Marc Webb su The Amazing Spider-Man: l’origine, i fumetti, il personaggio

In una lunga intervista concessa a Collider, il regista di The Amazing Spider-Man (uscito in Italia il 4 luglio) Marc Webb ha parlato dell’origine del progetto, della sua idea di Uomo Ragno, dei fumetti che lo hanno ispirato. Vi riportiamo alcuni estratti della conversazione.

 

Collider: Come sei stato coinvolto nel progetto? E’ qualcosa che hai cercato o che è venuto da te?

Marc Webb: In origine mi ci sono imbattuto alla Sony. Dopo (500) Giorni insieme ho fatto un giro e avuto qualche incontro agli studios. Mi sono visto con Matt Tolmac [uno dei produttori] per altre questioni e lui ha tirato fuori l’Uomo Ragno. Io sono un grande appassionato di Spider-Man… pensavo: “Voi no? Parliamone! Di che si tratta?”. Così ne abbiamo parlato e l’idea ha preso concretamente forma; avevo delle speficiche opinioni sul personaggio e sul tono che l’opera avrebbe potuto avere. E’ stata come una valanga. Abbiamo parlato, ho sentito Amy e Avi Arad [altri produttori], e non abbiamo mai smesso di costruire. E, com’è partito, il progetto non si è più fermato, diventando “inevitabile”.

C: Spider-Man circola da mezzo secolo e non si può dire che ci sia un unico Uomo Ragno. A quale fumetto ti sei ispirato per realizzare il tuo personaggio?

MW: Ottima domanda. Ci sono vari fumetti e più linee narrative e – hai esattamente ragione – ci sono 50 anni di diversi canoni tra cui scegliere […] Quando penso a Peter Parker, la domanda che per prima mi pongo, e vale per tutti i film, riguarda la costruzione del personaggio, la sua origine. Che persona è, cosa gli è accaduto da bambino, quali le sue passioni e le cose che non gli vanno a genio […] Questo bambino ha perso i genitori a 5-6 anni, una fatto emozionalmente fortissimo per chiunque, una mancanza, un vuoto nella tua vita. E così ho voluto creare un personaggio che, almeno per come lo ho interpretato io, ha un peso sulle spalle, un pezzo mancante […] Per quanto riguarda il rapporto coi fumetti, naturalmente ci sono diverse versioni sui genitori di Peter: le ho studiate un po’. Mi sono piaciute cose di Ultimate Spider-Man e ho avuto una breve conversazione con Brian Bendis [uno dei creatori del fumetto] in cui abbiamo parlato del rapporto con Gwen; la “mia” Gwen assomiglia un po’ di più a quella della serie Amazing, ma preferisco l’atteggiamento e la fisisictà dello Spider-Man della serie Ultimate.Insomma, ho fatto un’amalgama di ciò che mi interessava e piaceva maggiormente.

C: Quando Sam Raimi ha realizzato Spider-Man a partire dal 2002, i film sui supereroi stavano cominciando a riprendere quota. Era l’unico superhero-movie in uscita quell’anno mentre nel 2012 ne abbiamo tre soltanto in estate. Com’è stato fare Spider-Man in questa fase in cui il mercato è affollato da film sui supereroi?

MW: Non so globalmente dove andrà a parare l’universo supereroi, penso soltanto a Peter Parker, a chi è questo personaggio e a ciò che mi interessa. La Marvel è molto protettiva con i personaggi e li definisce in un modo preciso: è per noi molto importante star attenti a non essere ridondanti, a non sovrapporci […] Davvero, io voglio soltanto raccontare di un bambino cresciuto senza padre e in cerca di sé stesso. Non penso a The Amazing Spider-Man come a un film di supereroi e nemmeno a un film tratto da un fumetto: sono soltanto curioso circa la storia di questo ragazzino.

C: […] Quale atteggiamento hai adottato per non rendere la storia data?

MW: Se guardi ai fumetti, è facile stilizzare l’Uomo Ragno: ho voluto far qualcosa di più realistico, in modo che quando si esce dal cinema si possa pensare: “Questo universo in parte mi appartiene”. E così è… Penso che una grande parte della realizzazione di quest’intento l’abbia giocata la scelta di attori bravi a recitare in maniera naturalistica: Andrew [Garfield] e Emma [Stone] sono entrambi incredibilimente spontanei, si divertono, sono affascinanti e naturali […] Una delle cose più belle di Peter Parker è che è un ragazzo a cui ci sentiamo tutti legati, non è un alieno, né un miliardario, è soltanto un giovanotto che fa fatica a chiedere di uscire alle ragazze. E ha dei piccoli problemi domestici, e la sera zia May si preoccupata per lui, e ci sono tanti piccoli particolari e problemi che ci risultano familiari, facendoci sentire vicini al personaggio. Ho voluto strappar via le stilizzazioni. In termini caratteriali e di atteggiamento è…. un po’ nerd, geek, qualità difficili da inquadrare in un personaggio nato 50 anni fa. I geek stanno facendo correre il mondo, chiunque abbia visto The Social Network sa che dinamiche stiano prendendo piede, ma ciò che penso sia senza tempo nel personaggio di Peter Parker è il suo essere un outsider: un elemento, questo, che ho sempre ritenuto giusto proteggere e conservare.

C: Dirigerai anche il sequel?

MW: Non ho ancora preso una decisione… questo film è stato un lungo processo, molto divertente, eccitante, ed è stato un grande investimento. Finito il film, voglio soltanto fare un bel respiro… per il resto, vedremo.

C: Ci sono dei cattivi che ti piacerebbe vedere nei prossimi Spider-Man?

MW: Oh… Non voglio sbottonarmi troppo.

C: Com’è stato lavorare con James Cameron per elaborare il look 3D del film?

MW: Abbiamo avuto qualche conversazione, non ho voluto pressarlo troppo. Mi ha dato un sacco di sicurezza: ero scettico, inizialmente. Penso che a volte il 3D sia usato in maniera sbagliata, non legittima. Cameron  ne è un grande fautore e dopo gli incontri con lui mi dicevo: “Lo sai, ha ragione” […] Il mio motto è stato: “Ci sono 3V nel 3D: volume,vertigine e velocità. Ecco come mi sono approciato al processo: volevo esplorare ciascuno di questi elementi. Potrei spingermi nei dettagli – non so se ce ne sia il tempo – ma l’importante è dire che parte della meta finale era fare un film in 3D in maniera legittima, per far sentire lo spettatore nelle scarpe o nella tuta dell’Uomo Ragno.

Bene, una bella chiacchierata col maestro di cerimonia Marc Webb. Tutti in sala a (ri)vedere The Amazing Spider-Man!

 

Fonte: Collider

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