Camille Redouble: recensione del film di Noémie Lvovsky

Camille Redouble

In Camille Redouble Camille (Noémie Lvovsky), una quarantenne apparentemente felice, viene improvvisamente lasciata dal marito Eric (Samir Guesmi) per una ragazza più giovane. L’uomo con cui aveva avuto una figlia a sedici anni, da sempre perdutamente innamorato di lei e con il quale pensava di passare tutta la vita, diventa ad un tratto un estraneo agli occhi della donna, uno sconosciuto, un ipocrita. Decisa a non farsi demoralizzare, Camille accetta l’invito per una festa e passa la notte di capodanno con le sue amiche storiche, ma, complici l’alcool, la musica e la confusione, sviene proprio alla fine del countdown. Al suo risveglio la ragazza si trova in ospedale e, con sua enorme sorpresa, scopre che l’anno appena cominciato è il 1985 e che lei non è più una donna matura con una separazione alle spalle, bensì una sedicenne che può ancora decidere le sorti della sua vita.

 

Camille si trova così a rivivere il suo passato: l’incontro con le sue migliori amiche e, soprattutto, con il ragazzo che diventerà il padre di sua figlia. In un primo momento, conscia del dolore che l’uomo le procurerà venticinque anni dopo, cerca in tutti i modi di evitare Eric, ma i suoi tentativi si rivelano vani e la forza dell’attrazione avrà la meglio su quella della ragione.

Camille Redouble di Noémie Lvovsky, quest’ultima nel doppio ruolo di regista e protagonista, è una commedia piuttosto divertente che sottolinea una volta di più una convinzione comune: nessuno sfugge al proprio destino. Camille, infatti, chiamata a rivivere un preciso momento della sua vita, si trova nella posizione di poter modificare alcuni eventi: la morte prematura della madre, l’incontro con un uomo che la lascerà o il concepimento di una figlia a sedici anni; ma i suoi sforzi non bastano e tutto si ripete esattamente com’è scritto nei suoi ricordi.

L’intenzione lodevole di Camille Redouble, che, in fondo, sostiene l’inutilità del famoso “senno di poi”, purtroppo non riesce a concretizzarsi del tutto. Nonostante la buona interpretazione degli attori, la trama sembra concentrarsi un po’ troppo sulla relazione tra Camille e Eric e lo spettatore, già dal loro primo incontro nel 1985, è certo di vedere una sorta di lieto fine.

Uno sliding doors senza contropartita, un “cosa sarebbe successo se…” che resta privo di risposte. L’impressione più forte, in generale, è che la regista abbia voluto fare un film che rispondesse più ad una sua esigenza personale che ad un interesse generale. Camille Redouble, però, nonostante al primo impatto possa sembrare la semplice esternazione del pensiero di una donna nostalgica, si rivela, alla distanza, un prodotto pieno di spunti. Le diverse vicende di cui è intriso affiorano infatti poco a poco e la regia non manierata dà ancora più forza alla storia.

Un film solo apparentemente leggero. A chi si chiederà, dopo i titoli di coda, mentre si accendono le luci in sala, come ha fatto questo film a partecipare al festival di Cannes, consiglio di aspettare una settimana prima di rispondersi.

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