La decima puntata di Almost Human si apre con quella che forse è la sequenza più bella dall’inizio della serie: due ragazze, una in un bosco, l’altra in un immenso teatro, riescono a percepire le leggi della natura e la musica come una sequenza visiva di onde, linee e sfumature da manipolare a loro piacere. In un crescendo di esaltazione finiscono per essere sopraffatte dal loro stesso potenziale e si accasciano a terra nello stesso momento, uccise da un attacco cardiaco.
Toccherà a Dorian (Michael Ealy) e al detective Kennex (Karl Urban) cercare di scoprire che cosa le ha uccise, investigando all’interno della prestigiosa Accademia che entrambe le ragazze frequentavano: una scuola per Cromo, ragazzi e ragazze dal genoma modificato in laboratorio per essere perfetti da qualsiasi punto di vista. Nel frattempo John deve lottare con la propria mente per tenere a bada i flashback dell’imboscata e i ricordi sulla sua ex fidanzata, Anna (Mekia Cox). Sempre più vividi e martellanti, i traumi riemergono portando nuovi indizi, anticipatori di un’inquietante scoperta.
Una trama ben congegnata, originale e imprevedibile, basata su ottimi spunti e condotta con il giusto ritmo, senza che ci sia mai un momento inutile. Anche le scelte registiche si rinnovano con sequenze sorprendenti come quella iniziale o con soluzioni delicate per i momenti più intensi. Il personaggio di John Kennex ci viene finalmente mostrato in maniera credibile nel suo disagio post traumatico e Karl Urban ha modo di recitare veramente, al di là delle espressioni stereotipate da duro tutto d’un pezzo. Persino il personaggio di Minka Kelly inizia a farsi tridimensionale, con un passato che si intuisce più complesso e tormentato del previsto.
Il citazionismo torna alle origini della serie, con un’inquadratura rubata spudoratamente a Blade Runner e il ritorno nel quartiere dei collezionisti di ricordi, l’angolo narrativo omaggio alla pietra miliare di Ridley Scott, ma si rivolge anche verso pellicole meno conosciute. Il conflitto e le differenze tra umani geneticamente perfetti e “naturali” riporta alla mente Gattaca – La porta dell’universo, il film del 1997 di Andrew Niccol che esplorava lo stesso argomento partendo da un rapporto tra fratelli.
Niente siparietti comici, se non qualche brevissima parentesi che strappa un sorriso: aumentano le facce preoccupate e la tensione, sino al colpo di scena finale che porta all’attesa della prossima settimana. Se la puntata precedente era buona, questa può definirsi ottima. Dopo la visione resta a guastare l’effetto solo un piccolo dubbio. Perchè la produzione ha scelto di aspettare le ultime cinque puntate per tirare fuori il meglio di questa serie?