Un Enfant de Toi: recensione del film di Jacques Doillon

Un Enfant de Toi

Un Enfant de Toi, diretto da Jacques Doillon e interpretato da Lou Doillon e Samuel Benchetrit, è un film basato sul dialogo, che sfiora il surrealismo in certe occasioni e sembra rimandare ad un determinato teatro dell’assurdo che fonda la sua struttura narrante sull’assenza di azione e sul dialogo protratto all’infinito, continuamente alla ricerca di qualcosa che non c’è e mai ci sarà.

 

In Un Enfant de Toi Aya e Louis sono stati sposati per qualche anno e hanno avuto una bambina, Lina. Dopo aver trascorso un periodo senza vedersi, immediatamente successivo alla separazione, ora riprendono a frequentarsi, mentre lui ha una storia con Gaelle, mentre lei vive con Victor, con il quale sembra volere un figlio. I due continuano a vedersi con una certa regolarità e presto la naturale gelosia dei rispettivi compagni, unitamente all’esigenza della piccola Lina di avare chiarezza intorno al rapporto trai genitori, spingerà gli ex coniugi a ridefinire il loro rapporto.

Un Enfant de Toi, il film

E così anche i protagonisti, Aya e Louis, continuano a parlare, a raccontarsi i loro ricordi, ad analizzare la loro situazione, i loro desideri, i loro sentimenti reciproci, senza mai definire il loro rapporto, senza mai alzare la voce o esprimere alcuna emozione che non sia una palese attrazione repressa. Tutta la prima parte del film, della durata complessiva (ed eccessiva) di 140 minuti, è infatti caratterizzata da questi lunghissimi piano sequenza in cui i due protagonisti si parlano dicendo apparentemente nulla, scavandosi dentro in maniera sempre più profonda senza mai arrivare a mettere un punto a nessuna delle questioni affrontate. Le regia che muove la camera in modo da seguire i personaggi tenendoli quasi sempre nella stessa inquadratura, predilige pochi stacchi, lasciando agli attori l’onere di tenere alta l’attenzione e di sfidare lo spettatore a seguire le lunghe elucubrazioni dei protagonisti.

Lou Doillon e Samuel Benchetrit si destreggiano molto bene in questi verbosi piani in cui non succede nulla, riuscendo ad apparire sempre interessati a ciò che dicono e reggendo inquadrature molto lunghe che rischiano di non interessare altrettanto lo spettatore. Un’ultima parte di film più dinamica riesce a portare un po’ d’azione nella storia, portandola ad una naturale conclusione e ad un finale annunciato ma non scontato. Piccola perla del film è la giovanissima Olga Milshtein, che interpreta Lina. Simpatica e impertinente, la bambina riesce a dare un tocco di brio ad un film altrimenti piuttosto piatto.

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