Mi chiamo Francesco Totti: la recensione del documentario di Alex Infascelli #RFF15

In sala dal 19 al 21 ottobre, il documentario ripercorre la carriera e la vita del celebre capitano della Roma, svelandone i retroscena, i sogni e i rimpianti.

Mi chiamo Francesco Totti film

Interrogato sull’identità dell’ottavo re di Roma, il tifoso dell’omonima squadra di calcio darà probabilmente sempre la stessa risposta: Francesco Totti. Come nota egli stesso nel corso del documentario a lui dedicato, la gente non è abituata a vederlo come un semplice uomo o calciatore, bensì come un vero e proprio monumento. Sembrerebbe dunque esserci poco da aggiungere ad una personalità tanto celebre e celebrata. Eppure, con Mi chiamo Francesco Totti si dà vita a tutt’altro che un semplice e scontato documentario celebrativo. Basato sull’autobiografia “Un capitano”, il film diretto da Alex Infascelli ripercorre sì la vita e la carriera del calciatore, ma lo fa adottando una chiave di lettura particolarmente affascinante. Ne emerge una toccante riflessione sulla popolarità, sul rispetto delle proprie radici e, soprattutto, sul tempo che passa.

 

Presentato alla 15ª edizione della Festa del Cinema di Roma, il film, prodotto da The Apartment e Wildside, sarà in sala come evento speciale solo dal 19 al 21 ottobre. Al suo interno si potrà ritrovare dunque un lungo e appassionante excursus sulla vita di Totti. Dai primi palleggi da bambino sino al debutto nella Roma, dallo scudetto vinto sino al mondiale del 2006. Toccando tando la carriera sportiva quanto la vita privata, il documentario giunge infine a raccontare il sofferto ritiro avvenuto nel 2018. Insieme agli spettatori, Totti ripercorre così tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo. Le immagini e le emozioni scorrono dando forma ad un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo.

Mi chiamo Francesco Totti: anche se il tempo passa…

È fin troppo comune realizzare un documentario su di una specifica personalità raccogliendo interviste di persone ad essa legate. È ben più coraggioso, e originale, affidare invece l’intera narrazione al diretto interessato. In Mi chiamo Francesco Totti, infatti, l’unica voce udibile è proprio quella del calciatore. Con semplicità, umiltà e umorismo, egli conduce il pubblico nel racconto della sua vita, come fosse un lungo monologo interiore. Si parte dalla notte precedente alla sua ultima partita, per poi compiere un lungo salto all’indietro, tornando sino alle origini di Totti come bambino e calciatore. Tale riavvolgimento del nastro permette di rendere sin da subito chiaro il cuore del film: il passare del tempo.

Totti gioca con lo spettatore, commenta le immagini, le ferma, le rimanda indietro per poterle riguardare e riscoprire. In questo suo desiderio di voler fermare il tempo, non potendo credere a quanto ne sia già passato, egli diventa estremamente umano, universale. Nel corso del racconto si trova ad affermare che al momento di iniziare una partita “svestiva i panni di Francesco e indossava quelli di Totti”. Ma qui egli non si trova sul campo da gioco, e può così compiere l’azione contraria. Lascia da parte Totti per mettere in mostra Francesco, rivelandone paure e speranze. Se da una parte ciò permette di avere l’ennesima conferma della sua bontà d’animo e della sua umiltà, valori mai corrotti dal successo, dall’altra mostra di lui aspetti inediti, e particolarmente affascinanti.

Si scopre così una personalità più complessa di quello che si potrebbe immaginare, eppure allo stesso tempo in cui molti possono ritrovarsi. Infascelli evidenzia infatti come la storia di Totti sia anche quella di un’intero popolo. Costruendo una vera e propria epica intorno al calciatore, permette a chiunque di ritrovarsi dentro di lui, rendendo chiara l’importanza della sua figura. Egli è sì un monumento, ma anche un’eccezione, un unicum forse irripetibile. Il documentario è estremamente chiaro nel trasmettere ciò, con una sequenza di eventi più o meno noti ma su cui c’è ancora molto altro da poter dire. E il fatto che a dirlo sia lo stesso Totti è nettamente un valore aggiunto all’intero progetto.

Mi chiamo Francesco Totti recensione

Mi chiamo Francesco Totti: la recensione

L’intero documentario è costruito sul calciatore, si adatta alla sua personalità esaltandola. Questo è un’altra palla ai suoi piedi, con la quale dimostra la maestria di sempre. Tra il ricordo del suo mito Giannini al rapporto con i vari coach susseguitisi nel tempo, dalla relazione con Ilary Blasi fino al periodo dell’infortunio, Totti si destreggia nel racconto giungendo fino alla rete, dove fa goal nel momento in cui lo spettatore è posto davanti alle immagini del suo ritiro. È lì che tutto acquista senso, che tutto quell’aver ripercorso la sua vita e la sua carriera arriva al culmine. Con la voce narrante di Totti è possibile divertirsi, sorprendersi ed esaltarsi, e giungendo al finale si rimane sovrastati dalle emozioni, dalla commozione per quel ritiro che ora si avverte un po’ anche come proprio.

È questo un momento che ha segnato il mondo sportivo e non solo. Consapevoli della grandezza del personaggio, regista e produttori lavorano per rendere il documentario fruibile anche da chi di calcio non si è mai particolarmente interessato. La sincerità con cui il racconto orale accompagna quello delle immagini risulta infatti estremamente comprensibile a livello generale, perché Mi chiamo Francesco Totti non è un film sul calcio o su un calciatore, bensì su di un uomo. Un uomo con tutti i pregi e i difetti del caso, ma dotato di una passione non comune, a cui ha sempre dato tutto sé stesso fino alla fine.

 

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
mi-chiamo-francesco-totti-di-alex-infascelliConsapevoli della grandezza del personaggio, regista e produttori lavorano per rendere il documentario fruibile anche da chi di calcio non si è mai particolarmente interessato. Mi chiamo Francesco Totti riesce in questo svelandosi non come un film sul calcio o su un calciatore, bensì su di un uomo, con tutti i suoi pregi e difetti.