Venezia 71: Reality recensione del filmdi Quentin Dupieux

Strane storie si intrecciano. Jason, un cameramen vuole dirigere un film dell’orrore, ma per convincere un produttore deve trovare l’urlo più convincente che si sia mai udito in una sala cinematografica. Un conduttore televisivo vestito da lurido topo di peluche comincia a grattarsi in diretta, convinto di essere affetto da una terribile forma di eritema. Una bambina trova una misteriosa videocassetta nelle interiora di un cinghiale cacciato dal padre. Cosa lega le stranianti vicissitudini di questi personaggi?

 

RealityQuentin Dupieux costruisce una vicenda surreale, onirica, straniante, che a tratti ricorda il miglior Lynch, se non fosse per una vena ironica e grottesca che conferisce al suo stile un tocco personale e scanzonato. La normalità o meglio la realtà viene dopo poche sequenze divelta violentemente dall’irruzione del sogno, che strada facendo degenera nell’incubo e assume anche le sembianze di allucinazione ad occhi aperti. Tutto si mescola in un viaggio agghiacciante, che, come una inarrestabile massa di fango, prende sempre più velocità invischiando tutto quello che incontra sulla sua strada. Tutto procede inesorabile con una soluzione di continuità che sorprende e stupisce. Le storie e le vita dei vari personaggi si intrecciano l’una con l’altra e tutto diviene parte di un misterioso vortice del destino che non può essere spiegato, se non grazie alla magia e all’incomprensibilità palese dello stesso mezzo cinematografico, sicuramente altro protagonista principale del film.

Gli interpreti Alain Chabat, Jonathan Lambert, Elodie Bouchez e tutto il resto del cast appaiono naturali ed estremamente convincenti nel vestire i panni di personaggi assurdi, alle prese con le proprie ossessioni e con le rispettive visioni. Su tutti, come un beffardo demiurgo, svetta il personaggio del regista che rivendica prepotentemente la politica dell’autore in un film che mescola finzione e verità in un ambiente lontano anni luce dal cinema libero, quello fatto di idee ed espressione pura, dove questo non sarebbe, o non è, neanche minimamente pensabile.

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