Special Forces – liberate l’ostaggio: recensione

Special Forces - liberate l'ostaggio

In Special Forces – liberate l’ostaggio Elsa Casanova (Diane Kruger) è una giornalista francese impegnata in Afghanistan che, coraggiosamente, denuncia non solo le atrocità provocate dalla guerra, ma soprattutto le condizioni di vita delle donne di quei luoghi. Questo suo interesse per la popolazione femminile, però, infastidisce molto i talebani e soprattutto Zaief (Raz Degan) che, con il suo gruppo, la rapisce con l’intento di giustiziarla. Il Governo Francese, però, una volta informato del sequestro, decide di fare di tutto per salvare la cronista e invia una missione di Forze Speciali con il preciso compito di riportare a casa Elsa viva.

 

I sei uomini della squadra, diversi in tutto ma accomunati dalla fratellanza e dall’obiettivo comune, non tardano molto a trovare la giornalista e la sua guida ma, una volta liberati gli ostaggi, il compito più arduo consisterà nell’attraversare la bellissima e inospitale natura afgana per mettersi definitivamente in salvo. Così Kovax (Djimon Hounsou), Tic Tac (Benoît Magimel), Lucas (Denis Ménochet), Elias (Raphaël Personnaz), Victor (Alain Figlarz) e Marius si incammineranno in una marcia sfibrante, tra il deserto e i ghiacci delle montagne himalayane, dalla quale non tutti usciranno vivi.

Special Forces – liberate l’ostaggio, diretto dal documentarista Stéphane Rybojad alla sua prima esperienza come regista di un lungometraggio di finzione, risalta nel panorama cinematografico per diversi aspetti. Innanzitutto Special Forces è un film di guerra tecnicamente ben fatto di produzione francese, in secondo luogo la sceneggiatura riesce a controbilanciare in modo credibile scene d’azione con sequenze introspettive e infine le riprese fatte in Tagikistan (al confine con l’Afghanistan) e in Gibuti danno subito l’impatto di un certo tipo di natura, contemporaneamente stupenda e spietata.

La particolarità del territorio e la bravura degli interpreti, che insieme riescono a creare pathos e a conferire la giusta intensità alla maggior parte delle scene, sono l’ingrediente che permette allo spettatore di seguire in costante tensione l’inseguimento da parte dei talebani e soprattutto la marcia forzata che, in termini di durata, rappresenta almeno la metà del film.

A questo prodotto, così ben confezionato, si potrebbero fare i soliti appunti del genere bellico: i talebani sono una massa informe di cattivi con una mira scadente mentre le truppe speciali francesi sono formate da uomini buoni, macchine da guerra con un cuore; le scene delle sparatorie hanno musica rock in sottofondo, operazione che dà sicuramente un buon ritmo al rumore dei fucili e dei mitragliatori ma che purtroppo distoglie l’attenzione dalle conseguenze che provoca un proiettile….

Per non proseguire oltre con quella che potrebbe essere una lunga lista di piccole critiche, però,  si potrebbe fare il lavoro contrario: vedere cioè come in questo film alcuni cliché non vengano utilizzati, ma, in fin dei conti, contraddetti. Special Forces, infatti, nonostante prenda come protagonisti sei militari francesi, non esalta l’esercito, che, si vedrà, non sarà in grado di portare a termine la missione. Zaief, il capo dei Talebani, non è un integralista religioso, ma ha studiato in Inghilterra e probabilmente non disprezza gli occidentali. Il ruolo del soldato coraggioso che salva la povera giornalista indifesa esce dai binari dell’eroe per entrare nei panni dell’uomo che riconosce i suoi limiti.

Proprio in questo sta la grandezza del film: nel mostrare degli uomini capaci di sparare in modo perfetto, ma che diventano piccoli davanti al precipitare degli eventi, minuscoli di fronte alla natura sterminata, uguali e fratelli nelle sofferenze.

Special Forces – liberate l’ostaggio è un buon film d’esordio. Soprattutto per gli amanti del genere.

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