Fino a qui tutto bene recensione del film di Roan Johnson

Fino a Qui Tutto Bene, prima che essere un titolo, è una sorta di mantra. Un mantra positivo e rassicurante che i protagonisti del film di Roan Johnson continuano a ripetersi quasi inconsciamente, come la maggior parte degli studenti universitari arrivati alla fine del loro percorso di studi e pronti ad essere abbandonati nel mare aperto della vita, con solo un salvagente di sicurezza e potendo contare esclusivamente sulle loro forze.

 

La pellicola immortala gli ultimi giorni di un variegato gruppo di studenti universitari pisani pronti ad abbandonare la loro amata casa, teatro di gioie, dolori, successi, cadute e amori: due ragazze e tre ragazzi, ognuno col suo mondo, le sue aspettative, ognuno pronto ad affrontare l’esterno e ad uscire dal guscio protettivo della famiglia “improvvisata” che si sono creati. Ma quell’inesorabile senso di fine che aleggia sulle loro teste non fa altro che aumentare la malinconia nei confronti di una “tarda adolescenza” che pian piano sfuma, per scivolare nel mondo degli adulti.

Fino a Qui Tutto BeneJohnson, prendendo spunto dalle storie vere confessate dagli universitari di Pisa, ha mescolato la realtà con i suoi ricordi per realizzare questa commedia agrodolce ed accogliente, brillante e realistica, raccontando con occhio “incantato” il periodo spensierato dell’università, proprio mentre si avvia verso il suo delicato crepuscolo. “Incantato” perché i personaggi che prendono vita sullo schermo sembrano privi di quei difetti umani che spesso rendono impossibili anche le migliori convivenze: non c’è traccia di egoismo, competitività, invidie o gelosie all’interno del gruppetto, anzi, tutti sono pronti a sostenersi l’un l’altro, a condividere esperienze, gioie e dolori anche nei momenti di tensione, che sembrano svanire repentinamente in una bolla di sapone; il regista immortala una “meglio gioventù” universitaria goliardica e “garibaldina”, giovane e pronta ad affrontare il mondo facendo leva solo sulle proprie forze e sui propri sogni, per costruirli e far prendere loro corpo. La sceneggiatura scoppiettante e fresca si districa con disinvoltura passando da un registro “sopra le righe”, ad uno dal taglio documentaristico fino ad uno più intimo destinato ai momenti di riflessione; ad accompagnarla, una fotografia luminosa che immortala il paesaggio toscano in estate, restituendo il calore e la spensieratezza degli animi e delle risate; insieme alla naturalezza degli attori, calati completamente nei loro ruoli tanto da trasmettere questa complicità anche allo spettatore.

Fino a qui tutto bene è stato presentato alla nona edizione del Festival del Film di Roma riscuotendo un ottimo successo e vincendo diversi premi: nonostante alcune debolezze drammaturgiche ed una struttura più simile ad un collage di frammenti vari sparsi tra ricordi ed eventi, Johnson gira una comedy dal gusto on the road che immortala una generazione- quella che è nata e cresciuta nella lunga ombra della crisi- e costruisce un ideale racconto di formazione restringendolo all’arco narrativo di un paio di giorni, sospendendo il giudizio e annullando i pronostici, aprendo la porta alle infinite possibilità che il destino può riservare ad ognuno di noi.

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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.