Un popolo che guarda a se
stesso con estrema lucidità, ma con inesorabile e sconcertato
pessimismo. Il Giappone che Sion Sono presenta nel suo Himizu è
quello del day after, dopo l’11 marzo.
Il film è in concorso a Venezia e nel suo eccessivo barocchismo riesce comunque a raccontare la grande volontà di guardare ad un futuro e ad una ricostruzione che sembra impossibile. Le intenzioni metaforici del regista finiscono troppo presto per retoriche, anche se l’eccesso visivo del film non copre diversi pregi, tra cui immagini di potente suggestione.
Il film racconta di Yuichi Sumida, un ragazzo che vuole diventare un uomo comune. Conduce un’esistenza tranquilla nel noleggio di barche della sua famiglia assieme alla madre, che lo trascura. La sua compagna di classe Keiko Chazawa ha invece l’unico desiderio di trascorrere la vita con una persona amata. La ragazza ha una cotta tremenda per Sumida e trova la felicità nell’averlo conosciuto nonostante lui la percepisca come un fastidio. Il padre di Sumida torna a casa solo quando è ubriaco e ha bisogno di soldi, e ogni volta sottopone il figlio a violenze fisiche e verbali. Sua madre peggiora la situazione scappando con l’amante e lasciando il figlio da solo. Chazawa cerca disperatamente di risollevare l’umore di Sumida. Una trama semplice per un film, un progetto che va molto al di là di quello che racconta, posizionandosi a metà tra la storia privata e la ferita collettiva che la potenza distruttiva della natura ha portato al Paese.
Altro film in Concorso, altra storia. Si
tratta di quella ben conosciuta di Cime Tempestoso, il famoso
romanzo di Emily Bronte ambientato nel ‘700 nelle brughiere
inglesi. La location resta immutata ma il cambiamento profondo
nella rilettura della regista Andrea Arnold non concerne lo
scenario ma i personaggi principali: il povero Heathcliff (Solomon
Glave da giovane, James Howson da adulto) diventa qui un giovane di
colore che porta con sè una componente fortemente polemica ma anche
attuale che stravolge i temi ma mantiene inalterato il succo del
romanzo. La grande passione rimane in primo piano, con la sua
esasperata emoziona. Si è parlato di rilettura dark, ma da quello
che si è capito si tratta di una definizione ironica. La stessa
Arnold dichiara in conferenza che voleva rendere ancora più marcata
la diversità del personaggio principale in contrapposizione con la
‘normalità’ di Cathy (Shannon Beer da giovane, Kaya Scodelario
da adulta).
“Trasporre il libro nel film è stato come un viaggio – spiega la regista – il romanzo, e il suo protagonista, per me sono diventati un’ossessione: si tratta di una storia dura, cupa, profonda, strana, perfino al di là della comprensione. Ho scoperto da pochissimo che la Bronte non voleva che qualcuno la leggesse: per lei era come un diario quasi pazzo. Ho cercato di rendere tutto questo anche filmando la natura, che è parte integrante della pellicola; e sottolineando il fatto che in ciascuno di noi c’è un istinto animalesco”.