Come tradizione, fra proteste e applausi, Terrence Malick divide in due enormi tronconi la stampa di un festival internazionale. Dopo l’Orso d’Oro del 1999 vinto con La Sottile Linea Rossa, il regista texano torna a Berlino presentando Knight of Cups, probabilmente il suo film più sperimentale, più slegato e anarchico. ‘Torna’ ovviamente in senso figurato, perché il regista difficilmente abbandona il suo ranch per eventi mondani di questo genere, presenti alla conferenza del film il protagonista principale Christian Bale e la meravigliosa Natalie Portman, che in realtà – e aggiungiamo anche purtroppo – ha solo un piccolo ruolo che arriva verso il finale. Il lato più oscuro di Hollywood, di Los Angeles, diventa il perfetto pretesto per mostrare nel modo più diretto, quasi brutale, il lato più buio della nostra vita, della nostra società.

 

Girato con l’ormai classico piglio filosofico e poetico che contraddistingue Terrence Malick, Knight of Cups è anche difficile da comprendere a una prima visione. È pieno di simboli, di momenti ambigui e tagli di montaggio repentini, per non parlare dei salti temporali che il personaggio principale compie sullo schermo. Immaginate ora di essere l’attore protagonista e di sapere poco o niente del film che state girando, è ciò che ha passato Christian Bale che racconta: “È stato strano approcciarsi al film, perché Terrence non ci ha spiegato esattamente cosa stavamo per fare ogni volta. Abbiamo lavorato tanto sul personaggio, sulla sua storia personale, il suo contesto, ma del significato del film non ne abbiamo mai parlato. Sapevo di dover interpretare un personaggio vuoto, che sogna e desidera tante cose che in realtà sono vacue, ma ogni giorno si andava sul set senza sapere cosa si stava per affrontare. Poteva anche capitare di prendere fra le mani una GoPro e correre a girare in riva all’oceano, all’improvviso. Oppure di registrare le voci off dentro qualche studio mobile per strada.” Stesso trattamento per Natalie, che ha però avuto dal regista diversi libri per preparare il personaggio, altra tradizione tutta malickiana (provate a chiedere a Olga Kurylenko o a Jessica Chastain).

Nonostante attorno alla figura di Terrence Malick aleggi un’aria di prepotenza, Natalie Portman smentisce tutto, come del resto già Jessica Chastain aveva fatto ai tempi di The Tree of Life: “Io amo Terrence, The Tree of Life, The New World sono film straordinari dal grande impatto emotivo, mi sento davvero fortunata per aver preso parte a questo film. Devo confessare che l’essere umano è addirittura meglio dell’artista che immaginavo.” Se lavorare da attore nei film di Terrence Malick, visto il carattere schivo dell’autore, non è affatto facile, com’è invece essere produttore di un suo lavoro? Gli attuali produttori lavorano con lui ormai da più di un decennio, e hanno imparato a sottostare alle sue regole, che ovviamente non prevedono un’organizzazione standard. C’è nei suoi confronti una grandissima fiducia, ogni sua richiesta viene soddisfatta a scatola chiusa.

All’interno del Festival in ogni caso serpeggiano parole (scherzose) di conflitto d’interessi, poiché il presidente della Giuria della Berlinale 65 è Darren Aronofsky, regista che conosce perfettamente Christian Bale e Natalie Portman. L’attrice premio Oscar proprio per Il Cigno Nero di Aronofsky parlerà con il suo amico, mettendo una buona parola per Knight of Cups? “Assolutamente no (sorride), voglio salutare Darren ma non voglio assolutamente parlare del film, voglio pensare che neppure esista.” Seppure i ritmi del dialogo siano sempre stati pacati, finisce un incontro stampa per molti versi surrueale: un giornalista si è alzato per fare una domanda vestito da giocare di calcio, altri due hanno posto una domanda a Terrence Malick che non era presente, riferendosi invece erroneamente al produttore del film… Poi ci si chiede perché il regista texano non legga le critiche dei suoi film e non presenzi mai nessun festival da anni.

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