Person of interest 1X19 – recensione

La Macchina è davvero instancabile… stavolta ha segnalato ben cinque numeri – ciascuno appartenente al boss di una delle famiglie che controllano la città – e, a meno che i padrini non abbiano deciso di eliminarsi a vicenda, c’è da prendere in considerazione l’ipotesi che siano tutti il bersaglio di un unico soggetto: Elias.

In fondo, si tratta di criminali della peggior specie, che Reese vorrebbe abbandonare al loro destino, al contrario di Finch, intenzionato a sorvegliarli e a impedire che accada il peggio. In un certo senso, però, il peggio si è già messo in moto, dato che la detective Carter ha scoperto che il famigerato Elias ha appena prosciugato quattro milioni di dollari. Sicuramente tutto quel denaro gli serve per comprare persone ‘utili’ (leggi poliziotti, politici e quant’altro) alle sue prossime mosse. E, come lui stesso dichiara a suo padre – l’ostaggio Moretti – le prossime mosse prevedono l’unione e il controllo di tutte le famiglie mafiose della città.

Reese avvicina i boss per avvertirli del pericolo imminente, ma con scarsi risultati: tanto scarsi che il primo padrino viene eliminato in men che non si dica. Nel frattempo, il capo dell’organizzazione di poliziotti corrotti celata dietro la sigla “HR” chiede a Fusco di procurargli informazioni sul misterioso “uomo col completo elegante”, ignorando che il detective sia in realtà uno dei più stretti collaboratori di John. La HR adesso lavora per Elias e, a quanto pare, Reese è diventato un po’ ingombrante… il che non è necessariamente un male, dal punto di vista della Carter. La detective, infatti, ha tentato di offrire protezione ai boss, e si è quindi messa in pericolo, ma il (pronto) intervento di John la salva in extremis (ancora una volta). La donna, allora, si sente in dovere di informare Reese che l’FBI ha reclutato una nuova task force per catturarlo, ma non è tutto: la detective, dopo un periodo di ripensamenti, accetta l’aiuto offertole da Finch.

Il miliardario le ribadisce che di loro può fidarsi e che con i loro ‘mezzi’ la detective riuscirà ad avere informazioni che altrimenti impiegherebbe mesi ad ottenere. Non contenta, la Carter chiede aiuto anche a Fusco, l’unico collega del quale (ancora) non dubita: insieme tentano di convincere i boss ad accettare a la loro protezione – prima con le buone e poi con le cattive – e li portano in un rifugio segreto indicatogli da Finch, che nel frattempo ha scoperto che gli uomini di Elias pedinano le famiglie dei poliziotti della HR. Evidentemente Elias si è premunito e, in caso la situazione si mettesse male, è pronto a colpire gli sbirri e i loro cari. Ma i poliziotti corrotti non sono il suo unico pensiero: Reese, infatti, intuisce che anche il figlio della Carter è in pericolo; purtroppo l’illuminazione arriva tardi, quando gli uomini di Elias ormai lo hanno rapito e, puntuale, arriva la chiamata del boss, che ricatta la detective come da manuale. Se la Carter consegnerà i padrini a Elias, lui rilascerà il figlio Taylor senza torcergli un capello, se invece rifiuta…

Ma Reese ha promesso alla detective che troverà il ragazzo, a qualsiasi costo. Scaduto l’ultimatum, lei non ha più dubbi: sa di non essere sola. Adesso sa che può (e deve) veramente fidarsi di John.

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Giuditta Martelli
Giovane, carina e disoccupata (sta a voi trovare l'intruso). E' la prova vivente che conoscere a memoria Dirty Dancing non esclude conoscere a memoria Kill Bill, tutti e due i Volumi. Tanto che sulla vendetta di Tarantino ci ha scritto la tesi (110 e lode). Alla laurea in Scienze della Comunicazione seguono due master in traduzione per il cinema. Lettrice appassionata e spettatrice incallita: toglietele tutto ma non il cinematografo. E le serie tv. Fra le esperienze lavorative, 6 anni da assistente alla regia in fiction e serie per la televisione (avete presente la Guzzantina in Boris?). Sul set ha imparato che seguire gli attori è come fare la babysitter. Ma se le capita fra le mani Ryan Gosling...