Bitch Slap – Le superdotate: recensione del film

Bitch Slap - Le superdotate

In Bitch Slap – Le superdotate, Trixie, Camero e Hel si ritrovano in mezzo al deserto di fronte ad una roulotte, cercano il bottino di un colpo finito in maniera turbolenta, ma scopriranno presto che dietro al furto c’è dell’altro e soprattutto che non tutto quello che si vede è come sembra. Attraverso una ricostruzione a ritroso del furto e delle improbabili operazioni portate a termine per recuperare la refurtiva, le nostre risaliranno ad un unico personaggio, che incute terrore al solo ripeterne il nome, si tratta di Mr. Pinky.

 

In Bitch Slap – Le superdotate Rick Jacobson tenta una maldestra e a tratti imbarazzante operazione di revival del sexploitation, attingendo a man bassa da tutti quei registi che del b-movie hanno fatto uno stile cinematografico alto, a partire da Tarantino. Al suo Grinhouse sembra maggiormente strizzare l’occhio questa pellicola, che però si rivela un frullato senza capo né coda, con momenti di cinema davvero bassi, anche per essere di ‘serie B’.

Bitch Slap – Le superdotate, il film

Ogni momento è buono per le nostre eroine per giocare con secchi d’acqua sotto al sole, per togliersi i vestiti laddove sono già molto succinti e per spararsi addosso con armi smisurate. Bitch Slap – Le superdotate che voleva essere un omaggio a tutto quel cinema dove donne, sesso, violenza e risate andavano d’amore e d’accordo, finisce con il trasformarsi in una parodia sgradevole e patinata di film che pur occupando l’ultimo posto nelle classifiche del Cinema, aveva una sua dignità espressiva, che però Jacobson dimentica totalmente. Qui c’è spazio solo per corpi prorompenti, ma proprio quando la superficie ruvida del genere di riferimento dovrebbe venire fuori, le nostre si ritirano in bell’ordine, promettendo tanto ed esaudendo ben poco.

La struttura narrativa alla Memento con continui rimandi a ‘quello che è successo prima’ finisce per sfiancare lo spettatore che si chiede sinceramente se fossero davvero necessari i 105 minuti di durata del film. Per non parlare poi dell’aspetto estetico, girato tutto in un set/deserto con uso indiscriminato di ralenti e chroma key, il film sembra una bruttissima pubblicità. Anche il linguaggio, caratterizzato dal turpiloquio femminista più scellerato e da dialoghi sovrabbondanti e superflui, non riesce a dare al film un briciolo di credibilità.

Il regista massicciamente influenzato dai telefilm trash a sfondo epico che ha diretto non esita ad affidare commei o piccoli ruoli ai quegli attori che sui suddetti prodotti hanno costruito una carriera, ecco infatti spuntare Lucy Lawless e Renèe O’Connor (protagoniste di Xena) nel ruolo di due suore tentate dal peccato della carne, e Kevin Sorbo (l’Hercules dell’omonima serie tv) nel ruolo di agente segreto sotto copertura. Alla fine del film l’unico vero schiaffo (slap) è quello che vorrebbe tirarsi da solo lo spettatore per aver pagato il biglietto.

- Pubblicità -