Yves Saint Laurent: L'amour fou

In occasione dell’uscita in DVD di Yves Saint Laurent: L’amour fou, è stata organizzata una proiezione speciale del film presso la Sala Cinema del Palazzo delle Esposizioni a Roma. Con questa pellicola, presentata al Festival Internazionale del film di Roma nel 2010, il regista Pierre Thoretton non vuole semplicemente rendere omaggio ad uno dei più famosi stilisti degli ultimi decenni, ma desidera regalarci un affresco dei cinquant’anni di attività di un genio, attraverso gli occhi innamorati di Pierre Bergé, suo compagno nella vita e nel lavoro, che non lo ha mai abbandonato, neanche dopo la sua morte nel 2008. Pierre Bergé racconta appunto le varie fasi della carriera dello stilista, divenuto celebre e conosciuto in tutto il mondo della moda già a 20 anni, per essere stato collaboratore di Dior e averne preso il posto dopo la sua scomparsa nel 1957. Lasciata la maison Dior negli anni Sessanta, crea con Bergé l’omonima etichetta Yves Saint Laurent.

 

Raggiunge subito il massimo prestigio grazie al suo enorme talento e alla sua passione per l’arte che trasferisce direttamente nelle sue collezioni. Ma questo lato della sua vita è ben noto. Quello invece che Thoretton racconta attraverso Bergé è la storia di un uomo, genio si, ma pur sempre uomo, con le sue passioni, la sua timidezza, le sue paure, la sua solitudine, la sua sofferenza e i suoi eccessi nell’abuso di alcool e droghe. Yves Saint Laurent: L’amour fou si apre con il comunicato che lo stilista fa in occasione del suo ritiro dal mondo della moda. Traspare tutta la sua passione e amore per un mestiere che per lui non era semplicemente un lavoro, ma la vita stessa. Il tono è decisamente sommesso, ma allo stesso tempo è consapevole di aver preso la giusta. Nel film vengono alternate le immagini in bianco e nero con quelle a colori, utilizzando la bicromia per rappresentare la vita passata dello stilista. Bergé descrive l’immagine di un uomo con un grande dono, ma carico di responsabilità fin dalla giovinezza e attraversato da una profonda solitudine da sempre. Le note del pianoforte che accompagnano l’intervista a Bergé sono malinconiche, quasi a volerci far provare gli stessi sentimenti di Yves nei momenti di infelicità che col tempo lo hanno reso schiavo delle droghe e dell’alcool.

In ogni momento Yves Saint Laurent: L’amour fou risulta emozionante rendendo lo spettatore partecipe e sempre attento all’evoluzione della narrazione. Dopo la disintossicazione Yves si ritira lentamente nel suo guscio, allontanandosi dalla mondanità e gettandosi a capofitto nel lavoro. Bergé non nasconde la sua difficoltà nello stare accanto ad una personalità così grande ma allo stesso tempo piena di fragilità ed insicurezze, eppure mai abbandonato, sia nel lavoro che nella vita privata, anche dopo aver lasciato la casa che avevano condiviso a lungo, trasferendosi nell’hotel in fondo alla strada, incapace di spezzare il legame che da sempre li ha uniti. Il carisma di un uomo divenuto una leggenda nel mondo della moda, trasuda nelle parole dell’amante che non vuole ricordare con nostalgia i momenti vissuti col suo grande amore, ma con felicità.

Il regista al contrario sottolinea l’immortalità del mito con le immagini delle sue creazioni, ma allo stesso tempo la morte di un uomo, con scelte cromatiche ben precise e una musica che a dispetto delle parole di Bergé, lascia nello spettatore un sentimento di malinconia. Le opere d’arte che i due hanno collezionato nel corso della loro vita insieme vengono battute all’asta dopo la morte dello stilista. Gli oggetti che, dopo la scomparsa del suo amante, per Bergé non hanno più lo stesso significato meritano di avere una nuova vita. Nel corso di Yves Saint Laurent: L’amour fou la casa si svuota lentamente di tutti i quadri e le sculture, un po’ come metafora della vita e non della morte, infatti gli oggetti racchiudono dei significati che i possessori hanno loro attribuito e che non moriranno mai. Non è morte, ma  altra vita, non è perdita ma acquisizione ed evoluzione di significato.

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