Dopo il Noir in Festival del 20212 con NIMBY e la Festa di Roma del 2023 per La morte è un problema dei vivi, il finlandese Teemu Nikki sceglie di nuovo il festival della Capitale per portare in Italia il suo ultimo film, 100 Litri di Birra, una tragicommedia che ci porta nel cuore della Finlandia rurale.
La trama di 100 Litri di Birra
Due sorelle, Taina e Pirkko (Elina Knihlä e Pirjo Lonka), si imbarcano in un’avventura tanto assurda quanto disperata. Alla richiesta della sorella minore in procinto di sposarsi, le due protagoniste promettono di produrre ben 100 litri di sahti, una birra tradizionale e opaca, unica nel suo genere. Tuttavia, questa impresa apparentemente semplice diventerà per loro una lotta tra obblighi familiari, passione per l’alcol e conti irrisolti col passato, il tutto avvolto in un’atmosfera tanto surreale quanto malinconica. Dopo aver prodotto i migliori 100 litri di sahti della loro vita, le due lo bevono tutto, e dovranno affrontare un’impresa eroica per procacciarseli di nuovo entro la data del matrimonio.
Teemu Nikki è conosciuto per il suo stile provocatorio e ironico, già evidente nei suoi film precedenti (NIMBY è un piccolo gioiello delirante). In 100 Litri di Birra, il regista continua a esplorare temi di emarginazione e di dipendenze, attraverso la sua lente grottesca. L’alcol non è solo un vizio per Taina e Pirkko: il sahti, prodotto tradizionale della loro famiglia, è parte della loro identità e del loro legame con un padre severo e spesso irraggiungibile. Quindi la sfida è doppia, perché le due donne non solo devono procurarsi di nuovo i 100 litri consumati nella loro folle notte di bagordi, e vogliono riuscire a ricreare la perfezione del sapore del sahti paterno, simbolo di un traguardo che sembra sempre più lontano e impossibile da raggiungere, ma si sentono anche in obbligo con la sorella minore, verso la quale nutrono un enorme senso di colpa.
Il rituale dello sahti e la Finlandia rurale
Nikki ci offre uno sguardo autentico sulla cultura del sahti, lontano dalla concezione di una semplice birra. Prodotto con ginepro e privo di bollicine, la bevanda è più vicino a un’esperienza rituale che a un drink vero e proprio. È scuro, torbido, ha un tasso alcolico elevato (tra il 7% e il 12%) e accompagna ogni festa e ricorrenza della zona di Sysmä, piccola cittadina di 3500 abitanti dove Nikki stesso è nato. Questo legame con la Finlandia rurale conferisce al film un’atmosfera fortemente territoriale, e allo stesso tempo astratta e poetica, che richiama le luci e i paesaggi lussureggianti del Nord. Nonostante la semplicità della trama, l’ambiente crea un contesto in cui i personaggi, e soprattutto le loro emozioni, sembrano quasi sospesi in un limbo tra passato e presente.
100 Litri di Birra procede a ritmo di tragicommedia, ricordando, non solo per il tasso alcolemico, il realismo malinconico di Thomas Vinterberg in Un altro giro, sebbene Nikki si orienti più verso un umorismo nero, che mette in risalto le vicende tragiche delle protagoniste con toni dissacranti. Il film offre una serie di situazioni paradossali: le sorelle, tra furti maldestri, bevute monumentali e crisi di panico, oscillano tra l’autocommiserazione e il desiderio di riscatto.
Una slapstick comedy e un legame traumatico
Nikki fa qui un uso marcato della comicità fisica piuttosto che del dialogo. Il film si concentra sui movimenti goffi, le cadute, i disastri che sfiorano il grottesco, distanziandosi dalla profondità dei dialoghi che caratterizzava personaggi come Risto e Arto in La morte è un problema dei vivi, ma allo stesso tempo aderendo alla natura quasi picaresca del film che nella seconda parte diventa davvero un on the road sbilenco. L’ironia non nasce tanto dalla battuta, quanto dalle interazioni fisiche e dalla disperazione di due personaggi che cercano di sopravvivere a un’esistenza senza scopo, affidandosi all’unico appiglio emotivo che hanno: l’alcol.
Questo aspetto comico archetipico si fonde però con una relazione tra sorelle basata su un amore incondizionato e allo stesso tempo tossico: le due sono legate da un trauma nel quale si dovrebbe ricercare la causa della loro precarietà emotiva. La dinamica tra Taina e Pirkko nasconde un lato cupo e umano che si svela piano piano, oltre i litri di birra e le situazioni assurde in cui le due si cacciano.
La leggerezza dentro il dramma
Un aspetto fondamentale del film, che rappresenta la cifra fondamentale di Teemu Nikki e della sua visione del mondo è la capacità di non perdere mai la leggerezza anche di fronte alla messa in scena del dramma, perché persino in 100 Litri di Birra alla fine il dramma arriva, e colpisce durissimo, senza mai perdere il sorriso.
Sicuramente Teemu Nikki non è un regista per tutti, ma una volta abbracciato il suo punto di vista sull’umanità e il suo modo personale e distintivo di mettere in scena le miserie umane, non si può non rimanere ammaliati dal suo cinema e 100 Litri di Birra costituisce un altro prezioso tassello della sua rappresentazione del mondo.
100 litri di birra
Sommario
Sicuramente Teemu Nikki non è un regista per tutti, ma una volta abbracciato il suo punto di vista sull’umanità e il suo modo personale e distintivo di mettere in scena le miserie umane, non si può non rimanere ammaliati dal suo cinema e 100 Litri di Birra costituisce un altro prezioso tassello della sua rappresentazione del mondo.