La Ricompensa del Gatto recensione del film firmato Studio Ghibli

La Ricompensa del Gatto è l’ultima fatica del celebre Studio Ghibli, lo studio cinematografico giapponese fondato nel 1985 da Hayao Miyazaki e che ha regalato al pubblico alcuni anime immortali come Nausicaa Nella Valle del Vento, Ponyo Sulla Scogliera, I Racconti di Terramare, Il Mio Vicino Totoro, Kiki-Consegne a Domicilio, Princess Mononoke, La Città Incantata, Il Castello Errante di Howl e molti altri titoli divenuti, ormai, immortali. Risale al 2002 questa pellicola che riprende due personaggi già comparsi nel precedente I Sospiri del mio Cuore: il gatto bianco- e sovrappeso-Muta e il gatto antropomorfo (perché in realtà è una statuetta animata) Baron, affascinante ed elegante gestore dell’Ufficio del Gatto; a loro due si rivolge la giovane studentessa Haru dopo essersi messa nei guai salvando la vita di un gatto, e non uno qualunque. Il gatto salvato è il Principe dei gatti e suo padre, Re del Regno dei gatti, la vuole dare in nozze al figlio, anche a costo di rapirla portandola per sempre nella loro dimensione. Ai due soci Muta e Baron l’arduo compito di salvare la ragazzina, prima che si adegui fin troppo ai piaceri del castello, trasformandosi definitivamente in un felino.

 

La pellicola animata presenta il tipico gusto orientale dove l’impossibile non solo diventa plausibile, ma addirittura si lega a doppio filo con il quotidiano: le avventure pirotecniche e surreali che accadono in realtà “altre”, simili a perturbanti freudiani, sono solo un espediente narrativo per celare il vero oggetto del racconto filmico, che in questo caso specifico riguarda la difficoltà di crescere e il delicato passaggio dall’adolescenza ad età adulta. La Ricompensa del Gatto3Haru, la ragazzina liceale protagonista, cresce nell’arco diegetico del film cercando-come le suggerisce l’affascinante gatto Baron-di restare nel suo tempo, di non perdere di vista le sue priorità e l’importanza delle sue azioni che, con lo scorrere della narrazione, acquisteranno tutto un nuovo significato.

L’equilibrio e l’eleganza del tratto caratteristico dello studio rendono il prodotto fuori dal tempo, cancellando lo scarto di oltre quattordici anni che lo separa dalla prossima uscita. Pur essendo calato, in modo determinante, nella tradizione culturale giapponese, La Ricompensa del Gatto riesce a toccare corde emotive universali, affascinando con la sua complessa costruzione di un immaginario (legato, soprattutto, al Regno dei gatti dove i piccoli felini assumono comportamenti antropomorfi) e con la delicata analisi che fa di un’età di transizione contraddista dalle prime responsabilità e da nuove consapevolezze.

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Ludovica Ottaviani
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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.
la-ricompensa-del-gatto-recensione-del-film-firmato-studio-ghibliLa Ricompensa del Gatto riesce a toccare corde emotive universali, affascinando con la sua complessa costruzione di un immaginario e con la delicata analisi che fa di un’età di transizione contraddista dalle prime responsabilità e da nuove consapevolezze.