My Time, il corto contro il tabù del sangue mestruale. Intervista alla regista Giulia Gandini

my time

Si chiama My Time il cortometraggio scritto e diretto da Giulia Gandini, che, basandosi su una storia vera, cerca di mettere sotto ai riflettori la conversazione intorno al sangue mestruale, alle mestruazioni, condannando l’aura di tabù che da sempre ha circondato questo evento perfettamente naturale nel corpo di ogni donna.

 

Il cortometraggio, idoneo alla selezione per i prossimi Oscar, ha già vinto il premio per il miglior cortometraggio al Chicago Independent Children’s Film Festival, il premio per il miglior cortometraggio al NFFTY di Seattle ed è stato nominato per un XX premio al Underwire Film Festival.

My Time, il corto che vuole abbattere il tabù del sangue mestruale

Abbiamo parlato di My Time con l’autrice stessa, Giulia Gandini, che ha raccontato così la genesi del progetto: “L’idea è venuta da un’esperienza avuta alle medie, in cui ad una mia compagna di classe sono venute le mestruazioni durante la lezione, ha chiesto di andare in bagno, non le è stato permesso perché doveva aspettare la campanella, e quando è finita l’ora, il sangue aveva sporcato i jeans e la sedia. Avevo 12 anni e non avevo ancora avuto il primo mestruo, ed è stata la prima volta che ho visto il sangue mestruale e mi sono resa veramente conto di quanto fosse ritenuto inappropriato che quel sangue fosse visibile. Lei è stata presa in giro per settimane, dopo questo evento. Da allora ho cominciato ad avere paura del mestruo, e questa paura è rimasta con me; ho deciso di fare il cortometraggio per rivivere un’esperienza per me negativa e che trovo ancora ingiusta, per trasformarla in qualcosa di positivo.”

La protagonista del cortometraggio è da subito consapevole di ciò che le sta accadendo e, alla fine, avrà il coraggio di ribellarsi al tabù del sangue mestruale, affrontando a testa alta una situazione che sicuramente metterebbe in imbarazzo anche donne adulte: “Anche nelle donne molto giovani, le bambine, come quella del cortometraggio, c’è la consapevolezza che questo sangue non deve essere visibile, e me ne sono resa conto anche parlando con le donne della troupe – spiega la regista – C’è ancora un senso generale che il mestruo è una cosa da nascondere e sono consapevole che la reazione della mia protagonista, così positiva e coraggiosa, è qualcosa di poco comune, il fatto di avere la forza di reagire positivamente a questa pressione che la società ci mette addosso, questo senso di vergogna che viene instillato su ragazzine e donne. Reagire richiede più maturità, questo dipende dall’aprire una conversazione in merito, dal parlarne apertamente in modo che sia più accettata. Spero che con il tempo più bambine reagiranno come la mia protagonista.”

Clara Read è la protagonista di My Time

Ad interpretare la piccola e coraggiosa protagonista c’è Clara Read, vista in Seven Sisters, giovane professionista che ha da subito catturato l’attenzione della Gandini: “Clara è fantastica, aveva 13 anni quando abbiamo girato e aveva esperienza da attrice e io l’ho trovata su Netflix, in una serie che ho visto lì. È un’attrice professionista e da professionista è stato il suo approccio alla storia e al materiale del corto. È stato interessante vedere come lei si sia approcciata al ruolo, dal momento che non aveva avuto ancora la sua prima mestruazione e mi ha fatto presente, in fase di prove, che non sapeva come ci si sentiva. Quindi abbiamo parlato anche di questo. È stata aperta una conversazione da quel punto vista.”

Come accennato, My Time sta affrontando un importante personrso festivaliero, raccogliendo consensi e riconoscimenti, ma per Giulia Gandini si tratta solo di aver intercettato un argomento del quale si sente la necessità di parlare: “Il progetto è nato perché volevo rivivere la mia esperienza, ma con il passare del tempo mi sono resa conto che avrebbe avuto un riscontro importante, facendo ricerche mi sono resa conto che c’erano un sacco di movimenti per normalizzare il sangue mestruale, ho capito che poteva avere una eco importante. Non ho mai pensato al percorso festivaliero all’inizio, ma lo è diventato durante la produzione. Si è trattato di fortuna, ma anche del fatto che il cortometraggio mi emoziona, e questa rappresenta una scommessa sicura, visto che ci saranno sicuramente altre persone che hanno vissuto la stessa emozione.”

Che questo cortometraggio di 5 minuti possa cambiare le cose e normalizzare la conversazione intorno al sangue mestruale? Non lo sappiamo, ma sicuramente aiuterà: “L’accesso facilitato alle informazioni permette ora alle persone, maschi e femmine, di essere più informate in merito. Si comincia a parlare con più libertà di sangue mestruale, ma anche di tassa sui tamponi, e del senso di vergogna. Spero che questo atteggiamento cambierà e che i piccoli cortometraggi come il mio possano contribuire.”

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