L’albero è un tutt’uno con la terra in cui affonda le radici e la sua vita le appartiene. Crescendo, tende ad allontanarsi da essa, ma le sue radici continuano a trarre forza da lei, in un legame indissolubile.

 

Amaia (Iraia Elias) è un’artista che si occupa di videoarte nata e cresciuta in un Baserri, una fattoria tradizionale nel mondo rurale in una zona non meglio precisata dei Paesi Baschi. Il casale è il pianeta attorno al quale ruota la sua vita, quella dei suoi genitori, dei suoi fratelli e della sua Amama Juliana, la nonna. Amama (Amparo Badiola) sembra portare sul suo volto la memoria di secoli vissuti nei boschi che circondano la fattoria, che ha deciso di donare a suo figlio Tomàs, padre di Amaia. Mentre il mondo sembra richiamare l’attenzione dei suoi figli, Tomàs (Kandido Uranga) continua a lavorare nei campi, volontariamente imperturbabile nei confronti di ciò che accade attorno a lui e chiuso nel suo lavoro e nella sua vita, dove non c’è spazio che per la splendida terra in cui è immerso.

Amama-2015Asier Altuna sceglie appunto il linguaggio di quello che sembrerebbe un pezzo di videoarte, che si fa narrazione con il tramite di un personaggio preciso, di cui sceglie di adottare il punto di vista. La storia che ci racconta è quella, sempre difficile, di una separazione che non riesce e non può compiersi, sublimandosi quindi nell’arte.

Chiuso in ferrei valori tradizionali, Tomàs si ostina a non vedere un valido motivo nella volontà dei figli di estrarre le radici dalla loro terra e non crede alle vie di mezzo: non c’è, per lui, un modo per portarsi la propria terra dovunque si vada, se non quello di starci ancorato per sempre, nutrendosi dei suoi frutti e dedicandogli sovrumana devozione. Il dialogo tra la natura e l’uomo si fa materia nella sapiente scelta della miscelazione di suoni e immagini, che rendono il film un’esperienza quasi tridimensionale. In alcuni momenti ci sembra di riuscire a sentire l’odore della terra del bosco, a camminare accanto ad Amaia, a toccare gli spessi arbusti che lo popolano. Quello della natura, quello dell’arte è un mondo dominato da uno strano equilibrio in cui le parole non sono contemplate, e l’istinto la fa da padrone.

Non è possibile trasmettere a parole quello che Amama, film vincitore del Premio Irizar del Cinema Basco e Menzione speciale del Premio Signis all’ultima edizione del Festival di San Sebastian, riesce a dire allo spettatore. Asier Altuna si diverte a catturarci con la bellezza disarmante e algida delle immagini e ci lascia vagare quasi liberamente negli spazi in cui ci ha persuaso a restare.

Un film che parla dell’appartenenza dell’essere umano alla vita, governata da equilibri instabili eppure indistruttibili. Vita e natura, natura e arte si fondono e tutto ciò che accade nel frattempo sembra essere frutto di un unico grande disegno.

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