Nella cornice della Festa di Roma 2016 c’è spazio anche per il linguaggio, teso e poetico, del wuxia tradizionale cinese: il genere più famoso esportato dalla Tigre Asiatica torna a ruggire con Sword Master 3D, film diretto da Tung – Shing ‘Derek’ Yee e che trova il suo massimo punto di forza soprattutto nell’uso rivoluzionario della tridimensionalità applicata alla bellezza sfolgorante delle immagini artistiche.
Ispirato da una wuxia novel (come suggerisce il nome, una graphic novel ad argomento wuxia) di Gu Long pubblicata nel 1975 (ed intitolata The Third Master’s Sword), Derek Yee “coreografa” le vicende del Terzo Maestro del Palazzo di Spade, ormai stanco della violenza all’interno del mondo delle arti marziali, che decide di inscenare la propria morte scappando e fingendosi un garzone all’interno di una casa di tolleranza. Il suo acerrimo rivale Yan, un cavaliere errante moribondo che ha deciso di vivere i suoi ultimi giorni in solitudine e lontano da rancore ed odio, lo incontra in un povero villaggio oppresso dal Padrone locale (membro di un’oscura setta di reietti delle arti marziali) e lo prende come suo allievo, insegnandogli tutti i suoi colpi segreti. Mentre i due uomini affrontano un percorso – simile ma diverso – di crescita e consapevolezza, la sposa del Terzo Maestro – Qiuidi – abbandonata sull’altare progetta un piano sanguinario per stanare il suo (ex) compagno e consumare, così, la propria vendetta.
Questa classica storia che segue il
tradizionale iter fiabesco/folkloristico/mitologico del
viaggio dell’eroe non trova il proprio punto di forza nella
sceneggiatura o nell’originalità: non arricchisce ulteriormente il
già ricco panorama del genere, nonostante la presenza come
produttore del regista Tsui Hark; i duelli fanno
procedere drammaturgicamente la pellicola, destreggiandosi con
maestria tra lunghi flashbacks e siparietti che rallentano il
ritmo, scalando le marce della tensione. La vera svolta è nell’uso
del 3D: già Hark ne aveva sperimentato il potenziale nei film della
serie di Detective Dee, ma stavolta sceglie con
fiducia di affidarsi alle sapienti mani di un altro regista per
raccontare una storia antica quanto le leggende della Cina stessa,
ma allo stesso tempo aggiornata al gusto di un pubblico sempre più
abituato alla spettacolarizzazione della scena e all’esperienza
totalizzante che continua, incessantemente, a cercare.
Un’esperienza simile a quella dei concerti, dove ci si può lasciar avvolgere dal turbinio indistinto delle emozioni suscitate dal “live”: qui in Sword Master 3D il concetto è ridimensionato, ma l’esito che si vorrebbe mantenere è sempre lo stesso, ovvero stupire e meravigliare il pubblico accorso in sala. Durante i duelli si rimane sorpresi nel vedere e poter quasi percepire/toccare lame, spade, pugnali, pericolose armi ninja che vengono scagliati contro il nemico ma che sembrano colpire “noi”, gli spettatori, pronti a sobbalzare nel buio della sala.