Festival di Roma 2014: Quando eu era vivo recensione

Quando eu era vivo

 

Il Brasile continua ad affermarsi come uno dei territori cinematograficamente inesplorati più interessanti, attivi e prolifici. Stavolta, ce lo dimostra il giovane regista Marco Dutra col suo Quando eu era vivo (When I was Alive), film di genere che allo stesso tempo supera i generi stessi mescolando tra loro psicanalisi, santeria, esoterismo, religione e rapporti umani.

Il protagonista è Junior, un uomo che torna dal padre dopo il divorzio dalla moglie e la perdita del lavoro. Nella vecchia casa dove prima vivevano in quattro- lui, il fratello Pedro, il padre e la madre Miranda- si sente un vero estraneo, considerando anche la presenza di una nuova attraente inquilina di nome Bruna. La vita di Junior, al momento impantanata in acque limacciose, cambia all’improvviso quando comincia a ritrovare degli oggetti appartenuti a sua madre, una donna misteriosa che credeva fermamente nell’esoterismo: da quel momento in poi, la sua salute mentale sarà messa a dura prova da strane forze che sfuggono alle normali leggi umane che regolano questo mondo.

Il film è esteticamente competitivo grazie ad una fotografia nitida e d’effetto, che gioca molto con il contrasto tra buio e luce che caratterizzano l’ambiente domestico, la casa che sembra diventare un simulacro del grembo materno deviato e contorto.

il personaggio di Junior oscilla tra psicanalisi, pazzia e santeria diventando l’icona riassuntiva dell’intero film: sembra difficile distinguere il confine beffardo tra follia freudiana e forze occulte e malvagie, elemento che determina l’intero film regalando allo spettatore brividi, sussulti e pensieri reconditi seppelliti nella memoria del complesso di Edipo.

In sintesi, Quando eu era vivo è una rilettura personale e complessa della parabola del figliol prodigo attraverso l’occhio di un maelstrom oscuro e torbido.

Il film è in concorso alla nona edizione del Festival di Roma nella sezione Mondo Genere.

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