La Fille Inconnue: recensione del film dei fratelli Dardenne

La Fille Inconnue

Jenny Davin è un giovane medico di base, di talento e molto apprezzata da pazienti e colleghi, non a caso il suo studio è costantemente pieno e le visite a domicilio si susseguono senza sosta. Dietro ogni medico esiste però anche un essere umano, oltre la professionalità e la dedizione vi è anche un orario di lavoro, al di fuori del quale il corpo e lo spirito chiedono disperatamente una pausa, una tregua. Per questo motivo Jenny non apre la porta del suo studio medico fuori orario di visita, non lo fa neppure una sera in cui è una giovane ragazza di colore a implorare aiuto (La Fille Inconnuedel titolo), per morire poco dopo non troppo lontano. È un evento che cambia radicalmente il modo di vivere e lavorare di Jenny, talmente divorata dai sensi di colpa che inizia una sua personalissima indagine per dare un nome alla misteriosa ragazza – e compiere una piccola redenzione. La ricerca però non porta a risultati immediati, anzi scoperchia un vaso di Pandora fatto di sfruttamento della prostituzione, omertà, intimidazione, violenza, rifiuto. Nella faccenda sono implicati anche alcuni suoi pazienti, che per certi versi iniziano a darle il tormento, senza aiutarla e accrescendo le sue colpe.

 

La Fille Inconnue film recensioneI fratelli Dardenne si affidano completamente a Adèle Haenel, stella nascente del cinema francese, per parlare come tradizione degli ultimi, dei dimenticati, ma in un modo stranamente freddo, distaccato. Nonostante La Fille Inconnue abbia le sue grandi, buone intenzioni, come spronarci ad essere più aperti verso gli altri, a tendere sempre la mano al prossimo, a non aver paura di aiutare chi è in difficoltà, la narrazione procede in modo statico, l’empatia rispetto al dramma di Jenny e della ragazza scomparsa è pari a zero. L’inchiesta inoltre non si fa mai interessante, non arriva nessuna motivazione valida per conoscere davvero il nome della vittima e l’attenzione cala minuto dopo minuto.

In questo senso non aiuta neppure l’interpretazione della protagonista, notoriamente attrice dalle sfumature limitate che anche in questo caso non riesce a regalare al suo personaggio uno spessore all’altezza; un dramma, poiché Jenny cambia radicalmente a livello caratteriale nel corso della storia, finendo per diventare meno brusca e incredibilmente più comprensiva. La sensazione è di guardare un film spento, poco ispirato, che non cambia di una virgola lo stile dei fratelli Dardenne, ma che allo stesso tempo manca di poesia, di emozione. Se i migliori lavori del duo sono stati, in passato, capaci di lacerare le viscere, di farci uscire dalla sala con un vuoto allo stomaco e con gli occhi gonfi e lucidi, questa volta si resta pressoché impassibili e delusi. Un clamoroso passo indietro, che speriamo resti unico e isolato.

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