La Casa: recensione del film di Fede Alvarez

La Casa recensione film

Era il lontano 1981 quando il regista Sam Raimi, il produttore Rob Tarpert e l’attore Bruce Campbell, allora sconosciuti, decisero di investire le loro forze in un horror low budget che in poco tempo sarebbe diventato leggenda. Oggi, invece arriva l’atteso remake de La Casa, prodotto dagli stessi tre interpreti di allora e affidato al regista Fede Alvarez.

 

La nuova rivisitazione racconta la storia di Mia (Jane Levy), una ragazza la cui vita è segnata dal lutto e dalla tossicodipendenza, che chiede al fratello David (Shiloh Fernandez), a Natalie, la ragazza di lui (Elizabeth Blackmore) e agli amici d’infanzia Olivia (Jessica Lucas) ed Eric (Lou Taylor Pucci) di unirsi a lei nel vecchio cottage di famiglia per aiutarla a liberarsi dei suoi demoni.

Rifare un vero cult come La casa è un’operazione molto difficile e rischiosissima, lo sanno bene i realizzatori che hanno impiegato degli anni per trovare la formula giusta. Il risultato finale è un film che riprende le tematiche affrontate nel film dell’81 per esaltarle, esasperandole, grazie alla tecnologia moderna. Il pregio più grande di questo remake è l’essere riuscito a mantenersi fedele all’originale attraverso l’utilizzo di effetti speciali e make-up alla vecchia maniera in un perfetto stile a metà fra l’avanguardia della GCI attuale e il fascino dell’artigianalità di un tempo. Ne viene fuori un film visivamente notevole, che folgora, sequenza dopo sequenza, uno spettatore pietrificato e “costretto” a una visione sempre più shoccante ed estrema, sapientemente costruita con un’escalation che dosa nella giusta maniera l’esperienza visiva.

La Casa, il film

Purtroppo l’aspetto più debole della pellicola è quello legato alla narrazione, che cerca di reinventare la premessa del film, all’epoca concentrata su un’esile trama e una involontaria ingenuità che conferiva a tutta l’operazione una efficace aura di freschezza; qui tramutata in un tentativo di maggior caratterizzazione dei personaggi che sfocia in una costruzione ricercata di un intreccio che complica la vicenda, banalizzandola, fino a farla diventare ennesima(e poco originale) storia dell’orrore, ascrivibile al genere di possessione e di esorcismo. Prova inconfutabile in tal senso è il continuo e reiterato riferimento al demone e alla possessione, elemento questo, che nel vecchio film anche se presente, veniva a mala pena accennato.

La Casa diventa quindi prevedibile, tanto da sembrare involontariamente ridicolo. Scompare anche l’intuizione (o necessità) del giovane Raimi di costruire una storia divisa in due parti: la prima fondata sulla suspense e sul fascino del non visto(frutto del talento del regista che costruisce la shakeycam, diventata poi una vera leggenda nel cinema a basso budget); la seconda frutto della visione più totalizzante dell’entità, che terrorizza anche grazie alla premessa data. Colpisce in questo nuovo rifacimento anche la necessità spudorata di dare alla pellicola un’anima citazionista, ripercorrendo quindi gran parte della storia del cinema horror in tutte le sue componenti, un po’ come l’originale faceva della letteratura gotica, citazionismo che qui scompare (non viene nemmeno nominato infatti il Necronomicon, il libro dei morti di invenzione di H.P. Lovecraft che da inizio a tutta la vicenda e che qui diventa un normale libro di possessione).

La Casa è quindi un reboot più che un remake, il tentativo di lanciare un nuovo franchise che fa del voyeurismo il suo punto più alto, e di certo questa pellicola regalerà momenti di assoluto terrore agli amanti del massacro sconclusionato.

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