Ordinary Joe: la recensione della serie con James Wolk

Dal 13 aprile su Sky, la serie ideata da Garrett Lerner e Russel Friend ripropone il quesito del "what if" giocando con i personaggi e le linee temporali.

Ordinary Joe recensione serie tv

Quello del what if, il “e se…”, è uno dei quesiti probabilmente più ricorrenti nella vita di tutti noi, da cui si originano ipotesi, teorie e viaggi immaginari in eventi che, esclusi dalle scelte compiute, non accadranno mai. Sono innumerevoli le opere cinematografiche o televisive che partono proprio da tale quesito per dar vita a racconti straordinari. Se la recente serie animata della Marvel, intitolata proprio What If… ? ha dato ulteriore dimostrazione di ciò, arriva ora una nuova serie, stavolta in live action, a ricordarci della forza che tale domanda esercita su di noi. Si tratta di Ordinary Joe, disponibile dal 13 aprile su Sky e NOW.

 

Ideata e prodotta da Garrett Lerner e Russel Friend, già noti come sceneggiatori della serie Dr. House, Ordinary Joe ha per protagonista Joe Kimbreau (interpretato da James Wolk), il quale al momento della laurea si trova davanti ad un bivio, dove ogni scelta lo porterà verso percorsi differenti. La serie lo segue dunque poi su tre linee temporali parallele ma diverse: la prima, dove egli è diventato un’agente di polizia, seguendo le orme del padre; la seconda, dove ha seguito la sua passione ed è diventato una star della musica; e la terza, dove lavora come infermiere, dopo aver sposato la sua fidanzata del college.

A ognuno le sue scelte

 Ordinary Joe è una formula utilizzata negli Stati Uniti per indicare una persona qualunque, nella media, quella che in Italia apostroferemmo con nomi come “Mario Rossi”, “Pinco Pallino” o “Tal de Tali”. La scelta di questo titolo per la serie è dunque già di per sé indicativo della volontà dei registi di entrare nella vita di un uomo perfettamente ordinario, mostrando attraverso di lui come anche le più apparentemente insignificanti scelte possano portare a percorsi di vita profondamente diversi. Le scelte che Joe compie nella serie partono dunque proprio da tale presupposto, presentando per tutti e 13 gli episodi di questa stagione scenari completamente differenti.

Lo spettatore è dunque chiamato ad osservare questi tre differenti scenari, cercando di cogliere di ognuno pregi e difetti che avrebbero potuto renderlo preferibile rispetto agli altri due. Non ci sono dunque particolari colpi di scena, ma un semplice svelarsi di possibilità perse o colte. Di per sé Ordinary Joe rischiava dunque di essere piuttosto “anonimo” e la possibilità di confondersi era notevole. Questa viene fortunatamente evitata distinguendo le tre linee temporali con tre ben distinte palette di colori. Verde per quella dove Joe è un infermiere, blu per quando è un poliziotto e arancione per quando è un affermato musicista.

Ordinary Joe recensione

Ordinary Joe: la recensione

Questi tre differenti colori dominanti sono comunque ben amalgamati tra loro affinché gli episodi nella loro totalità non risultino disomogenei. Allo stesso modo non sono discordanti le reazioni che il protagonista ha in una linea temporale piuttosto che in un’altra. La serie infatti sembra voler sottolineare come, nonostante la vita del protagonista cambi radicalmente in base alle scelte compiute, egli come persona rimane grossomodo simili e coerente caratterialmente. Le sue reazioni sono simili in ogni scenario, con le dovute differenze date dal contesto a rendere il tutto più realistico. Ne emerge dunque che la caratterizzazione del protagonista e la sua interpretazione da parte di Wolk sono due elementi di forza di Ordinary Joe.

Tutto ciò, tuttavia, non impedisce alla serie di rimanere un prodotto grossomodo nella media, dove il concept di base viene esplorato ma lasciando la sensazione di un potenziale non del tutto espresso. D’altronde quello del what if, come si diceva in apertura, è un concetto più e più volte esplorato e per renderlo accattivante forse non basta il volersi rifare ad una realistica rappresentazione dell’ordinaria vita di un uomo qualunque. Rimane un prodotto godibile, che può intrattenere e forse emozionare gli amanti di questo genere di drammi, ma la cui cancellazione dopo una sola stagione la dice lunga sul suo lascito.

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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
ordinary-joe-recensione-james-wolkOrdinary Joe si presenta ben articolata e caratterizzata, tanto per quanto riguarda i personaggi quanto per l'aspetto estetico generale. Tutto ciò, tuttavia, non impedisce alla serie di rimanere un prodotto grossomodo nella media, dove il concept di base viene sì esplorato ma lasciando la sensazione di un potenziale non del tutto espresso.