Bambini vivaci, bambini
chiacchieroni, che non stanno fermi, non ascoltano e non si
concentrano nel fare i compiti. Tutto normale, no? A quanto pare
no. Già dall’età di un’anno a vostro figlio potrebbe essere
diagnosticata una “malattia” curabile solo con gli psicofarmaci.
Stiamo parlando della ADHD – Deficit dell’attenzione e
Iperattività, una anomalia neuro-chimica geneticamente
determinata.
ADHD Rush Hour di Stella
Savino, esplora proprio la linea sottile che separa questo
tipo di comportamento considerato da noi “normale per un bambino” e
la diagnosi della, erroneamente chiamata “malattia”, ADHD. Se tutte
queste diagnosi fossero affrettate e fatte da persone non con le
giuste qualifiche, è giusto somministrare preventivamente
psicofarmaci a dei bambini? Questi farmaci sono classificati
dalla DEA nello stesso gruppo dei narcotici (insieme ad eroina,
morfina e cocaina) e l’ONU parla di emergenza sanitaria,
denunciando la sovrastima di diagnosi e eccessivo uso di farmaci in
età infantile. La comunità scientifica si divide su cosa sia
effettivamente la ADHD da oltre 50 anni, ma la diagnosi affrettata,
in particolare in America, è all’ordine del giorno, catalogando il
bambino come affetto da deficit dell’attenzione e eliminando il
problema comportamentale a scuola.
Il punto forte del documentario della regista napoletana è stato
il dare voce ai veri protagonisti di questa storia. Non solo un
viaggio tra laboratori di genetica, professori universitari e
studiosi del caso, che ci danno dettagli “accademici” sull’ADHD
dall’America alla Nuova Zelanda, passando dall’Italia.
Le parole di
Traceye, mamma di Zache di dieci
anni -a cui è stato diagnosticata l’ADHD dal primo anno di asilo-
arrivano da subito dritte al cuore, colpendoti per la fragilità e
al contempo forza di una famiglia che nel bene o nel male è
costretta dalla società e dalla pressione dell’ambiente scolastico
nel dare gli psicofarmaci al figlio. E ancora
Armando, 19enne ragazzo romano, che è sotto
farmaci dall’età di 10 anni. Per lui il problema cambia, essendo
lucido di ciò che accade alla sua personalità quando assume il
farmaco. Cambia sotto ai suoi stessi occhi, ma è costretto a
prenderlo per rendere bene a scuola (anche lui con una fortissima
mamma alle spalle che è consapevole di somministrare psicofarmaci
al figlio). E in fine Lindsay, volto della
diagnosi in età adulta, che a causa della ADHD perde spesso il
lavoro e ha difficoltà a pagare le terapie farmacologiche o le
terapie comportamentali che vorrebbe provare. Volti e storie che
creano empatia e ti avvicinano alla loro battaglia.
Il primo lungometraggio di Stella Savino ,
prodotto da Andrea Stucovitz e distribuito da
Microcinema, ci introduce in un mondo poco
affrontato e soprattutto poco conosciuto, ben documentandolo ed
esplorando l’argomento. Il dubbio nasce sulla distribuzione al
cinema che, probabilmente e purtroppo, attirerà solo chi già il
problema lo conosce e vuole saperne di più e fallendo nella sua
primaria funzione di diffusione.