C’era una volta la bella addormentata… nella teca di vetro: una teca bella lunga, perché Katherine Mathilda Swinton (alias ‘Tilda’) è alta uno e ottanta. Così, sdraiata in una scatola trasparente, appare alla Serpentine Gallery di Londra nel 1995, quando si offre per una settimana come installazione vivente. Il ’95, però, è anche l’anno della prematura scomparsa di Derek Jarman, artista e amico intimo della Swinton che per primo l’ha eletta sua musa.
Con quel volto diafano Tilda è fonte d’ispirazione di tutto un po’, dai profumi (Like This Tilda Swinton) agli stilisti (è testimonial per Chanel), e la classe non le manca di certo – è andata a scuola con Lady D – anche se accompagnata da una buona dose di ribellione e anticonformismo. Archiviata la laurea a Cambridge in Scienze politiche (con un debole per i comunisti), Miss Swinton inizia a recitare in teatro, passando poi al cinema, dove esplode nel ’92 con Orlando (da Virginia Woolf), personaggio che cambia di sesso durante la narrazione e che, combinato al look naturalmente androgino dell’attrice, la eleva subito a interprete simbolo dell’ambiguità. Indipendenti o mainstream, i suoi ruoli sono sempre borderline, dalla fanatica neo-hippy di The beach, al singolare Arcangelo Gabriele di Costantine. Nel 2005 al suo eclettico CV si aggiunge la Strega Bianca de Le cronache di Narnia, ruolo ripreso poi nei due sequel che completano la trilogia fantasy (per inciso, la Swinton abita in una località della Scozia chiamata Nairn). Nel 2007 affianca Clooney in Michael Clayton e, nelle vesti della spietata businesswoman, si prende l’Oscar da non protagonista. Seguono Burn after reading dei Coen e Benjamin Button di Fincher; l’indipendentissimo Io sono l’amore di Luca Guadagnino, e l’agghiacciante …e ora parliamo di Kevin, in cui è la madre che nessuna vorrebbe essere.
In attesa di vederla al servizio di tre registi DOCG (Jim Jarmusch, Terry Gilliam e Wes Anderson), le accendiamo le candeline e cantiamo in coro: HAPPY BIRTHDAY TILDA!