Taxi Teheran recensione del film di Jafar Panahi

A Jafar Panahi, regista iraniano, è stato vietato di girare film dal regime del suo Paese, pena la prigione. Quindi decide di piazzare una videocamera in un taxi che lui stesso guida e raccontare una storia attraverso le persone che salgono e scendono dal suo mezzo.

 

Si potrebbero fare molti discorsi su Taxi Teheran. Primo fra tutti quello che ovviamente riguarda la libertà di espressione e di opinione, anche delle brutture del proprio Paese. Ogni Stato cerca sempre di garantire che la sua immagine sia la migliore possibile, ma l’opinione differente o contrastante al regime comune, vedi a esempio Michael Moore negli Stati Uniti, è tollerata. Poi magari massacrata in sede legale, come anche nel caso di Edward Snowden o di Julian Assange e Wikileaks. Sono piccoli tentativi di non far passare il dissenso, quello migliore, quello fatto di opinioni che fanno ragionare.

Taxi TeheranJafar Panahi ha subìto lo stesso destino in un Paese che però non è famoso per la sua tolleranza e democrazia, l’Iran, ma, piuttosto che scegliere la soluzione più semplice e logica, andarsene da lì, ha deciso di trovare un modo per raccontare il suo Paese nel modo più diretto possibile, dal volante di un taxi che attraversa le caotiche strade di Teheran.

Così tra un venditore improvvisato di cd e dvd e un’amica avvocato che in cinque minuti riassume la situazione e le lotte per il diritto alla libertà di espressione che vanno avanti nel paese, una nipote che è una forza della natura ma che nella sua genuinità rappresenta anche come la scuola sia un ambiente dove il pensiero pubblico e statale può essere formato, e due signore superstiziose, entriamo in uno spaccato di vita iraniana che è tanto semplice quanto prezioso.

Non si tratta di un documentario, è evidente la storia che il regista vuole raccontare, e il principio è simile, volendo a Night on earth-taxisti di notte di Jim Jarmusch, che metteva in scena cinque notti in cinque punti diversi del mondo. E’ uno spaccato di vita di Teheran, ma anche un discorso sulla libertà di espressione e sulla necessità di raccontare storie attraverso il cinema.

Il film ha vinto l’orso d’oro all’ultimo festival di Berlino ed esce in sala grazie a Valerio De Paolis, il prossimo 27 Agosto.

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