Il mio migliore incubo! recensione del film con Isabelle Huppert

Il mio migliore incubo!

In Il mio migliore incubo! Agathe (Isabelle Huppert) è una gallerista ricca e acculturata. Patrick (Benoît Poelvoorde) è un nullafacente povero e alcolizzato. Tanto lei è algida e rigida, quanto lui è spontaneo e volgare… Che cosa succederà quando, grazie all’amicizia dei rispettivi figli, le loro vite saranno costrette a incrociarsi?

 

Il mio migliore incubo! mette in scena, sottoforma di commedia, l’incontro/scontro tra due personaggi che, apparentemente agli antipodi, scoprono lentamente sé stessi e fanno cadere gradualmente le maschere che li hanno protetti fino a quel momento. I ruoli preconfezionati, quasi attoriali, che i due interpretano nel loro quotidiano sono i volti di una stessa medaglia, due modi diversi di difendersi. Le armature di Agathe e Patrick, però, non possono resistere agli attacchi delle novità (soprattutto di quelle provenienti da un mondo diverso da quello per cui sono state plasmate) e sono destinate ad andare in frantumi.

Il mio migliore incubo!, il film

Nonostante la trama dell’ultimo lavoro di Anne Fontaine (Coco avant Chanel, Entre ses mains) non sia particolarmente originale, Il mio migliore incubo! corre piacevolmente per tutti i suoi 99 minuti, senza avere mai una caduta di ritmo o di stile. La commedia si gioca sul filo che separa la facciata delle persone dal loro lato più profondo e, grazie soprattutto ai suoi interpreti, sa essere allo stesso tempo seria e leggera. Il mio migliore incubo, infatti, racchiude il suo elemento migliore proprio nei dialoghi: ogni parola pronunciata dai protagonisti è un passo verso il loro svelamento, un graduale aprirsi alle novità e al mondo esterno, un passaggio dalla diffidenza alla fiducia. I registri che si alternano negli scambi di battute -elegante quello di lei e triviale quello di lui- si modificano con il passare del tempo, arrivando a trovare un compromesso nel finale (almeno nel film in lingua originale).

Apprezzabile, infine, una sorta di visione (o di critica) che Anne Fontaine lascia affiorare (in modo non troppo velato) sullo stato delle diverse forme d’arte in Francia. Alcune delle battute più divertenti del film, infatti, sono proprio tese a giudicare alcuni “sistemi chiusi”, come quello dell’editoria –che spesso punta su scrittori mediocri per guadagnare- o delle gallerie d’arte che decretano –spesso per il capriccio di un gallerista- chi può entrare nell’olimpo dei cosiddetti “artisti” e chi no.

Il mio migliore incubo! è un film delizioso e intelligente che, invece di sfruttare i cliché per elemosinare una risata, li utilizza come punto di partenza per disfarsene lungo il percorso. Una commedia che non fa solo ridere e pensare, ma che, sommata agli ultimi film francesi usciti nelle sale, arricchisce ulteriormente il panorama cinematografico dei cugini d’oltralpe.

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