Incompresa recensione film

Incompresa, il nuovo lungometraggio scritto e da Asia Argento è un film spiazzante, ma spiazzante nel senso buono del termine. Le vicende raccontate nel film girano tutte attorno alla piccola Aria (Giulia Salerno) che vive in una famiglia allargata di artisti mediocri. La madre pianista (Charlotte Gainsbourg), fascinosa ma instabile sia sul piano mentale che sentimentale, il padre attore (Gabriel Garro) ossessivo e narcisista in cerca di una scrittura per un film d’autore, e due sorellastre, Donatina (Anna Lou Castoldi) e la perfida Lucrezia (Carolina Poccioni) adolescente bulimica.

 

Naturalmente del mondo di Aria fanno parte anche i compagni di classe invidiosi della sua bravura nello scrivere temi, e il ragazzino più figo della scuola di cui lei è innamorata ma che non la fila per niente. Nessuno di loro, però, sembra davvero amare e comprendere la sensibile Aria che si ritrova, quando va bene, ad essere invisibile per tutti loro e, quando va male, ad essere considerata un ostacolo o, meglio, un rifiuto da gettare in strada. L’unico essere vivente che sembra dimostrare un briciolo d’affetto alla ragazzina è un gatto nero che lei raccoglie per strada e decide di adottare. Incompresa si pone, così, al confine tra la favola dark e il romanzo di formazione. Asia Argento dichiara di essersi ispirata a Bergman ed a Truffaut anche se, nel caso di Incompresa, a doversi formare non è la bambina ma piuttosto gli insensibili ed egoisti adulti che, invece di prendersi cura di lei, la abbandonano emotivamente e qualche volta anche fisicamente.

Cacciata di casa da entrambi i genitori, che nel frattempo si sono separati, Aria vaga di notte per una Roma spettrale e deserta. Gli unici suoi compagni sono il gatto nero ed un gruppo di Punk che incontra lungo la strada, e sarà sempre un altro punk, uno dei tanti boyfriends della madre, a donare alla bambina un minimo d’affetto anche se per poco tempo. Asia Argento sembra criticare aspramente l’ambiente in cui lei stessa è cresciuta (non è un caso la forte assonanza tra il nome della protagonista della pellicola e quello della regista). Le famiglie di artisti in Incompresa non hanno quell’aria stravagante ma bonaria che troviamo in altri film che trattano lo stesso tema. Questa è una non famiglia, è un ambiente malato senza nessuna assoluzione. In queste condizioni d’abbandono anche una bambina di nove anni può perdere la speranza in una vita migliore.

Incompresa non vuole essere un film realistico o verosimile sia nel plot che nelle ambientazioni. La realtà è piuttosto nei sentimenti che mette in scena. Il senso di solitudine e di abbandono della piccola Aria è qualcosa che più o meno ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita: la sensazione che qualsiasi cosa facciamo il mondo intero ci remi contro comprese le persone che, al contrario, dovrebbero sostenerci. Stilisticamente la regista ha voluto ricreare attraverso una fotografia rarefatta e a dei vistosi buchi narrativi l’effetto del vecchio album di polaroid che racchiude i ricordi e il racconto di un Senza Famiglia ambientato negli anni ottanta.

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