The Other Side of the Wind: recensione del film di Orson Welles

The Other side of the Wind

Incompiuto per oltre 50 anni, trova la sua strada verso la sala cinematografica grazie ad un’operazione certosina, che sintetizza 96 ore di girato in due ore film film, presentato a Venezia 75, come evento speciale: The Other Side of the Wind, di Orson Welles è stato completato.

 

Per lungo tempo il film è rimasto “nel cassetto” salvo poi essere preso e portato a compimento per volontà di Peter Bogdanovich, con l’aiuto del montatore Bob Murawski e scelto da Barbera come gioiello all’interno del programma della Mostra del 2018. Il film è dunque prima di tutto un omaggio di un allievo al maestro, che porge omaggio e si presta al gioco di specchi e rimandi che mescola la vita del protagonista del film, Jake Hannaford (John Huston), con quella di Welles stesso.

The Other Side of The Wind può essere letto come una riflessione sul doppio, sulla presenza di vecchio e nuovo che si fronteggiano, nell’arte e nella vita. Le due parti prendono le sembianze di Hannaford / Huston da una parte, e di Otterlake / Bogdanovich, dall’altra, il giovane. La stratificazione dell’opera si arricchisce, oltre alla riflessione sugli opposti, anche del tema del doppio, di echi shakespeariani, di riflessioni derivanti anche dal periodo storico in cui Welles girò. Un miscuglio anarchico che trova la sua forma grazie a un’opera di riorganizzazione monumentale.

Nonostante l’egregio lavoro svolto da Bogdanovich e la compiutezza dell’arco narrativo, il film denuncia la sua produzione travagliata, che ne rende difficile la visione e che gli conferisce prevalentemente un valore simbolico, in quanto riporta al cinema il nome di un dei più grandi della storia della settima arte.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
the-other-side-of-the-wind-di-orson-wellesNonostante l’egregio lavoro svolto da Bogdanovich e la compiutezza dell’arco narrativo, il film denuncia la sua produzione travagliata, che ne rende difficile la visione e che gli conferisce prevalentemente un valore simbolico, in quanto riporta al cinema il nome di un dei più grandi della storia della settima arte.