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Vincere di Marco Bellocchio con Filippo Timi

Vincere di Marco Bellocchio con Filippo Timi

Vincere è un film di Marco Bellocchio uscito nel 2009, con Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi nei panni rispettivamente di Ida Dalser e di Benito Mussolini giovane, nonché del figlio non riconosciuto da quest’ultimo, Benito Albino. Un film da consigliare, perché ben fatto, ma soprattutto, perché ci narra una vicenda che i libri di storia e i documentari non ci hanno mai raccontato, vuoi per censura, vuoi per mancanza di prove inconfutabili. Ma a Bellocchio è bastato guardare un documentario della Rai del 2005 per restarne colpito e decidere di farne un film, dando a tanti l’opportunità di venire a conoscenza di una delle tante storie taciute del nostro Paese; storie che riguardano tanto i potenti, quanto chi li ha amati senza essere contraccambiati.

Vincere, la trama

In Vincere Benito Mussolini è da giovane un fervente socialista, pacifista, anticlericale, direttore del giornale l’Avanti. Ma dentro di sé cresce una spinta propulsiva, egoista, ambiziosa, quasi sovrumana. Una spinta che lo porta a lasciare il partito e il giornale e fondare un Movimento (i fasci di combattimento) e un proprio giornale, Il Popolo d’Italia. Partecipa pure alla Prima Guerra Mondiale. Ad accompagnarlo in questa evoluzione o involuzione (dipende dai punti di vista) c’è Ida Dalser, ragazza passionale quanto lui. Dalla loro unione clandestina ed extraconiugale nasce Benito Albino, ma entrambi vengono a poco a poco messi ai margini da quello che diventerà il Duce d’Italia. Prima li fa rinchiudere in una cascina in campagna e poi li divide facendoli rinchiudere rispettivamente in un manicomio e in un orfanotrofio. Ma la giovane Ida non si da per vinta.

Marco Bellocchio ci racconta una storia cancellata dai libri di scuola o di saggistica. La storia di una donna che ha difeso fino in fondo un amore impossibile. Una passione trasmessa allo stesso figlio, che pure non ha mai cancellato il suo vero nome. L’interpretazione degli attori principali è molto coinvolgente, tanto che riescono a trasmettere appieno allo spettatore tutti i sentimenti che i personaggi interpretati provano dentro o esternano.

La Mezzogiorno interpreta al meglio l’audacia di una donna che non vuole rinunciare al suo amore e alla sua passionalità per un uomo diventato inarrivabile; sfidando perfino le regole assurde ed opprimenti che egli aveva messo in piedi con tanto di Regime autoritario. Quanto a Timi, si immedesima ottimamente nel ruolo di un giovane Mussolini in ascesa, ha sempre uno sguardo perso e soprappensiero, che tradisce il pensiero per chissà quale nuova meta da superare dall’alto della propria instancabile ambizione. Con uguale bravura interpreta anche il loro figlio clandestino, Benito Albino, il quale fu rinchiuso in un orfanotrofio col cognome della madre. Molto ben riuscita l’imitazione del padre da parte del figlio, un’imitazione ai limiti della nevrosi. Quella nevrosi che lo porterà all’auto-distruzione.

È stato l’unico film italiano in concorso al Festival di Cannes del 2009 e premiato ai David di Donatello 2010 con otto premi su quindici candidature, fra cui quello per il miglior regista. Non ha vinto quello per il miglior film, conquistato da L’uomo che verrà, ambientato sempre durante la Seconda Guerra Mondiale.

Una parigina alla riscossa: Melanie Laurent

Una parigina alla riscossa: Melanie Laurent

Non prendere lezioni di recitazione, non imparare a memoria le tue battute, non aver paura d’essere ridicola.” Pochi i consigli che Melanie Laurent ha ricevuto dal suo mecenate cinematografico Gerard Depardieu e che con dedizione e volontà le hanno consentito di costruirsi in breve tempo un’interessante carriera.

Melanie Laurent, biografia

Parigina DOC, Melanie Laurent nasce nella capitale francese il 21 febbraio 1983, figlia di una professoressa di danza e di un doppiatore (è la voce di Ned Flanders nella versione francese de I Simpson): nonostante le velleità artistiche della famiglia il primo approccio col mondo del cinema avviene in modo assolutamente casuale a soli 13 anni, accompagnando una sua amica ad un’audizione per un ruolo in Asterix e Obelix contro Cesare; galeotto allora l’incontro con Depardieu, che dopo aver notato la giovane dietro le quinte le propose subito un ruolo, scritturandola nel suo film Un pont entre deux rives dove interpreta il ruolo di Lisbeth. Segue un periodo di intensa attività in patria con diverse pellicole, da Ceci est mon corps (2000) di Rodolphe Marconi con Louis Garrel e Jane Birkin, a Embrassez qui vous voudrez (2002), dove interpreta la fidanzata di Gaspar Ulliel, e la fiction Il partigiano Moulin.

Melanie Laurent, filmografia

Nel 2004 torna a essere diretta da Rodolphe Marconi in Le Dernier Jour, dove interpreta nuovamente la ragazza di Ulliel, stavolta messa da parte da lui per l’amore omosessuale verso un amico d’infanzia e l’anno dopo è nuovamente sugli schermi in Tutti i battiti del mio cuore di Jacques Audiard con Roman Duris, nel ruolo dell’amante di un boss della mala russa. Il 2006 è un anno importante grazie al film Je vais bien, ne t’en fais pas di Philippe Lioret dove interpreta il ruolo di Lili, diciannovenne disperata per la separazione dal fratello gemello col quale ha un fortissimo legame, prova che le fa vincere il premio Cesar e il Lumiere come migliore promessa del 2007.

Segue nel 2008 Parigi di Cédric Klapisch, opera corale dove ritrova Roman Duris, per interpretare una studentessa della Sorbona oggetto dell’ossessione del suo professore di storia (interpretato da Fabrice Luchini) che cerca di conquistarla dedicandole versi di Charles Baudelaire. Nello stesso anno recita nel disperato L’amore nascosto di Alessandro Capone, dramma dai toni inquietanti che scava nella mente distorta di Danielle (interpretata da Isabelle Huppert), ricoverata in un ospedale psichiatrico dopo l’ennesimo tentativo di suicidio: a Melanie il ruolo di Sophie, figlia odiata e respinta sin dalla nascita, algida e misteriosa che come un fantasma appare alla ricerca di risposte nella stanza di Danielle e cerca disperatamente di superare l’innaturale odio di una madre verso la sua creatura con esiti tragici.

Il 2009 sarà l’anno che finalmente le porterà la fama internazionale: Quentin Tarantino la consacra regina assoluta del suo Bastardi senza Gloria, dove interpreta l’ebrea Shoshanna Dreyfuss: ormai entrata nel mito la perfomance della Laurent, una metamorfosi di odio per una ragazza indifesa e terrorizzata, sporca del sangue dei familiari e in fuga dalle grinfie del terribile Hans Landa nelle prime scene, per diventare la proprietaria di un cinema animata da spietata sete di vendetta; con sguardo assatanato fra le fiamme, con una risata fragorosa capace di tormentare i più terribili incubi, si impone sullo schermo per realizzare la più impossibile e allettante della fantasie: uccidere Hitler e cambiare il corso della storia. «Il suo obiettivo? Uccidere Hitler – conferma Melanie Laurent – È una tipica eroina tarantiniana, una donna e una guerriera. Comincio il film in salopette e lo finisco in veletta e abito da sera. Come temperamento, mi sento molto vicina a lei: sono ebrea anch’io, e fin da ragazzina ho sognato la stessa cosa, eliminare il Fuhrer».

Dopo i fasti di Tarantino Melanie decide di concedersi la commedia Il Concerto Radu Mihaileanu e con Aleksei Guskov: qui interpreta Anne Marie Jacquet, grande violinista alla ricerca del proprio passato, che accetta di suonare Tchaikovsky insieme a una stramba orchestra di musicisti russi, cacciati dal regime sovietico e in cerca di riscatto, arrivati a Parigi grazie a uno scambio d’identità. Nel 2010 interpreta Annette Motod in Vento di primavera di Roselyne Bosch, nei panni di un’infermiera che si adopera per aiutare le famiglie ebree durante i rastrellamenti del 1942 nel quartiere della Butte Montmartre. Dopo aver terminato le riprese del suo primo lungometraggio da regista Les Adoptés, ha registrato il suo primo album musicale con il nuovo compagno Damien Rice. «Sono iperattiva, non riesco a stare ferma. Mi pare di non avere abbastanza tempo per realizzare tutto quel che ho in mente. Vacanze? Mi annoiano, al massimo riesco a prendermi un giorno solo, tutto per me, per fare shopping, comprarmi delle scarpe». La bella Shoshanna sembra inarrestabile: provate a fermarla.

Addio Jane Russell

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Si e’ spenta nella sua casa californiana di Santa Barbara, a 89 anni, Jane Russell, uno dei piu’ famosi sex symbol di Hollywood degli anni ’40 e ’50.

In arrivo Bridget Jones 3

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Renée Zelleweger potrebbe indossare nuovamente i goffi panni di Bridget Jones ad eccezione però che non sia costretta ad ingrassare per il ruolo.

Renée Zelleweger ridiventa Bridget?

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Renée Zelleweger potrebbe indossare nuovamente i goffi panni di Bridget Jones ad eccezione però che non sia costretta ad ingrassare per il ruolo.

Will Smith diventerà Giobbe?

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“Joe è un uomo che vive il sogno americano. Ha una bella casa con lo steccato bianco, dei bambini e una moglie fantastica, delle belle auto. Dio e il diavolo si incontrano ogni 1000 anni per scommettere sulla vita di un uomo, e il destino del mondo è a rischio. Quello che ci capita nel corso di una vita intera, a quest’uomo capita in una settimana. E’ un dramedy, cioè, di base è una commedia, ma con un nucleo molto drammatico”.

Tarantino si da al western all’italiana

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Finalmente Quentin Tarantino si è deciso ad uscire allo scoperto. Il suo prossimo progetto sarà uno spaghetti western, genere di film che da tempo sogna di fare e che a forza ha inserito in tutti i suoi film precedenti, da Le Iene ai Bastardi senza Gloria.

Pietro – recensione

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Col film che s’intitola Pietro, il regista Daniele Gaglianone ha gareggiato al Festival del Cinema di Locarno 2010. L’ambientazione è a Torino, nei “grigi” quartieri in periferia. Il protagonista Pietro sta superando l’età della giovinezza, ma dei problemi psicologici ne frenano il raggiungimento della maturità. Più che la goffaggine nei movimenti, in lui conta la continua “sudditanza” ai comandi del fratello Francesco, tossicodipendente. I due giovani vivono insieme, in un appartamento fatiscente.

Potiche – recensione

Potiche – recensione

altConsiderato uno fra i registi più “interessanti” del panorama europeo, nel suo nuovo film Ozon ha scelto di alleggerire i toni, rinunciando sia alla sceneggiatura “gotica” sia al simbolismo. Qui Potiche sta per una parola francese che traduciamo come soprammobile. La protagonista del film è Suzanne, moglie dell’industriale Robert Pujol (la cui fabbrica produce ombrelli). Una vera e propria bella statuina per il marito, che da sempre la confina al ruolo di casalinga, più che altro per accudire i figli della coppia. Suzanne un po’ alla volta prende coscienza di sé, arrivando persino a spodestare Robert dalla presidenza industriale. Dunque la bella statuina comincerà ad “attivarsi” continuamente.

Tim Burton rifà Victor Hugo

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tim burton

Tim Burton, che si sta godendo i due Oscar indirettamente ottenuti grazie ai costumi e alle scenografie del suo Alice in Wonderland, se ne approfitta anche per sfruttare a suo vantaggio l’enorme successo commerciale di questo film.

Addio a Jane Russell

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Si e’ spenta nella sua casa californiana di Santa Barbara, a 89 anni, Jane Russell, uno dei piu’ famosi sex symbol di Hollywood degli anni ’40 e ’50.

Manuale d’Amore 3: recensione del film

Manuale d’Amore 3: recensione del film

Eccoci con Manuale d’Amore 3, terzo capitolo della manualistica amorosa di Giovanni Veronesi. Senza dubbio questo non si discosta dai precedenti per concezione ed impianto: la struttura a episodi, i personaggi dell’uno che interagiscono con quelli dell’altro, la voce fuori campo a unificare il tutto, la scelta del cast di Manuale d’Amore 3, che punta su alcune conferme (Scamarcio, Bellucci, Verdone), qualche novità (Chiatti, Solarino, Placido – già scelto da Veronesi per Genitori e figli: Agitare bene prima dell’uso) e su quel “colpaccio” messo a segno dal regista, che è la presenza di Robert De Niro.

Nessuna sorpresa in Manuale d’Amore 3, neppure per quel che riguarda il modo di affrontare il tema: Veronesi propende senz’altro per la commedia romantica, soprattutto negli episodi Giovinezza e Oltre, e più in generale per la commedia di situazione e la comicità pura (quella delle porte in faccia, per intenderci). Il tutto confezionato con rassicuranti lieti fini, romantiche battute “da manuale” e la retorica presenza di un Cupido tassista, forse omaggio al tassista deniriano di tutt’altro tenore, che scocca frecce d’amore tra un episodio e l’altro ed elargisce massime sul sentimento in oggetto. Sceneggiatura curata da Veronesi stesso e da Ugo Chiti, come per gli altri due “manuali”.

Dunque, se amate l’universo del regista di Prato, potrete tuffarvici ancora senza sostanziali sorprese. Se invece speravate in un’evoluzione verso la commedia all’italiana più ricca di ironia e sarcasmo, dall’orizzonte più realistico e non così facilmente rassicurante, beh, neppure in questo capitolo sarete accontentati.

Ma veniamo ora agli episodi di Manuale d’Amore 3. Primo: Giovinezza. È il più vivace e fresco dei tre, con l’efficace passaggio da Roma alla Toscana, dove il protagonista Roberto/Riccardo Scamarcio tenterà un’ultima fuga dalle responsabilità della vita adulta assieme a Micol/Laura Chiatti, prima di sposarsi e metter su famiglia con Sara/Valeria Solarino. Funziona senz’altro l’affresco di provincia toscana, di cui Veronesi ha diretta esperienza, e coinvolge lo spirito goliardico degli altri personaggi dell’episodio (il vigile, il picchiatello, il vecchio padrone di casa – Carlo Monni, il Vitellozzo di Non ci resta che piangere – così come funziona Riccardo Scamarcio in veste d’attore comico (a tratti verdoniane le situazioni pensate per lui da Veronesi), brava anche Laura Chiatti nei panni della leggera e spregiudicata Micol. Spesso divertente e coinvolgente, l’episodio non prescinde però da scivolate nel banale e nel romanticismo a rischio di diabete, specie in alcuni dialoghi tra i promessi sposi Riccardo Scamarcio e Valeria Solarino.

Secondo: Maturità. Episodio di comicità pura, protagonisti il mezzobusto televisivo di successo Carlo Verdone/Fabio e l’affascinante Eliana/Donatella Finocchiaro, che lo irretirà, rivelandosi poi affetta da seri problemi psichici dai risvolti pericolosi. Comicità pura, ovvero quella che nasce da situazioni grottesche e rocambolesche. Per intenderci, tutto ciò che abbiamo già visto fare a Verdone nei due precedenti “manuali” e non solo: Verdone in mutande, Verdone maltrattato, picchiato (più o meno per gioco), incerottato, che tradisce e si fa scoprire, per poi chiedere umilmente e ridicolmente perdono, e l’altrettanto immancabile Verdone ipocondriaco. Insomma, tutto l’ampio repertorio di gag in cui ormai l’attore romano è specializzato, ma che forse proprio per questo risultano logore, abusate e perdono in vis comica, e la cui interpretazione appare stereotipata. Qualche risata, sì, ma non quante ci si poteva aspettare. Riuscita la scena dell’incontro tra Fabio e Adrian/Robert De Niro.

Terzo: Oltre. Indubbiamente l’episodio più atteso, che vede Robert De Niro protagonista nei panni del professore americano. È il personaggio più misurato del film, porta con eleganza i suoi anni, il suo italiano con accento americano (meticolosamente studiato) non sfigura affatto e, vivaddio, dopo anni di doppiaggi (anche eccellenti), grazie a Veronesi sentiamo la sua voce.

Detto ciò, la strana amicizia tra i due opposti Robert De Niro/Adrian, compassato e timido, e Augusto/Michele Placido, portiere meridionale, triviale e sanguigno, risulta credibile e autentica. Tutto potrebbe funzionare, perfino l’amore, quasi dimesso e in punta di piedi, che sboccia tra la giunonica e fatale Viola/Monica Bellucci (che, a parte l’avvenenza, non rivela grandi doti d’attrice) e l’ancora affascinante Adrian. Se non che, anche qui come nel primo episodio, si finisce per scivolare nella retorica. Per ora dunque il regista non intende emanciparsi da questo approccio. Chissà, forse ci stupirà nel prossimo capitolo della serie, cambiando del tutto orientamento. O forse no, visti gli incassi.

Easy Girl: recensione del film con Emma Stone

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Easy Girl: recensione del film con Emma Stone

In Easy Girl Emma Stone è Olive, una ragazza che, a seguito di una piccola bugia, si trova in un mare di guai. Reputazione rovinata, migliore amica abbandonata e scuola in rivolta: Olive dovrà affrontare tutto questo per rimettere in piedi la sua reputazione. Easy Girl è una divertente commedia giovanilistica che si regge sul fondamentale ruolo di Emma Stone, bravissima e brillante, non solo perché ne è la protagonista ma soprattutto perché sembra l’unico carattere a tutto tondo, ben delineato e strutturato intorno ad una fisicità esile e briosa che tiene senza alcuna esitazione le redini del racconto.

Easy Girl, il film

Molti i temi accennati da una sceneggiatura che poggia leggere dita su ogni personaggio infondendogli vitalità: dal bullismo all’omosessualità giovanile, dal fanatismo religioso all’ipocrisia della buona società fino al nevralgico problema del pettegolezzo che al liceo può diventare una vera e propria condanna. La storia procede senza un vero e proprio crescendo, poiché da subito la narrazione sembra sfuggire un po’ di mano al regista che pure cerca di domarla con una regia rapida, con momenti da videoclip, ma il più delle volte sobria. E la bella Emma nei panni succinti di Olive cerca con tutte le sue forze di correre a destra e sinistra proprio come, nella finzione, cercherà una via d’uscita alla sua situazione in maniera confusa e disordinata.

Ottimi personaggi di contorno sono i genitori dell’adolescente Olive interpretati da due magistrali Stanley Tucci e Patricia Clarkson, controcorrente, irriverenti e sicuramente tra le cose migliori del film. Il titolo originale di Easy Girl è Easy A, citazione (che ben si comprende nel film) de La Lettera Scarlatta, il famoso romanzo di Hawthorne nel quale una donna commette adulterio e viene costretta ad andare in giro con una A rossa stampata sui vestiti, ed è questa la soluzione che sceglierà Olive. Quando le cose sembrano essere arrivate al punto di non ritorno la ragazza comincerà a sfruttare a suo vantaggio il suo presunto essere “una ragazza facile” andando in giro per la scuola con la stessa A cucita sui vestiti.

Il finale di Easy Girl è scontato e il lieto fine non tarda ad arrivare, fa cadere tutto l’anticonformismo che sembrava rendere questa protagonista così speciale e riduce il film ad un’altra commedia come tante. Ma alla fine non si cercano complicazioni, il film si lascia guardare e strappa qualche sorriso, senza troppo chiedere alla mente dello spettatore.

Box Office ITA 28/02/2011

Manuale d’amore 3 è l’unica new entry a imporsi al botteghino, benché con un risultato sotto le aspettative. Il cigno nero soffia il secondo posto ad Amore e altri rimedi, in un fine settimana molto positivo per il thriller con il Premio Oscar Natalie Portman.

Era ovvio che Manuale d’amore 3 avrebbe esordito al primo posto del box office italiano, ma il risultato ottenuto non può certo essere indice di successo: 2,9 milioni raccolti nei tre giorni, quasi la metà di quanto ottenuto nel weekend d’esordio di Manuale d’amore 2 (6,1 milioni). E’ probabile che gli italiani si siano un po’ stufati delle commedie nostrane, che hanno assalito in massa le nostre sale negli ultimi due mesi.

Chi invece può cantare vittoria, e non solo per il Premio Oscar appena conquistato dalla splendida protagonista Natalie Portman, è Il cigno nero: il film incassa altri 991.000 euro nel suo secondo fine settimana, un risultato molto simile al weekend d’esordio, e arriva a 2,6 milioni totali. E’ evidente che il passaparola sta influenzando positivamente la pellicola.

Amore e altri rimedi scende così al terzo posto con altri 800.000 euro per 2,5 milioni complessivi. Il grinta, grande sconfitto agli Oscar, mantiene la quarta posizione, raccogliendo 703.000 euro per 2,1 milioni totali.

Femmine contro Maschi inizia la parabola discendente con 655.000 euro, giungendo a quota 10,8 milioni.
Unknown – Senza identità debutta al settimo posto con 643.000 euro, ottenendo una media molto positiva.
Il trionfatore degli Oscar 2011, Il discorso del re, abbatte la soglia dei 5 milioni complessivi con altri 483.000 euro: chissà se gli importanti premi appena vinti, tra cui il Premio Oscar come Migliore Attore al magistrale Colin Firth, recheranno ulteriori benefici alla pellicola di Tom Hooper, consacrato regista dell’anno.

127 ore debutta all’ottavo posto con soli 320.000 euro. Chiudono la top10 Immaturi (310.000 euro) e I fantastici viaggi di Gulliver (290.000 euro), arrivati rispettivamente a quota 14,6 e 3,2 milioni.

Quanto alle altre new entry, pessimi risultati da segnalare: Shelter – identità paranormali (tredicesimo) debutta con 186.000 euro, mentre Ladri di cadaveri segue con 101.000 euro.

Independent Spirit Awards 2011: vince Il Cigno Nero

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Come da tradizione la sera prima della ‘Grande Notte’ l’Independent Film Project ha assegnato gli Independent Spirit Awards 2011, premi che ogni anno consacrano i migliori film, i migliori attori, i migliori registi e sono dedicati ai film indipendenti, fatti con un budget massimo di 20 milioni di dollari.

Box Office USA del 28 febbraio 2011

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Di tutti i film premiati agli ultimi Oscar, solo Il discorso del re, vincitore della statuetta come miglior film, miglior regia e miglior attore protagonista, è presente in classifica. In bassa classifica, più o meno da quando è uscito a fine Novembre.

Gli altri, Il cigno nero, The fighterIl grinta sono usciti di classifica da qualche settimana, mentre ovviamente The Social Network e Inception non sono presenti perchè usciti molto prima nelle sale. La vetta della classifica del box office statunitense questa settimana va al film di animazione Disney Gnomeo and Juliet, che dopo due settimane di classifica raggiunge i 75 milioni di dollari di incasso. Il nuovo film dei fratelli Farrelly, Hall pass, con Owen Wilson, Jenna Fischer e Christina Applegate, alla prima settimana di uscita si guadagna la seconda posizione, con 13 milioni di incasso. E’ l’ennesima commedia un po’ assurda in cui a un marito viene concesso di avere rapporti extraconiugali a patto che sia un beneficio anche della moglie. Ovviamente, le cose si complicano.

Liam Neeson e la sua crisi di identità in Unknown scendono in terza posizione con però un incasso di quasi 43 milioni di dollari. La commedia degli equivoci Mia moglie per finta con Adam Sandler finto marito della finta ex moglie Jennifer Aniston rimane il quarto incasso di questa settimana, ma raggiunge un totale ragguardevole di quasi 80 milioni di dollari. La produzione Dreamworks, firmata Spielberg e Michael Bay Sono il numero quattro, risale la classifica e si ferma in quinta posizione, mente il live di Justin Bieber Never say never resta stabile a metà classifica, forse forte del secondo giro di visione delle fan più accanite.

In settima posizione ecco finalmente il miglior film: Il discorso del re passa la sua terza settimana in questa posizione della classifica degli incassi, raggiungendo i quasi tre mesi di uscita e 115 milioni di dollari di incasso. Una lunga strada iniziata con il successo al Toronto Film Festival e arrivata fino agli Oscar. Il film demenziale Big Mommas: like father like son, sembra già aver esaurito le sue cartucce visto che precipita quasi fuori classifica in ottava posizione. Il nono incasso è invece del nuovo film con Nicolas Cage, Drive Angry 3D, appena scelto come “Worst movie of the Weak (sic)” dalla prestigiosa associazione che consegna ogni anno i Razzie Awards, le pernacchie d’oro, un giorno prima degli Oscar. A chiudere la classifica, il thriller The roommate.

Le uscite della prossima settimana sono molte e variegate,in molti casi legate al festival Sundance appena terminato. Esce anche  Lo zio Boonme ricorda le sue vite precedenti, vincitore a Cannes, grazie alla giuria presieduta da Tim Burton. Quindi abbiamo I saw the devil, film thriller coreano con ottime critiche, in selezione al Sundance. Tra i possibili successi esce invece Rango, film di animazione di Gore Verbinski, regista della saga de I Pirati dei Caraibi, in cui  Johnny Depp presta la voce al camaleonte protagonista e Take me home tonight commedia con uno dei protagonisti di That 70’s show, Topher Grace e Anna Faris che ha avuto una discreta pubblicità durante il Superbowl, grazie a questo video. Da Sundance arriva anche Red State, un horror di Kevin Smith, il regista di Clerks e la commedia Happythankyoumoreplease.

César 2011: i premiati

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Un po’ in ombra rispetto ai più prestigiosi e ‘ricchi’ Oscar, sono stati assegnati anche i César, i premi che si assegnano al meglio del cinema in Francia.

Il Discorso del Re trionfa al Kodak

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Il Discorso del Re ha trionfato al Kodak Theatre, forse un po’ a sorpresa, ma questo è quando l’Academy ha deciso. Tornata a letto dopo la lunga notte in bianco, non posso che essere soddisfatta per i risultati, a dispetto di ciò che temevo.

Oscar 2011: vincitori!

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Si è appena conclusa la 83esima edizione degli Academy Awards. Forse a sorpresa, ma sicuramente a ragione, trionfa il Discorso del Re, mentre grande escluso dalle premiazioni è stato Il Grinta dei Coen. Delusione nche per The Social Network per il quale forse si ci aspettava qualcosa in più.

“Silvio forever”, docu-film su Berlusconi

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Uscirà il prossimo 25 marzo “Silvio forever”, autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi dagli autori de “La Casta” Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. La regia è di Roberto Faenza e Filippo Macelloni.

Una notte da leoni 2: teaser Trailer!!

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Una notte da leoni 2: teaser Trailer!!

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Ecco finalmente arrivare il Teaser Trailer di Una notte da leoni 2. Ritorna tutto il cast principale Phil (Bradley Cooper), Stu (Ed Helms), Alan (Zach Galifianakis) e Doug (Justin Bartha).

Shining: recensione del film di Stanley Kubrick

Shining: recensione del film di Stanley Kubrick

Shining è il film horror culto di Stanley Kubrick con protagonisti nel cast Jack Nicholson, Shelley Duvall, Naddy Lloyd e Barry Nelson.

ShiningAnno: 1980

Regia: Stanley Kubrick

Fotografia: John Alcott

Montaggio: Ray Lovejoy

La trama di Shining: La scrittore Jack Torrence (Jack Nicholson) accetta il lavoro come custode dell’Hoverlook Hotel, immenso albergo di lusso tra i monti del Colorado dove spera di ritrovare la vena artistica per continuare il suo romanzo. L’hotel nella stagione invernale rimane isolato dal mondo.

Qui, qualche anno prima, l’ex custode uccise la famiglia in un raptus omicida. Jack, per nulla spaventato dal macabro precedente, vi si trasferisce con la moglie Wendy (Shelley Duvall) e il figlio Danny (Danny Lloyd). Il piccolo Danny ha la capacità di vedere eventi passati e di comunicare telepaticamente. Il cuoco dell’albergo, Dick Halloran ( Scatman Crothers ), possiede le sue stesse doti e prima di abbandonare l’hotel fa in modo di avvertirlo: le molte cose terribili successe in quel luogo continuano ad esercitare la loro forza negativa.

Danny dovrà mettersi in contatto con lui se le cose si metteranno male utilizzando proprio il suo dono, che gli dice chiamarsi Shining (con infelice traduzione italiana in: “Luccicanza”). Immagini spettrali e sanguinose, che sembrano avere il loro fulcro nella camera 237, si faranno sempre più concrete e altereranno la mente di Jack Torrence.

Tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, che ne contesterà l’adattamento, Shining (The Shining) è l’opera d’Arte con cui Kubrick apre gli anni ’80 , esaltando ancora una volta le specificità del linguaggio cinematografico attraverso il confronto con la letteratura. Stanley Kubrick aveva segnato il  decennio precedente con altri due capolavori: Arancia Meccanica (A Clockwork Orange del 1971), adattamento del romanzo di Anthony Burgess,  e Barry Lyndon (1975), monumentale film storico tratto da Le memorie di Barry Lyndon di William Makepeace Thakeray .

ShiningAl centro del loro lavoro, Kubrick e la Johnson hanno come riferimento la definizione freudiana di perturbante: “ciò che doveva rimanere celato e che è venuto alla luce”. Il maniacale perfezionismo tecnico-formale di Kubrick non è mai fine a sé stesso ma funzionale ad esprimere con i mezzi del cinema una complessa rete di sensazioni e riflessioni.

Paradigmatico è l’uso della fotografia curata da John Alcott (grande direttore della fotografia, che ha firmato altri capolavori di Kubrick: 2001 Odissea nello spazio, Arancia Meccanica e Barry Lyndon). Kubrick e Alcott ribaltano i canoni del genere: invece di far leva sulla simbologia luce/ombra secondo modalità già canonizzate, sfruttano l’illuminazione dei neon e di altre fonti diegetiche dell’Hoverlook. Geniali espedienti tecnici come nel caso dei neon delle cucine regolabili in funzione dell’azione o dei lampadari del grande salone principale, permettono inquadrature dal basso che spesso mettono in campo i soffitti e si legano a scelte precise: il male, “ciò che doveva rimanere in ombra”, agisce proprio nella luce.

Shining, il film horror di Stanley Kubrick

Basti pensare all’uccisione di Halloran sotto l’unico lampadario acceso e soprattutto al piccolo Danny che può sfuggire al padre, che si fa luce con una lampada, solo nascondendosi nell’ombra della notte. La sceneggiatura intesse una serie di parallelismi tesi a esaltare l’Hoverlook come grande labirinto degli orrori caratterizzando ogni ambiente come la materializzazione del represso, ( non è un caso se il labirinto di siepi fuori l’Hoverlook, invenzione di Kubrick assente nel romanzo, intesse un parallelismo, condividendo la stessa etimologia, con l’arma usata da Jack ormai impazzito: “Làbris ).

ShiningL’Hotel può emergere come il vero protagonista grazie al sapiente uso dei mezzi tecnici: l’operatore Garrett Brown proprio in questo film poté utilizzare (dopo i suoi precedenti prototipi alla fine degli anni Settanta) la steadycam di sua invenzione con risultati drammatici che raggiungono l’apice proprio nella fuga del piccolo Danny.

La steady riesce a far avvertire il perturbante dei vasti ambienti come nella scena cult in cui Danny li attraversa sul triciclo. Il rumore delle ruote che cambia col cambiare delle superfici scandisce i passaggi da stanza a stanza. Ogni ambiente, inquadrato dal basso, sembra grandissimo e potenzialmente ostile. La visione che ha Danny, delle due bambine assassinate dal precedente custode, rimanda ( ulteriore esempio della complessità comunicativa del film che agisce su più livelli ) a una celebre foto di Diane Arbus radicata nell’immaginario degli anni Sessanta-Settanta e molto legata al concetto di perturbante ( Identical twins del 1967 ).

L’orchestrazione di tutti questi livelli comunicativi si fonda anche sui due interpreti principali: Jack Nicholson e Shelley Duvall. Nicholson che nel solo 1975 ha lavorato in due capolavori d’autore come Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman e Professione reporter di Michelangelo Antonioni è perfetto nel far avvertire, anche nella calma apparente, una follia repressa che si esalta nell’estrema deformazione della  sua mimica e della sua corporeità sopra le righe e allo stesso tempo si armonizzata sapientemente con la regia di Kubrick.

L’ironia omicida di Nicholson ha il suo contraltare nella preda: Shelley Duvall (Nashville di Robert Altman, 1975; Io e Annie di Woody Allen, 1977) in una prova recitativa che la coinvolge fisicamente e mentalmente. la sua progressiva presa di coscienza (che ha il culmine nella famosa scena de “il mattino ha l’oro in bocca” ), Il senso di impotenza inerme che trasmette anche nello stringere un pugnale, Il suo volto contratto in urli espressionistici mentre tenta di fuggire all’ascia di Jack, sono parte integrante di una costruzione organica creata da Stanley Kubrick dove la parte e il tutto vanno ben oltre la semplice realizzazione di un film horror.

Cameron Diaz è una ‘cattiva insegnante’

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E’ previsto per il prossimo settembre in Italia e a giugno negli States, la nuova commedia che vede protagonista l’affascinante attrice americana Cameron Diaz: “Bad teacher”. Con lei anche l’attore-cantante Justin Timberlake, nei panni del professore da lei corteggiato.

La vita facile: recensione del film con Pierfrancesco Favino

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La vita facile: recensione del film con Pierfrancesco Favino

La vita facile di Lucio Pellegrini è una commedia che scava nella profondità caratteriale dei due protagonisti, due borghesi che hanno deciso di vivere in maniera completamente differente la loro professione e di conseguenza la loro vita. Mario è l’italiano medio, e come dice Favino stesso “C’è un Mario Tirelli in tutti quelli che parcheggiano in doppia fila, in quelli che si accodano alle ambulanze per sfruttare la scia, in quelli che se non chiedi fattura sono 30 euro di meno, e che se vuoi la visita in ospedale è fra sei mesi, a studio privato fra un’ora”. Luca invece ha preso una strada completamente diversa: ha abbandonato questo mondo per ricercare una nuova dimensione di sé, a livello professionale e umano, e quale posto migliore dell’Africa?

La vita facile  è la vita vissuta da Mario, (Pierfrancesco Favino) medico di una lussuosa villa privata, residente nel centro di Roma, sposato con una donna, Ginevra (Vittoria Puccini), invidiata da tutti, persino dal suo migliore amico. L’amico in questione si chiama Luca (Stefano Accorsi), medico anche lui, ma che svolge la sua professione in Africa e la sua non è una vita facile. Queste due vite s’incrociano, un giorno, quando Mario dopo dodici anni, decide di andare dal suo amico Luca in Kenya, perché vuole ritrovare se stesso e il senso della vita che forse ha smarrito nel lusso e nel benessere. Da quel momento in poi la loro vita subisce radicali cambiamenti, alcuni positivi, altri totalmente inaspettati; il peggio arriva quando Ginevra, stufa di stare sola a Roma ad attendere il marito, decide di raggiungerli in Kenya. Luca, che aveva abbandonato l’Italia, non solo spinto dalla vocazione, ma anche dall’amore e dalla sofferenza che provava a vedere Ginevra insieme a Mario, ne è sopraffatto e l’invasione della donna rompe inevitabilmente il suo equilibrio.

Lucio Pellegrini ha diretto un buon film che probabilmente è migliore anche grazie alla sua principale ambientazione: il Nord del Kenya che con i suoi scenari immensi, assume il ruolo di co-protagonista del film. Per il resto è una commedia che scorre ma senza particolari eccellenze, divertente grazie al modo spontaneo e rozzo con cui ha recitato Favino, al quale vanno i principali meriti della riuscita del film. Lo stesso vale per il personaggio di Stefano Accorsi, assolutamente sincero nella sua sensibilità verso una professione che ultimamente assomiglia troppo a quella meccanica e utilitaristica svolta dall’amico. Il personaggio che interpreta Vittoria Puccini invece è poco simpatico, inadeguato, a tratti vuoto.

Il film uscirà nelle sale italiane il 4 marzo 2011 ed è stato prodotto dalla Fandango in collaborazione con Medusa Film, Sky Cinema e Apulia Film Commission.

Ewan McGregor diventa ‘ammazzagiganti’

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Ewan McGregor è in trattative per unirsi al cast di Jack the Giant Killer (da noi L’Ammazzagiganti), il nuovo film di Bryan Singer per la New Line e Legendary Pictures, almeno secondo quanto riferisce Heat Vision.

Petizione per salvare il MEDIA

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Petizione per salvare il MEDIA

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L’ARP (società degli Autori Registi e Produttori) ha lanciato una petizione per salvare il Programma MEDIA. La commissione europea avrebbe deciso di sopprimere, o includere all’interno di un programma più vasto, il citato programma di finanziamento al cinema.

Verbinski e Breslin a Roma per presentare Rango

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“Il mio film è come una lasagna, ha diversi strati e diversi livelli di lettura”. Così Gore Verbinski definisce il suo Rango, piccolo gioiello di animazione (senza stereoscopia) in uscita in Italia il prossimo 11 marzo.

A chi gli ha chiesto perché il film fosse così pieno di citazioni, il regista di The Ring ha risposto con questa bella metafora culinaria, tutta all’italiana specificando che “Rango parla a pubblici diversi e che il protagonista, essendo un camaleonte attore, è anche un comico e conduce questa storia. La Live Action – prosegue Verbinski – si tratta di orchestrare diversi elementi. Ho lavorato 3 anni e mezzo sulla storia, ma le riprese vere e proprie con il cast sono durate solo 20 giorni.” “E’ un lavoro molto noioso – ha aggiunto Abigail Breslin, venuta anche lei a Roma per presentare il film – ma Gore è stato presente e per me vederlo mentre recitavo è stato molto importante”.

– Prima Tim Burton che trasforma Johnny Depp in un figurino in stop-motion, poi lei che lo usa per la motion capture, cos’ha il bravo Johnny di cartoonesco?

G.V.: “Io e Johnny siamo semplicemente amici (i due hanno lavorato insieme per tutta la saga di Pirati dei Caraibi, n.d.r.), è importante che regista e attore abbiamo un rapporto. E con lui è interessante lavorare perché crea sempre qualcosa di inaspettato. Il personaggio di Rango è stato costruito pensando esattamente a lui!”

– Com’è stato per gli attori, narcisi per definizione, dover interpretare degli animaletti tanto brutti?

A.B.: “E’ stata una bella esperienza, è vero sono brutti, ma hanno anche una grande dolcezza nei loro sguardi!”.

Per quanto riguarda la preziosa collaborazione con Roger Deakins, Verbinski ha elargito complimenti e ringraziamenti, soprattutto relativi alla consulenza che Deakins ha offerto per le riprese, l’utilizzo della luce nelle scene che avrebbero rappresentato le diverse ore diurne.

– L’animazione per lei è un mezzo non un genere, dal momento che lei ne ha adottati tanti diversi, non pensa di usare la stereoscopia un giorno?

G.V.: “Per me è un trucchetto per far lievitare costi e biglietti, per Rango se n’è parlato, ma non era pertinente alla storia, quindi l’idea è stata accantonata”. Inoltre il film, oltre ad essere farcito di citazioni e di battute, costruisce un particolare equilibrio tra le scene grottesche, quelle ironiche e quelle legate alla morte, molto presente nel film che riprende le ambientazioni western in un momento in cui, con Il Grinta dei fratelli Coen, il genere sembra aver trovato nuova linfa. Secondo Verbinski si tratta di ‘fame di spazio’, la tendenza che l’uomo moderno ha attraverso il cinema di “colonizzare e di idealizzare gli spazi ancora vuoti, come il deserto del western o lo spazio interstellare di Star Wars, in contrapposizione all’affollamento che ogni giorno viviamo.”

Wolfgang Petersen porta al cinema John Scalzi

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Wolfgang Petersen, che preferiamo ricordare per La Storia Infinita invece che per i più recenti Troy e Poseidon, dirigerà l’adattamento cinematografico del romanzo di fantascienza di John Scalzi Old Man’s War, i cui diritti sono stati acquistati dalla Paramount.

Riccardo e Valeria al lavoro

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Riccardo Scamarcio ha appena dichiarato che trai suoi prossimi progetti lavorativi c’è un film da produttore nel quale avrà anche un ruolo. A dirigere questo film nientemeno che Valeria Golino che per la prima volta passa alla regia.

James Fracno ‘bello e dannato’

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James Franco super impegnato! Aspetta la sua sorte alla serata degli Oscar (domenica) che presenterà anche e intanto debutterà sabato presso la Gagosian Gallery di Beverly Hills un’esibizione intitolata Unfinished, che lo vede collaborare con il regista di Milk Gus Van Sant.

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