Vietato Morire: recensione del film di Teo Takahashi

Vietato Morire

In Vietato Morire Quattro storie che s’incrociano all’interno della comunità di recupero per la tossicodipendenza di Villa Maraini. Sullo sfondo di una Roma scarna e reale i personaggi affrontano l’insormontabile muro dell’abbandono sociale; gli operatori sociali, spesso ex tossicodipendenti, non possono che vegliare sulle tragedie degli utenti avendo come unica fioca speranza la consapevolezza di alleviare il dolore sulla strada di un remoto e spesso inconquistabile futuro di redenzione.

 

L’opera prima di Teo Takahashi è la scelta di un docu-fiction in cui alterna o meglio intreccia fatti reali, documentati dagli operatori sanitari di Villa Maraini, e relazioni inventate come la storia d’amore tra Patrick e Arianna. Lo spettatore si trova di fronte un vero e proprio mix tra un documentario, in cui gli attori interpretano se stessi portando in scena la loro esperienza di vita e  testimoniando come le varie generazioni sono spinte verso la droga. Quindi il giovane regista romano ci mostra sentimenti quali la rabbia, la depressione o la sfiducia totale nella realtà lasciando che le persone-attori con sguardo in camera raccontano il loro passato e come sono arrivati a Villa Maraini. La fiction viene utilizzata per innescare i sentimenti tra i protagonisti, legami semplici e naturali che servono per tracciare un percorso che va dalla ricerca della speranza verso un nuovo futuro. Gi attori principali Patrick Romhalho e Arianna Di Cori ci mostrano la loro fragilità nel mantenere delle regole con se stessi e di come ogni minimo sentimento possa far cadere tutto il lavoro che si tenta di costruire.

Vietato Morire è caratterizzato da un forte intervento di montaggio realizzato da Andrea Scarecella e lo stesso regista, segnando la differenza tra le riprese pulite, che giocano su raccordi caratterizzati dalla messa a fuoco e quelle della fiction in cui le inquadrature che vengono ripetute, invertite, velocizzate e caratterizzate da una fotografia satura restituiscono una percezione disturbata del ricordo dello sballo. Inoltre, le inquadrature vengono costantemente punteggiate dalla musica dei De Roma Nostra, Assalti Frontali e Fracicus.

Teo Takahashi ci fornisce un racconto senza essere pretenzioso nelle posizioni o nelle retoriche del giusto e sbagliato con le scelte di vita della comunità. Molto bella è poco verbosa è la parte finale dei titoli di coda in cui gli operatori sanitari, ex tossici, testimoniano in breve il lavoro che svolgono e il ruolo della droga nella società e di come intacca la vita di chiunque.

Vietato Morire da 55′ verrà distribuito nel circuito di Distribuzione Indipendente a partire dal 15 febbraio e dal 22 Febbraio sarà possibile trovare la versione di 70′ su Own Air.

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