Rappresentante della Colombia alla Festa di Roma 2016, arriva oggi La Mujer del Animal, il nuovo film di Victor Gaviria che racconta una storia grezza e feroce, nella più classica e violenta delle dinamiche tra uomo e donna, dove il primo è l’animale del titolo, il predatore, e la seconda si fa preda, per poi, a un certo punto, insorgere.
La diciottenne Amparo viene scoperta a fare uno scherzo alle suore del convento in cui vive. Per questo viene espulsa e mandata a vivere con la sorella in una baraccopoli alla periferia di Medellin. La giovane donna viene colta di sorpresa quando diviene l’oggetto del desiderio di Libardo, noto a tutti come “l’animale”, che la rapisce e la costringe a sposarlo. Quando Amparo dà alla luce una figlia e l’animale la sposta di casa in casa, scopre che c’è un’altra donna mantenuta da lui, così decide che è arrivato il momento di prendere una posizione, ma le minacce dell’animale non conoscono limiti. È una bomba a orologeria pronta a esplodere, e Amparo è determinata a mettere la sua bambina in salvo.
La Mujer del Animal recensione
Gaviria mette in scena un dramma che nelle baraccopoli di Medellin era considerato “normale”, una violenza che si manifestava senza eccezioni, anche a porte aperte, e che sembrava dovesse rappresentare per sempre lo stato delle cose. In La Mujer del Animal la bruttezza, la violenza è percepita già dall’inizio, nello stile di regia rozzo e mosso, che preannuncia uno scoppio assurdo e cruento che chiude il film seminando una sensazione di spossatezza, incredulità quasi.
Il tutto però resta in tema, seguendo il nomigliolo di Libardo, che ne annuncia la brutalità già in tempi non sospetti. E Graviria, attraverso questo personaggio, vuole denunciare l’abitudine, la normalità, ancora, la violenza. Paradossalmente però, la denuncia non porta a un’azione di conseguenza, ma resta nell’aria, sospesa, sullo schermo luminoso di una sala buia.