
«…e così pure questo ragno e
questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io
stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo
capovolta e tu con essa, granello della polvere! »

Rimbocchiamoci le maniche, che poi tanto si sa che lavoro e cazzeggio nel nostro campo vanno di pari passo, e anzi il rischio è di confondere le due cose. Ma noi siamo equilibratissimi e sappiamo che vi siamo mancati come la marmellata sui peperoni, quindi vi salutiamo con un abbraccio power metal che ricarichi il potere dello Sticazzi che risiede in tutti noi (per saperne di più), e ci prepariamo a una nuova avventura nella magica atmosfera del Lido settembrino. Che poi, dai, bisogna essere ottimisti. Non è detto che sia sempre la stessa cosa: non è detto che il tempo sia anche quest’anno umido e appiccicoso, che i gestori dei locali siano sempre simpatici come lo scherzo della camicia in fiamme, che gli Spritz siano allungati col succo di locusta. Potrebbe essere tutto peggiorato, e questo mi rincuora.

A tal proposito, se c’è una pellicola che mi dispiace perdere della selezione ufficiale – si fa per dire, poi tanto lo so che me li guarderò tutti lo stesso, per quell’aberrante senso di collezionismo e completezza che attanaglia l’addetto ai lavori in queste situazioni, e che ha rovinato diverse vite anche di persone brillanti, ridotte a uno stato larvale dall’ineluttabile necessità di assistere anche alle proiezioni delle opere più inutili e ripugnanti pur di dire ‘i film quest’anno li ho visti tutti’ – è la nuova opera di Lav Diaz, che in effetti ci mancava. Non pago di aver arricchito le nostre esistenze con le 8 ore – otto! – di Hele sa HiwagangHapis (titolo internazionale A Lullaby To the Sorrowful Mystery) in quel di Berlino, deciso che aveva ancora qualcosina da dire, il regista, sceneggiatore, produttore , direttore della fotografia, montatore, attore, stunt-man, elettricista, addetto al catering e usciere d’albergo filippino torna con un cortometraggio (appena tre ore) dall’evocativo titolo Ang walang-katapusang kalawakan ng titiibinibigay ko (per il mercato internazionale: The Infinite Immensity of the Big Fuck I give). Ok, il titolo me lo sono inventato (suona più o meno come L’infinita immensità del Gran Cazzo che Me Ne Frega), ma non venitemi a dire che ve ne eravate accorti. I titoli dei film di Lav Diaz non li avete mai letti nemmeno voi, siate onesti, almeno con voi stessi.
(Ang)
Ragazzi, non vi nascondo che non vedo l’ora di seguire il concorso. L’unico problema è che l’ultima volta che ho provato a vedere un film di Lav Diaz sono entrata in sala la sera d’apertura del festival e sono uscita prima della premiazione. Ti siedi e ti attaccano flebo e catetere. Poi ogni tanto passa un’infermiera filippina a vedere se sei ancora lucido o inizi a recitare il monologo di Servillo nella ‘La grande bellezza’ (“A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: “La fessa”. Io, invece, rispondevo: “L’odore delle case dei vecchi”. La domanda era: “Che cosa ti piace di più veramente nella vita?”).
Detto questo, se stai a fa Servillo, ti puniscono lasciandoti lì a vedere almeno 192 ore di film, conscio del tuo grandissimo errore, tipo punizione. Poi ti fanno uscire.
Se invece lo guardi e l’ultimo giorno dici ‘noooo ne vorrei ancoraaaaaaa, vi prego, alte 340 ore di film così’ viene proprio Lav Diaz e ti schiaffeggia, urlando:
“Bobo, pelikula na ito ay isang pagsusugal bahagya man ang aking mga kaibigan Pilipino sa bar. Nawala ko at ito ay ang iyong kasalanan, titi baliw. Pumunta sa paghahanap para sa puki bilang lahat ng tao ay!”
Che in filippino significa:
“Coglione! Sto film era na scommessa al baretto co gli altri amici filippini, avevo detto che non sarebbe sopravvissuto nessuno. M’hai fatto perdere, disturbato maniaco che noi sei altro. Vai a figa come tutti!”
Dicono che questo dura meno, ma io non me fido. Me vedo gli altri film in programma e se va male me la prendo con Rauco, che gli vogliamo tanto bene ma se guardo anche un solo film utile come i video di Gianluca Vacchi allora siuo che ti hackero il canale YouTube.
Tornando a bomba a Sorrentino, io quest’anno non vedo l’ora di vedere la serie, non vedo l’ora di vedere Malick, Kim Ki-Duk, Ciafrance, Ozon, Andrei Konchalovsky ma mammamia che bel programma.

Ma poi lo sapete? C’è anche Emir Kusturica! Che tanto come al solito tutti lo scambiano per Goran Bregovic e daje a ride quando arrivano in sala col birrino pronti a pogare e invece niente, mai una gioia. Però se fate i bravi Kusturica nei titoli di coda vi canta
‘La musica balcanica ci ha rotto i coglioni
è bella e tutto quanto ma alla lunga rompe i coglioni
Certo ne avrei senz’altro tutta un’altra opinione
se fossi un balcanico, se fossi un balcone
ma siccome non sono croato né un balcone balcano
io non capisco perché tutti quanto continuano insistentemente a
suonare questa musica di merda’
(Il complesso del primo maggio, Elio e le storie tese)
Si scherza ragazzi, questo racconto cazzone è frutto della fantasia di una che ha fatto poche ferie e questo weekend dovrà fare Tetris con la roba da ficcare in una valigia troppo grande, al solito, per un viaggio che alla fine ci piace e ci sembra – nonostante tutto – sempre troppo breve. Ma per tenervi compagnia, insieme a Ang, questo e altro. So che ci tenete.
Ci vediamo a Venezia!
(Vi)

