Inti-Illimani – Dove cantano le nuvole. Incontro con la stampa

I due registi del documentario incontrano la stampa dopo la proiezione della loro opera, le domande che vengono loro fatte sono sul passato e sulla modalità di realizzazione del filmato.

 

E’ presente anche il distributore, che spiega come è avvenuto l’incontro con Pagnoncelli e Cordio.

Come vi è venuta l’idea di fare un documentario sugli Inti-Illimani?

Francesco Cordio: In realtà è un successo per caso; un anno io e Paolo Pagnoncelli stavamo riprendendo un festival di musica popolare al quale partecipavano anche gli Inti-Illimani, e ci capitò di parlare con il loro manager, decidemmo quindi di seguirli nel tour che fecero nel sud Italia.

Fu divertente vedere e registrare come attirino un pubblico composito, fatto di loro coetanei, che ricordano il momento e gli anni che vissero in Italia, e di giovani che sono a conoscenza e amano la loro musica. Poi, li abbiamo seguiti in Cile, durante la campagna elettorale di Michelle Bachelet, e a quel punto abbiamo deciso di trovare un collante che unisse tutto questo materiale. Lo abbiamo fatto facendo raccontare ad ognuno di loro la storia del gruppo, gli anni dell’esilio e il ritorno in Cile.

Gi Inti-Illimani sono stati per anni il simbolo della sinistra italiana, come mai non avete interpellato nessuno di quel periodo per ricordarlo?

F.C.: Soprattutto perchè volevamo focalizzarci solo sulla musica e sull’importanza che questa ha avuto, sicuramente per l’Italia, ma soprattutto per il Cile, dove la loro musica veniva venduta di contrabbando negli anni della dittatura.

Ed infatti questa è la sensazione che abbiamo avuto, che in Italia ci fosse molto affetto e rispetto legato soprattutto alle istanze politiche, mente in Cile ci fosse una vera adorazione, proprio perchè il gruppo riflette un’epoca di grandi lotte e cambiamenti della nazione sudamericana.

Come lavora Distribuzione Indipendente, quali saranno le sale in cui uscirà il documentario e come le avete trovate?

Giovanni Costantino: Ci siamo interessati a delle opere che non avrebbero avuto una distribuzione ottimale nelle sale canoniche, un film come questo, in quanto documentario oltretutto low budget, non avrebbe avuto più di due sale in tutta Italia. Noi invece ci concentriamo su quelle che un tempo venivano definite sale di seconda visione, i cineclub o i circoli, ed abbiamo avuto un ottimo riscontro. Il documentario sarà in almeno 9 regioni per un totale di 40 sale.

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