
Sono passati quattordici anni da quando i cinema vennero invasi dalla commedia romantica a sfondo etnico Il Mio Grosso Grasso Matrimonio Greco. Nella finzione invece sono trascorsi circa diciotto anni da quando Ian è riuscito a vincere i pregiudizi della famiglia Portokalos e a coronare il suo sogno d’amore con Toula. Dopo tutti questi anni la coppia è ancora solida, ma un po’ stanca, tra preoccupazioni, la giovane Paris, figlia unica pronta per il college, le incombenze quotidiane e ovviamente la famiglia, sempre affaccendata intorno a ogni suoi componente, affettuosa e invadente più che mai.

Nia Vardalos torna nei panni di Toula e alla sceneggiatura di un film che si presenta da subito stanco, raffazzonato, che cerca di raccogliere in sé non solo i luoghi comuni affrontati con fresca novità nel film del 2002, ma unendoli a tutta una serie di problematiche più attuali, come l’omosessualità e il ruolo della donna nella società e nella famiglia. La leggerezza estrema del racconto, rende però questo tentativo di approfondimento solo un piccolo accenno nella baraonda di urla e parole greche per lo più inventate dai piccoli di casa.
È vero che la grande e colorita famiglia fa sempre ridere, per situazioni grottesche che calcano la mano su quello che già era stato l’aspetto vincente del primo film, virando però sulle note farsesche di una baracconata enorme, esagerata, a tratti sgradevole.

E che nessuno dica a nonno Gus che Alessandro Magno era Macedone, dal momento che nemmeno la Vardalos sembra ricordarlo.
