Tom Hiddleston intervistato da Benedict Cumberbatch

Tom Hiddleston
Tom Hiddleston nel film High-Rise_film

È un momento straordinario per Tom Hiddleston, ex allievo della prestigiosa Dragon School, Eton College, Cambridge, e della Royal Academy of Dramatic Art. Quel Tom Hiddleston, star del palcoscenico e del piccolo e grande schermo, che di recente ha avuto una relazione con una ragazza da sogno come Taylor Swift.

 

Per Tom Hiddleston, la vita è così grandiosa che esistono delle teorie di complotti troppo belli per essere veri. Secondo la teoria migliore di tutte, il trentacinquenne Tom Hiddleston è il candidato più probabile a sostituire Daniel Craig nei panni di James Bond e lo staff di PR ha messo in scena la sua relazione con Taylor Swift per aumentare la sua aura da star. Come se ce ne fosse bisogno.

La fama di Tom Hiddleston è cresciuta con costanza grazie al suo talento versatile da quando è stato scelto per interpretare il mitico villain Loki, personaggio ricorrente nell’universo cinematografico della Marvel, nel film Thor (2011) diretto da Kenneth Branagh. I cinefili preferiscono ricordare l’attore nel ruolo del centenario vampiro rock’n’roll di Solo gli amanti sopravvivono (2014) di Jim Jarmusch accanto a Tilda Swinton. Ma probabilmente i talent scout avrebbero scoperto molto prima i progetti precedenti di Tom Hiddleston, ossia una serie di ruoli teatrali e televisivi, come la serie Wallander della BBC accanto a Branagh. Ancora oggi l’attore partecipa a progetti per la tv, come la recente miniserie The Night Manager di Susanne Bier, adattamento del romanzo Il direttore di notte di John le Carré, in cui Tom Hiddleston interpreta un agente segreto sul campo, infiltrato nel mondo del più minaccioso trafficante d’armi.

L’anno prossimo, grazie a due attesi blockbuster (Thor: Ragnarok e Kong: Skull Island) — e forse alla recente relazione sentimentale di cui si è tanto parlato — la stella di Tom Hiddleston raggiungerà il top. A prescindere dal potenziale ruolo di James Bond, l’intrigo lo accompagnerà sempre. Ad agosto, durante le riprese in Australia, Tom Hiddleston è stato intervistato telefonicamente dal suo amico e collega dell’universo Marvel Benedict Cumberbatch (Doctor Strange) per discutere dei pericoli e del potenziale potere che deriva dall’attenzione pubblica.

BENEDICT CUMBERBATCH: Come tutti gli intervistatori, dovrei innanzitutto ringraziarti, Tom, per il tempo che vorrai dedicarmi.

TOM HIDDLESTON: [ride] Grazie, Benedict. Dovremmo ringraziarci l’un l’altro. Per il resto della vita.

CUMBERBATCH: E poi, nel tipico modo British, dovremmo anche porgere reciprocamente le nostre scuse.

TOM HIDDLESTON: Mi dispiace disturbarti.

CUMBERBATCH: Io sono più dispiaciuto di te.

TOM HIDDLESTON: [ride] Che ne pensi del…

CUMBERBATCH: Mio ruolo di giornalista?

TOM HIDDLESTON: Sono combattuto. [ride]

CUMBERBATCH: Penso che il mio ruolo sia quello di un vero amico piuttosto che del giornalista. Prometto che non ci saranno deviazioni. Innanzitutto, com’è indossare di nuovo la parrucca e l’elmo con le corna di Loki? E lavorare nuovamente con Chris Hemsworth? E com’è lavorare in Australia con il regista Taika Waititi?

TOM HIDDLESTON: È davvero entusiasmante, perché sono passati quattro anni dall’ultima volta che ho interpretato Loki. L’ultima volta che ho indossato il costume di Loki è stato al Comic-Con di San Diego nel 2013.

CUMBERBATCH: Stai scherzando!

TOM HIDDLESTON: A dire il vero, la cosa più bella di tutte è lavorare di nuovo con Chris. Ci siamo conosciuti a casa di Kenneth Branagh nel 2009. Eravamo poco più che ragazzi all’inizio del nostro percorso di recitazione. Abbiamo legato subito ed è stato meraviglioso condividere con lui questo folle viaggio nel mondo della Marvel. Questa settimana c’era Anthony Hopkins sul set. E Taika Waititi è magnifico, rispetta tutto il lavoro fatto in precedenza apportando il suo contributo. Ed è uno spasso. I suoi film — se non li hai visti, devi recuperarli: What We Do in the Shadows, Hunt for the Wilderpeople — combinano leggerezza, humor ed emozioni. Sono molto commoventi. Siamo soltanto all’inizio, ma siamo tutti entusiasti.

CUMBERBATCH: Fino a quando dureranno le riprese?

TOM HIDDLESTON: Resterò qui fino all’inizio di novembre.

CUMBERBATCH: Quindi hai ancora molto altro da fare sul set. Stai vivendo l’inverno australiano, che immagino sia decisamente adorabile rispetto all’inverno inglese.

TOM HIDDLESTON: [ride] Così dicono. Siamo sulle coste del Queensland e, al di là del fatto che il sole tramonta presto e molto rapidamente, il sole splende e il cielo è terso. Per la mia carnagione celtica è preferibile rispetto all’estate australiana. Ero proprio qui a gennaio durante le riprese di Kong: Skull Island e faceva caldissimo.

CUMBERBATCH: Una bella transizione. Parliamone, visto che è stata la tua ultima escursione. Le condizioni erano proibitive. Se non erro, le riprese nella giungla si sono svolte in Vietnam e poi durante un’estate australiana molto calda.

TOM HIDDLESTON: L’esperienza in Vietnam è stata incredibile. Mi sento davvero fortunato per aver avuto la possibilità di lavorare con quella produzione e di essere coinvolto in un grande film di quel genere… Abbiamo girato a Oahu, alle Hawaii. Abbiamo girato in Australia e poi nel Nord del Vietnam, dalle parti di Hanoi, nella Baia di Ha Long e a Ninh Binh. E la cosa straordinaria è che ci sono paesaggi del Vietnam che hanno visto in pochi. La gente del posto era assolutamente entusiasta. Dopo che siamo atterrati, il regista Jordan Vogt-Roberts, Brie Larson, Sam Jackson, Alex Garcia [il produttore esecutivo] e io abbiamo partecipato a una conferenza stampa ad Hanoi ospitata dall’ambasciatore americano in Vietnam. È stato un momento importante per il Paese. Molte persone che abbiamo incontrato non avevano mai visto una produzione di quella portata. In alcuni luoghi, li abbiamo aiutati a costruire le strade in modo da poter garantire il passaggio dei mezzi che trasportavano l’attrezzatura per le riprese. Il primo giorno di riprese, Sam doveva girare una scena molto semplice con pochi dialoghi e c’erano migliaia di persone ad assistere. Dopo un’ora circa si erano annoiati. Comunque girare in questo straordinario Paese ricco di bellezze mozzafiato è stata un’esperienza magnifica per tutti noi.

CUMBERBATCH: Oddio, non devo annotare tutto questo, vero?

TOM HIDDLESTON: Trascriverai l’intervista più tardi?

CUMBERBATCH: Sto osservando un paesaggio decisamente europeo mentre immagino ciò che stai descrivendo e non ho carta e penna a portata di mano. È come se fossi nella giungla del Vietnam. Ma se non ho la responsabilità editoriale, sono molto felice. Tom, sei uno scrittore e attore molto eloquente. Ricordo di aver letto qualcosa che avevi scritto sul primo giorno in cui hai affrontato questa icona cinematografica, King Kong. Hai un’ottima reputazione nell’ambito dell’industria cinematografica. Se avessi una macchina del tempo, quale epoca del cinema vorresti vivere? L’era dei musical, il neorealismo in Italia del secondo dopoguerra o magari un film di Spielberg degli Anni Ottanta?

TOM HIDDLESTON: Le grandi epoche del cinema che venero sono due. Ammiro profondamente le sequenze ininterrotte di danza di Fred Astaire e Ginger Rogers e Gene Kelly. Mi lasciano sbalordito. Non esisteva il principio: “Sistemeremo tutto durante la post-produzione”. Stavo guardando una clip di Follie d’inverno (1936) e… Come si chiama quell’attore di Cantando sotto la pioggia (1952)? Intendo la canzone “Ma che fa”. Ah, Donald O’Connor! Sono totalmente rapito da questi film. Era un tipo di performance molto diverso. E l’altra epoca è quella degli Anni Settanta.

CUMBERBATCH: Quando i cineasti dell’East Coast arrivarono a L.A. e misero in discussione lo studio system? I film di Scorsese?

TOM HIDDLESTON: Sì. L’immediatezza delle emozioni, il realismo e la serietà del cinema di allora. Taxi Driver (1976), Toro Scatenato (1980), Apocalypse Now (1979)…

CUMBERBATCH: Sono assolutamente d’accordo. Erano film di grande attualità e trattavano questioni importantissime per quel periodo dal punto vista politico. Furono in grado di trovare l’equilibrio perfetto fra intrattenimento e arte.

TOM HIDDLESTON: Era anche il periodo dei migliori film di Stanley Kubrick. 2001: Odissea nello spazio uscì nel 1968. Prima dell’allunaggio del ‘69, era come se l’esperienza sulla luna fosse già avvenuta proprio grazie all’esperienza cinematografica vissuta con Kubrick. Inventarono a tutti gli effetti materiali appositi con la NASA, costumi e scenografie, era tutto all’avanguardia. La fantascienza è alla base di tutto. I film che facciamo oggi devono tutto a quei film, a quell’epoca straordinaria. Però stiamo ragionando in termini di sindrome dell’epoca d’oro, come in Midnight in Paris.

CUMBERBATCH: Ma allo stesso tempo sappiamo bene che da circa dieci anni stiamo vivendo l’epoca d’oro della televisione, e anche tu ne fai parte. Quando The Night Manager è stato trasmesso nel Regno Unito, ne parlavano tutti. È stata una serie molto coinvolgente, un altro gioiello della corona della BBC. Com’è stato lavorare con Susanne Bier?

TOM HIDDLESTON: Un’esperienza fantastica. Era come lavorare a un film di sei ore. C’era uno storyboard, una sceneggiatura di 360 pagine e un solo regista. Susanne era il nostro capitano. Le riprese si sono svolte in Svizzera, a Londra, nel Devon, in Marocco e a Maiorca, seguendo quest’ordine. Avevamo la sensazione che la maggior parte della serie si svolgesse in Marocco, a Marrakesh, dove c’erano gli interni del Cairo, e dove abbiamo girato i tumulti della Primavera Araba. Siamo stati a Marrakesh per sette settimane e dovevamo girare molte pagine della sceneggiatura al giorno; io ero in ogni fotogramma e dovevo passare da un’identità all’altra: Jonathan Pine, Andrew Birch, Thomas Quince e Jack Linden. Di recente mi è stato chiesto com’è stato tornare a lavorare in televisione, ma non sembrava un progetto meramente televisivo. È il pubblico ad avvertire maggiormente la differenza. A proposito degli Anni Settanta, la cosa strana è che The Night Manager fu assegnato a Sydney Pollack all’inizio degli Anni Novanta e la sceneggiatura del film fu scritta da Robert Towne. Alla fine i diritti tornarono a le Carré e ai figli Simon e Stephen Cornwell. Ma probabilmente in alcuni casi è meglio raccontare una storia in sei ore invece di due. Non saprei. Tu che ne pensi? Da anni lavori sia in tv sia al cinema. Eravamo a cavallo il giorno dopo la messa in onda sulla BBC del primo episodio di Sherlock. Tu cadevi di continuo da cavallo durante le lezioni di equitazione per War Horse (2011). Ricordo benissimo quando Sherlock divenne il fenomeno straordinario che è oggi. Avete girato tre stagioni, giusto?

CUMBERBATCH: Quattro stagioni e un Christmas special…

TOM HIDDLESTON: E 12 anni schiavo (2013), The Imitation Game (2014) e un milione di altre cose. Non ti fermi mai.

CUMBERBATCH: Per fortuna al momento mi sono fermato e ho tempo per parlare con te, amico mio, il che è fantastico, anche se le nostre parole vengono registrate e saranno stampate. Dobbiamo farci una chiacchierata dopo questa telefonata. Mi dispiace, ma ci sono dei limiti. Penso che la tv e il cinema si alimentino a vicenda. Lo spettatore percepisce la differenza più dell’attore. È vero che per la televisione ci sono esigenze specifiche e si notano i limiti di budget. Ciò che si nota di più sono i limiti di tempo e quelli della disponibilità economica. Ma l’ambizione della scrittura e, si spera, del risultato finale migliora sempre di più perché vogliamo superare noi stessi per soddisfare un pubblico molto esigente e affamato.

TOM HIDDLESTON: Cosa pensi della differenza tra interpretare varie volte lo stesso personaggio, come Sherlock o Loki, e creare un personaggio da zero?

CUMBERBATCH: Penso che debbano essere affrontati con la stessa inventiva. Alcune cose sono già stabilite, come l’immagine del personaggio: si tratta di elementi iconici che non si possono eliminare, ad esempio il cappello e il cappotto di Sherlock. So che per te è stato difficile accettare le corna di Loki e mi piacerebbe parlarne, se ti è concesso farlo. Il processo è sterile se non c’è possibilità di reinventare. A me piace molto. Penso che sia possibile anche grazie all’ottima qualità della scrittura, alla possibilità di esplorare vari aspetti del personaggio. Tutto dipende dagli ostacoli e dagli obiettivi che, se sono interessanti, ti permettono di inserire nuovi elementi. Secondo me, un personaggio è come un libro aperto, una tela bianca. Con Loki, il dio dell’inganno in grado di mutare forma, esistono molteplici possibilità. E poi c’è il consulente investigativo che pratica il kung fu, parla un’altra lingua e sa comunicare utilizzando il linguaggio dei segni… Ci sono risorse inesplorate. Quanto all’approccio al lavoro, mi piace la familiarità che ho con un personaggio. Mi chiedo se la sensazione sarebbe la stessa nel caso della rivisitazione di un personaggio classico a teatro. Se dovessi interpretare nuovamente Amleto, cosa proverei? Si tratta pur sempre delle stesse battute, dello stesso dilemma e degli stessi personaggi. Non è cambiato nulla, eccetto il contesto. Nella tua vita quotidiana c’è una sorta di dimensione spirituale? Quando devi affrontare i problemi del giorno, hai una routine, un mantra o qualcosa del genere?

TOM HIDDLESTON: Deve esserci sempre qualcosa, anche per iniziare la giornata. Per me è la musica. E la corsa. Quando lavoro, se inizio la giornata andando a correre — all’aria aperta, non in palestra, bensì da solo e a contatto con gli elementi, facendo affidamento soltanto sulle gambe… Ti fa sentire vivo ed è un momento di svago.

CUMBERBATCH: Oltre a svegliarti presto per fare attività fisica, ti corichi a orari regolari?

TOM HIDDLESTON: Assolutamente, altrimenti non riesci a fare niente. Le cose variano da un lavoro all’altro. Quando abbiamo girato Kong: Skull Island, eravamo sempre all’aperto. Il mio personaggio è un ex inseguitore dell’Aviazione militare britannica, quindi è un atleta finissimo. Se mi sentivo un po’ fiacco, dovevo correre di continuo per pompare il sangue.

CUMBERBATCH: Ho letto che Hugh Laurie ti ha elogiato dicendo che la tua energia dava un grande contributo all’intera unità. Ma incontri mai delle difficoltà relative al trucco e ai costumi? Ricordo di aver visto delle foto di te e Chris mentre correvate in Islanda. E, caspita, la passi liscia soltanto grazie al tuo fascino e al sorriso inglese.

TOM HIDDLESTON: [ride] Non saprei, ma è così. Se vado a correre la mattina prima di andare al lavoro, sento di aver guadagnato una parte importante della giornata. Quando mi preparo per un ruolo, studio la parte o penso al personaggio oppure a una determinata scena, per me tutto si definisce in quei frangenti della mattina. A volte le idee migliori nascono proprio in quei momenti. Quando stavo girando “Henry IV – Part 1” di The Hollow Crown — la serie a cui hai partecipato anche tu e sei stato eccezionale — avevamo poco tempo a disposizione e dovevamo girare una scena importantissima fra Henry IV e il Principe Hal: Hal viene convocato a corte da suo padre e viene rimproverato e umiliato pubblicamente per il tempo trascorso in compagnia di Falstaff. Il confronto tra i due è straordinario. Il Re aveva la maggior parte delle battute ed era interpretato da Jeremy Irons. Ricordo che pensai che, dopo una determinata battuta, avrebbe dovuto darmi uno schiaffo. Era gennaio 2012 e questa idea mi venne in mente mentre correvo nella neve alle cinque del mattino. Si tratta letteralmente del momento in cui Hal si risveglia dalla sua leggerezza e avverte il peso della sua responsabilità come futuro re. Questa è la poesia delle parole di Shakespeare. Ma avviene grazie a uno schiaffo.

Thor Ragnarok: Chris Hemsworth e Tom Hiddleston in visita all’ospedale pediatrico di Brisbane

CUMBERBATCH: È un momento bellissimo. Credo che lo stesso principio possa essere applicato ad altre attività, come gli esercizi di respirazione, la meditazione o lo yoga. Andare a correre è un ottimo metodo per ottenere risultati di questo tipo. Il movimento è una tua caratteristica. Non mi riferisco soltanto alla corsa, all’attività fisica, ma al fatto che sei molto vigile e attento a ciò che hai davanti. Temi che qualcosa possa minacciare tutto questo? È come chiedere a qualcuno di apparentemente invincibile quale sia la sua più grande paura. Non sentirti obbligato a rispondere. Se vuoi, puoi anche mandarmi a quel paese. Puoi farlo, visto che sono tuo amico.

TOM HIDDLESTON: Grazie, amico.

CUMBERBATCH: Ti dico la mia paura mentre pensi alla risposta?

TOM HIDDLESTON: Sì.

CUMBERBATCH: Il tempo che passa. Ed è una paura che ho maturato da quando sono diventato padre. Vorrei avere più tempo, concentrarmi su qualcosa di più importante di me. Quando è nato mio figlio, è stato come un brusco risveglio. Ogni volta che lo stringo fra le braccia, mentre lo guardo e guardo i nostri riflessi allo specchio, vedo lui così piccolo e io che ho quarant’anni e penso: “Wow, spero con tutto il cuore che ci sarò quando anche tu avrai dei figli.”

TOM HIDDLESTON: La mia paura è simile. È il rimpianto. Ho paura di guardare al passato e rimpiangere di non aver fatto determinate cose. Ho letto un bellissimo articolo riguardante un libro scritto da un’infermiera australiana specializzata in cure palliative. Il suo lavoro consisteva nell’alleviare il dolore di chi era in procinto di morte, quindi ha assistito molte persone nelle loro ultime settimane e nei loro ultimi giorni di vita. Ed era commossa dall’esperienza acquisita perché molti le hanno raccontato cose simili. Paradossalmente in cima alla lista c’era: “Vorrei non aver lavorato così duramente.”

CUMBERBATCH: È difficile da ammettere.

TOM HIDDLESTON: La famiglia modifica gli equilibri, ma come consideri questa consapevolezza? Cerchi di avere più tempo a disposizione fra un progetto e l’altro?

CUMBERBATCH: Sì. Sarà che sto invecchiando, ma non voglio lasciarmi sfuggire determinate cose. Siamo molto privilegiati grazie al nostro lavoro, ma stare via per tanto tempo per lavoro… a volte è come se non ci fossi per la maggior parte del tempo. Vorrei essere più presente e vicino a chi amo.

TOM HIDDLESTON: I cinque rimpianti più comuni riportati nel libro dell’infermiera australiana erano questi: vorrei non aver lavorato così duramente; vorrei aver avuto il coraggio di vivere la vita che volevo davvero, non quella che gli altri si aspettavano da me; vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti; vorrei aver mantenuto i contatti con gli amici; avrei dovuto concedermi una vita più felice. Direi che è una bella lista che dovremmo ricordare, non credi?

CUMBERBATCH: È un ottimo elenco per te, per me e per tutti quelli che lavorano molto e passano molto tempo lontano da casa. La cosa più strana del nostro lavoro è che viviamo nei panni di qualcun altro in un mondo fittizio e che poi dobbiamo parlarne pubblicamente. È una sorta di proiezione che non ti appartiene completamente, non potrebbe, perché altrimenti di te non resterebbe altro. Come riesci a tornare te stesso dopo aver vissuto in pubblico? C’è qualcosa in particolare che fa tornare il vero Tom? Casa tua, la famiglia, gli amici, l’attività fisica?

TOM HIDDLESTON: Torno semplicemente a casa, metaforicamente e letteralmente. Torno a Londra. Quando ho finito di girare The Night Manager, mi sono reso conto che per 75 giorni avevo passato la maggior parte del tempo nei panni di Jonathan Pine.

CUMBERBATCH: Tutto questo ha un effetto su di te, non credi?

TOM HIDDLESTON: Certo. Indossi i panni di qualcun altro. Ciò che ho fatto allora fu decisamente la cosa migliore. Tornai a casa e andai alla festa di fidanzamento di mia sorella. C’era tutta la famiglia, fu così confortante. Vivo una vita molto noiosa. Faccio dei lavoretti, leggo i libri che non ho mai il tempo di leggere.

CUMBERBATCH: Ricordi che sono stato a casa tua?

TOM HIDDLESTON: [ride] Sì. Faccio dei lavoretti, mi rimetto in pari, vado a prendere un caffè, leggo il giornale e passo del tempo con i miei genitori.

CUMBERBATCH: Hai fatto un lavoro magnifico per l’UNICEF. Ho letto il tuo articolo sulla tua missione di un paio d’anni fa in Guinea, in Africa. Da ciò che hai scritto è evidente che è stata un’esperienza formativa molto importante per te. Pensi di avere una certa responsabilità per via di questa missione?

TOM HIDDLESTON: Ho investito molto nel personaggio di Pine e Hugh Laurie, che adora The Night Manager da ormai vent’anni, ha dichiarato che Pine è come un’anima perduta in cerca di una causa. Forse fu un semplice scherzo del destino, ma la settimana prima delle riprese di The Night Manager sono partito per il Sudan del Sud insieme all’UNICEF per girare un documentario sugli effetti della guerra civile nel Paese. Parlo degli effetti sui bambini innocenti. Il Sudan del Sud è la nazione più giovane del pianeta, ha dichiarato l’indipendenza dal Sudan nel 2011. A metà dicembre 2013, il disaccordo fra il presidente e il vicepresidente ha portato alla divisione della nazione secondo l’etnia. Ho girato un documentario riguardante il reclutamento di bambini nelle forze armate, che è una violazione dei diritti dell’uomo. Il Paese è militarizzato e mi sono chiesto da dove venissero tutte quelle armi. Nel Sudan del Sud c’è un livello impressionante di povertà e disperazione, eppure le parti in conflitto sono equipaggiate militarmente. Com’è possibile? Una volta tornato dal Sudan del Sud, avevo visto con i miei occhi la violenza da cui traggono profitto uomini come Richard Roper di The Night Manager. Una sera ero a cena con John le Carré e gli raccontai della mia esperienza nel Sudan del Sud, di come mi ero sentito impotente e di come sembrassero vulnerabili questa giovane nazione e i suoi abitanti a causa della guerra civile. Quindi in un certo senso condivido la collera e l’etica di Pine. E lui si chinò su di me e disse: “Usale. Usale”. Il nostro mondo sta diventando sempre più inquietante. Mi preoccupa seriamente il dilagare della disuguaglianza e delle divisioni. Vorrei che ognuno di noi avesse il rispetto del prossimo. E ho riflettuto molto sul fatto che probabilmente ora sono davvero responsabile per ciò in cui credo, visto che ho un mezzo per esprimere la mia voce. Dobbiamo lottare per questi bambini. Eppure sono pienamente consapevole della mia impossibilità materiale di fare la differenza. Non sono un medico, non esercito alcuna influenza sulla politica estera, non sono capace di costruire scuole, non sono in grado di preparare chimicamente la pasta proteica che potrebbe aiutare chi soffre di malnutrizione. Però posso parlarne e puoi farlo anche tu. David Nott, un chirurgo eccezionale, andò ad Aleppo nel 2013, prima della rilevanza mediatica del conflitto, e curò i bambini e le vittime della guerra in Siria. La storia del suo coraggio è incredibile e, come ambasciatore dell’UNICEF, io mi sento responsabile della difesa di questi bambini. Si tratta di un equilibrio delicato, perché sono un attore. Ma ho la possibilità di dire la mia sulla scia di coloro che hanno avuto il coraggio di fare la stessa cosa molto prima di me.

CUMBERBATCH: È facile cadere nel cinismo per via dell’ingerenza in questioni che non riguardano strettamente le nostre competenze, proprio come dici tu. Noi non siamo volontari dell’UNICEF o il personale che lavora nei campi profughi, non siamo poliziotti né politici. Ma dopo essere stati coinvolti in determinate ricerche o affiliazioni, possiamo veicolare l’attenzione su coloro che fanno davvero quel lavoro, come chi lavora sul campo per l’UNICEF. E questa è una cosa positiva. Preferisco essere criticato a questo proposito piuttosto che rimanere in silenzio di fronte a questa sofferenza sotto gli occhi di tutti, che si tratti della Siria o del Sudan.

TOM HIDDLESTON: Ne sono orgoglioso.

CUMBERBATCH: E fai bene.

TOM HIDDLESTON: Dopo che hai visto certe cose, il dolore della coscienza morale ti induce ad agire. Dopo la mia esperienza nel Sudan del Sud, non posso fare a meno di parlarne. Come ti ho detto in passato, mi ricorda il magnifico discorso di accettazione del Nobel di Harold Pinter, in cui parlava della distinzione fra la verità come drammaturgo e la verità come cittadino. “La verità drammaturgica è sempre elusiva. Anche se non si trova mai completamente, la sua ricerca è compulsiva. A volte senti di avere tra le mani la verità del momento, poi essa scivola dalle dita ed è perduta”. Ma come cittadino hai il dovere di chiedere ciò che è vero e ciò che è falso. Ricordo di aver guardato il discorso di accettazione e di essere rimasto profondamente ispirato dalle sue parole.

CUMBERBATCH: Sono d’accordo. Come puoi negare quell’impulso dopo l’esperienza vissuta in prima persona? Non riesco neppure a immaginare l’effetto che ha avuto su di te. C’è un altro aspetto che riguarda la nostra vita sotto i riflettori: il presupposto che, siccome il tuo lavoro e la promozione avvengono in pubblico, anche la tua vita privata dovrebbe esserlo. E, senza entrare nel merito, voglio soltanto aggiungere che non farò alcuna domanda sulla vita privata del mio amico soltanto perché esistono delle foto indesiderate che lo ritraggono in compagnia di qualcuno, che si tratti o no di una relazione. Quindi la porta è chiusa, caro lettore.

TOM HIDDLESTON: [ridacchia] Grazie.

CUMBERBATCH: Non c’è di che. So che faresti lo stesso per me. Tornando alla responsabilità che deriva dal fatto di essere un personaggio pubblico, hai detto di essere molto grato per le straordinarie esperienze che puoi fare grazie a questa responsabilità. Provi gratitudine per qualcosa in particolare della tua infanzia, adolescenza, per i tuoi vent’anni o per qualcosa di più recente?

TOM HIDDLESTON: Sono grato ai miei genitori per aver vissuto un’infanzia felice. Oggi capisco alcune cose che mi hanno dato e che sono davvero speciali. Secondo me, i primi anni di vita, il primo decennio, sono i più formativi. Inoltre sono grato alle persone che hanno creduto in me.

CUMBERBATCH: C’è un guru della recitazione dei tempi dell’accademia, o magari uno attuale che è stato anche il tuo regista, a cui sei particolarmente grato?

TOM HIDDLESTON: Un insegnante di nome Charles Milne. Nel 1999 partecipai a una rappresentazione di Journey’s End all’Edinburgh Festival Fringe. Stavo per partire per Cambridge e lui mi scrisse un biglietto che diceva: “Vai a Cambridge e goditi questa esperienza. Ma pensa anche a diventare un attore”. E quei momenti in cui qualcuno ti induce a credere in te stesso sono molto rari. Naturalmente sono grato a Kenneth Branagh, ha fatto così tanto per me. Ha creduto in me in un momento particolare della mia vita. Gli sarò grato per sempre. Provo gratitudine anche per i fallimenti.

CUMBERBATCH: Ottimo! Ma secondo me sei stato eccezionale. Vorrei tanto aver visto quella rappresentazione di Journey’s End. Sono certo che hai fatto un lavoro stupendo.

TOM HIDDLESTON: Credo di averti visto recitare prima che ci conoscessimo.

CUMBERBATCH: Quando?

TOM HIDDLESTON: Hedda Gabler. Interpretavi Tesman. Lo ricordo benissimo.

CUMBERBATCH: Oddio. In verità, ci siamo conosciuti poco tempo dopo. Tu dovevi iniziare le riprese del primo film su Thor, ricordo che ci fu una festa, una sorta di meet-up, e io pensai: “Oddio, questo ragazzo farà tanta strada!”. Se non erro, avevi appena finito Otello.

TOM HIDDLESTON: Che ne pensi del tuo ingresso nell’universo della Marvel?

CUMBERBATCH: In realtà mi sono sempre soffermato principalmente sul ruolo. Sono stato al Comic-Con ed è stato davvero bello ricambiare l’affetto dei fan che sono alla base di tutto questo. È stata un’esperienza un po’ spaventosa, come se fossi i Pink Floyd. Non fai altro che salutare migliaia di fan che ti acclamano urlando. È un aspetto fenomenale che mi fa sorridere. Mi chiedo se riuscirò mai ad abituarmi alla cosa. Non vedo l’ora di vedere come si espanderà l’universo. Ora anch’io faccio parte della tua squadra! È un team di attori fenomenali. Immagino che sia il lavoro più impegnativo e divertente che un attore possa fare. Ti trattano nel modo giusto e il materiale è impegnativo, arguto e divertente. Doctor Strange è un personaggio complesso, divertente e assolutamente entusiasmante.

TOM HIDDLESTON: Amico mio, grazie infinite per questa intervista.

CUMBERBATCH: Prego. Stammi bene.

TOM HIDDLESTON: E buon compleanno!

CUMBERBATCH: Grazie mille. Fai bei sogni in quell’angolo remoto del mondo. Ci vediamo a Londra.

Interview

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