Parole Arcane (se le conosci le eviti)

Laurie Anderson è una musicista di estrema sensibilità e talento, capace di toccare le corde dell’anima in una maniera che pochi altri al mondo riescono a fare. Infatti è nota ai più per aver realizzato la musichetta dello spot-progresso dell’AIDS negli anni ottanta, quella col TUM-TUM martellante e i tizi circondati da un alone azzurro manco fossero appestati. Poraccia. E calcolate che quello era il suo pezzo più catchy e commerciale.

 

aidsC’è da dire che il suo minimalismo non aiuta. Per lo più le sue musiche sono una singola nota ripetuta ossessivamente con su dei latrati casuali alternando il tempo di 3/8 moderato andante a quello di 7/4 stracciacoglioni. Arte astratta e sperimentale insomma, ma che ne volete capì.

Se non che, cosa che non sapevo, pare che Laurie Anderson faccia anche dei film, e uno, Heart of a Dog, lo presenta a Venezia. Dico vabbè è una cosa di musica, andiamo. Quando hai la lucidità di un fustino di Dixan e il tempo di 3 millisecondi per decidere prima che chiudano le porte della sala con una formula magica indecifrabile manco fossero le miniere di Moria, capita anche a volte di fare scelte affrettate.

E insomma il film rivela dei tratti dell’artista Anderson che nessuno ancora conosceva, per esempio quello di portare sfiga: in un anno le sono morte la mamma (che ha dovuto ascoltare la musica dello spot dell’AIDS allo sfinimento, pòra vecchia, e a una certa aveva pure diritto alla pace eterna) e la cagnetta che lei adorava come una figlia. Senza contare Lou Reed, il marito, grande musicista (lui intelligibile), scomparso nel 2013. Quindi scatta tutta una riflessione su temi fondamentali dell’esistenza umana come la vita, la morte, l’amore, il trapasso, la reincarnazione, l’undici settembre, la fettina panata e i film di Pierino apocrifi dopo la dipartita di Alvaro Vitali. E conseguentemente le domande fondamentali che uno si pone durante i momenti bui dell’esistenza (come ad esempio il Festival di Venezia a seconda settimana inoltrata): chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? ‘Ndo sta er cesso?

Il film parte con un sogno dell’artista dai connotati horror, realizzato a disegni animati (anzi, animali), dove lei si cuce sto pòro cane nella pancia e poi finge di partorirlo tra atroci sofferenze di lei e del cane. Ma è una cosa filosofica eh, perché per amare devi dare la vita. Lo spiegavano anche in un film della Troma, non ricordo se fosse Toxic Avenger – Parte IV o Killer Condom. Comunque alla fine ti racconta tutta l’agonia de sta pòra bestia, che negli ultimi anni era diventata cieca e paralitica ma il maestro buddhista dice che l’iniezione letale sugli animali ridotti allo stremo è uno scempio perché nessuno ha diritto di togliere la vita a nessuno. Sarà.

Quindi per consolare ‘sto catorcetto canino Laurie le insegna prima a dipingere e poi a suonare il piano, e il grande colpo di scena è che si scopre che il cane, cieco e paralitico, suona molto meglio di lei.

Tutto ciò mi ricorda una vecchia barzelletta, con cui mi piace chiudere questo post che poi c’ho la presentazione del mio libro e oggi devo far finta di essere una persona seria dalle 17,15 alle 18,15 circa.

Nel salotto di una villa nobiliare elegante e demodé un signore elegante e una dama sono seduti meditabondi sulle loro poltrone, davanti a un camino scoppiettate, con un bel cane di razza (diciamo un rat terrier, per omaggiare la defunta cagnolina di Anderson, pace all’anima sua) che dorme sornione accoccolato ai loro piedi.

Lui: “Deh, cara! Essere o Non Essere, questo è il problema!”

Lei: “Oh, caro! Perché pronunci queste parole arcane?”

Lui: “Ar cane? E chi se lo incula er cane?”

Ai posteri

(Ang)

 

E infatti io il cane non me lo so inculata, e ovviamente vincerà il Leone d’Oro. Segnatevelo.

Ma io stamattina avevo una cosa seria da fare: ritornare donna. Ho cercato Hooper da qualche parte, visto che gliè venuto bene il colpaccio con Redmayne, e io diciamocelo che so’ ‘la danni girl’ potevo pure impietosirlo. Ma niente, credo sia scappato sulla lancia di Ang, per cui mi tocca fa il gatto bagnato con le meravigliose ragazze della L’Oreal.

Vi premetto che sono arrivata al salone che avevo du occhi pesti grandi quanto la Nigeria. Questo perché mi sono svegliata in modo strano, sto provando a ricostruire le mie ultime 24 ore.

Ricordo vagamente che ero alla festa di un film italiano che per discrezione non dirò, e ho fatto le 4. Il party si è tenuto a Bobbio, abbiamo preso una lancia che si è dematerializzata e rimaterializzata nel fossato di un antico chiostro di monaci trappisti, che hanno accolto gli invitati su un tappeto di luppoli. whoopèAppena entrati, un coro di monache dirette da Whoopi Goldberg inneggiava all’amore di Dio cantando una versione gospel di  ‘Le ragazze lo voliono melìo’ (ah no quello è n’altro film). Insomma, capite bene che con uno stato d’animo che per semplicità definirò solamente ‘mesto’ entro silenziosa con le mie fide compari in questo posto, e dovevo sospettare qualcosa in effetti. Mi avvicino al bar, dove servono solo cocktail a base di spremuta di pancreas di pavone. Gusto strong. Per giustizia devo ammettere che da ste parti ho provato intrugli molto peggiori, tipo il vino della casa sventra stomaco dell’altra sera. Va bene. Parte la musica seria: vedo gente incappucciata e libidinosa che inizia a ballare, balli tipo ‘il ballo del mattone’, ‘dammi una lametta che mi laglio le vene’, me ricordo vagamente che è la festa di un film e continuo a preoccuparmi in maniera sempre più agitata della mia incolumità. A un certo punto, non faccio in tempo a trovare la porta d’uscita, che qualcuno urla: ‘Fidelio!’ e il pavimento si sgretola e ci troviamo in una sala al piano di sotto, gialla, dove ci servono la cena. Tutto molto buono, devo dire, specialmente una pietanza. Mi sono fatta dare la ricetta, adesso ve la dico:

Polpettine speziate al sangue del tuo sangue con capperi di Pantelleria.

Difficoltà: bassa

Per 4 persone

Prendete 10 uova dal pollaio di Sorrentino, del pane raffermo e un po’ di critici cinematografici dopo che avete proiettato in loop l’ultimo film di Guadagnino. Mi raccomando prendeteli giovani e dalla Sala Grande, che altrimenti si sente che non sono freschi e non vengono bene le polpette. Sale, olio e pepe quanto basta.

Prendete una planetaria (quanto mi sento cazzuta quando so i termini tecnici), rompete le uova, anche i coglioni, così per gradire, e aggiungete sale, pepe, formaggio grattugiato, e metteteci un po’ di allegria mentre impastate, e che cazzo. Triturate gli spettatori del film, per insaporire prima di infierire col macinacarne, mi raccomando, ditegli che sono dei dementi perché hanno sprecato due ore della loro vita. Dopo unite i due composti, fate delle piccole polpettine. Prendete una padella, scaldate dell’olio e rosolate le polpette per 5-6 minuti da entrambi i lati. Togliete dal fuoco, salate. Servite con del bloody mary aromatizzato con del buon tabasco e dei capperi di Pantelleria.

Poi ricordo il suono della sveglia. Ho vomitato. Mi sa che le uova non erano del pollaio di Sorrentino, ma di quello di Messina.

Vado a vedere 11 Minuti.

(Vì)

- Pubblicità -