo, tutti la vedono come una speranza tradita, ecco perché pullulano gli euroscettici.

Per Klapish, la cosa più difficile è stata girare a New York: pensava fosse un’esperienza più semplice, invece si è scontrato con una macchina produttiva completamente diversa, con la quale si è scontrato- uscendone però vincitore. Un’altra difficoltà è stata quella di riuscire a seguire, attraverso la sceneggiatura, le storie complicate e diverse dei vari protagonisti, le evoluzioni e le strade che i personaggi hanno intrapreso.

Gli attori protagonisti, una decina d’anni fa, erano poco noti, quasi degli esordienti: oggi sono invece delle star internazionali.

E proprio riguardo ai personaggi e all’occhio particolare e personale che il regista ha riservato ai loro destini, Klepish sottolinea che, certamente, dietro c’è un grande amore- da parte sua-per i personaggi, gli attori e il progetto: inoltre ammirava lo stile visivo- ed espressivo- di un protagonista che costituisce anche la voce narrante del discorso, permettendo di affrontare nuovi ambiti espressivi. Tutti e tre i film raccontano le storie tramite diversi livelli di struttura: prima viene la storia personale di Xavier, poi la cronaca di questa generazione cresciuta con il concetto di mobilità, di movimento intrinseco sia a livello sociale, che morale e sentimentale. Questi ragazzi sono cresciuti, accompagnandosi, col discorso di globalizzazione e con l’evoluzione rapida di un mondo.

Rompicapo a New York 2Nel film Klepish dichiara che la scrittura si confronta con i fantasmi del futuro, e non del passato: per lui fin dalla scrittura del primo film, si è avvicinato- a livello stilistico- a Proust, che ha tentato di raccontare ciò che aveva vissuto. Questo è un elemento importante per uno scrittore (Proust- Xavier-Klapish stesso) poiché passato, presente e futuro vivono in una sorta di strana coesione scandita da una strana percezione del tempo come flusso di coscienza personale.

Alcuni fanno notare come i film di Klepish siano molto pittorici (privilegiano i colori) e attenti alla colonna sonora: il regista collabora con gli stessi compositori da ben sette film, ed entrambi sono completamente diversi ed hanno un approccio diverso alla musica; oggi la tendenza vede una scomparsa della melodia nei film e un’attenzione invece al suono, con la scelta di brani già esistenti.

Per Klepish c’è una differenza fondamentale tra il vivere la propria vita e raccontarla: si crea un’enorme dilemma tra le due realtà, dove la tendenza è quella di cercare di avvicinare, sempre di più, due aspetti forse diversi ma che vivono correndo due binari paralleli. La finzione ha bisogno del dramma per crescere e per cambiare, per evolversi, ma tutti, in fin dei conti, ci aspettiamo (regista incluso) un Happy Ending. Klepish si è forse concentrato, nel corso della sua carriera, soprattutto su questo concetto di globalizzazione basato su un concetto- forte- di Europa unita e cosmopolita, capace di influenzarsi continuamente e di rinnovarsi tra vecchio e nuovo, senza recidere- o prescindere- le forti radici culturali sulla quale è costruita.

Qualcuno fa notare che il film ha un finale forse troppo incline al tipico Happy Ending finale da film americano, decostruendo quindi la struttura tipica di una commedia francese: per il regista il film nasce come una creatura ibrida, a metà strada tra la Francia e gli Stati Uniti, e il finale non è tanto incline al classico lieto fine da cinema americano, quanto una commistione tra le due culture che si mescolano insieme creando un curioso mash up unico.

Alla domanda se ci sarà, in futuro, un nuovo capitolo sulle avventure dei protagonisti della trilogia, Klepish replica che molto probabilmente per adesso non ci sarà un nuovo capitolo sulla saga… al massimo dovranno passare altri dieci, sperando che ci siano nuovi stimoli e nuovi spunti per raccontare altre storie.

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