Gabriele Muccino ha fatto molto parlare di sé nelle ultime ore a causa di una sua dichiarazione abbastanza “scooda” affidata a Facebook. La questione presa in esame dal regista è nientemento che il rapporto tra Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre il quarantesimo anniversario della morte, e il cinema, o meglio, la figura di regista.
Ecco cosa ha scritto Muccino:
Pier Paolo Pasolini, regista.
Leggo tanto di lui in questi
giorni, ovunque. Lasciatemi dire la mia, ciò che penso da quando
iniziai a sognare di diventare, un giorno, regista. Avevo
diciott’anni e avevo tantissimi riferimenti che ancora oggi sono
rimasti tali e altissimi.
So che quello che sto per dire suonerà impopolare e forse
chissà, sacrilego? Ma per quanto io ami Pasolini pensatore,
giornalista e scrittore, ho sempre pensato che Pasolini regista
fosse fuori posto, anzi,
semplicemente un “non” regista che usava la macchina da presa in
modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente
cinematografico sulle cose che raccontava, in anni in cui il cinema
italiano era cosa altissima, faceva da scuola di poetica e racconto
“cinematico” e cinematografico in tutto il mondo.
In quegli anni Pasolini regista aprì involontariamente le porte a
quella illusione che il regista fosse una figura e un ruolo
accessibile a chiunque, intercambiabile o addirittura
improvvisabile. La dissoluzione dell’eleganza che il cinema
italiano aveva costruito, accumulato, elaborato a partire da
Rossellini e Vittorio de Sica per arrivare a Fellini, Visconti,
Sergio Leone, Petri, Bertolucci e tanti, davvero tanti altri
Maestri, rese il cinema un prodotto avvicinabile da coloro che il
cinema non sapevano di fatto farlo. Non basta essere scrittori per
trasformarsi in registi. Così come vale anche il contrario. Il
cinema Pasoliniano aprì le porte a quello che era di fatto l’anti
cinema in senso estetico e di racconto. Il cinema italiano morì da
lì a pochissimi anni con una lunga serie di registi improvvisati
che scambiarono il cinema per qualcos’altro, si misero in conflitto
(come fece Nanni Moretti) con i Maestri che il cinema lo avevano
nutrito per decenni e di fatto distrussero con tutti quelli che
seguirono quella scia di arroganza intellettuale rifiutando anzi
demolendo la necessità da parte del Cinema di essere un’arte
POPOLARE e lo privarono, di fatto, di un’eredità importante che ci
portò dall’essere la seconda industria cinematografica più grande
al mondo ad una delle più invisibili.
Con legittimo e immenso rispetto per Pier Paolo Pasolini poeta e narratore della nostra società quando ancora in pochi riuscivano a interrogarla, provocarla e analizzarla, il cinema è però altra cosa.
GM
Cosa ne pensate?